Rime (Andreini)/Sonetti CLXXV-CLXXVI
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DEL SIG. GHERARDO BORGOGNI
l’Errante Accademico Inquieto di Milano.
SONETTO CLXXV.
Ammiri, & have per teàtro, e scena
Italia, e ’l Mondo; e d’eloquenza piena
E de’ socchi, e coturni illustre vanto;
Hor con l’eburneo plettro, ed hor col canto
Teco s’agguaglia; e qual del Ciel Sirena
Move gli accenti con sì dolce vena,
Ch’altri col carme non poggiò mai tanto.
Siale tù dunque degno Padre, ed ella
A te sia figlia; e queste carte, e ’l nome
Sièn d’alto grido un’immortal tesoro.
Vada co’ lustri à par l’alma Isabella,
E le sia fregio à l’honorate chiome
De la tua Dafne il sempre verde alloro.
Risposta.
SONETTO CLXXVI.
Spieghi un de’ raggi tuoi su questa scena
Alhor sarò di sì gran luce piena,
Ch’oscurerò d’ogn’altra il pregio, e ’l vanto.
Ben sarà (tua mercè) tale il mio canto,
Ch’altri mi crederà del Ciel Sirena;
Nè Rosignol, nè Rìo d’alpestre vena
Al canto, al mormorìo fù grato tanto.
Dirassi poi, quei le diè lume, ed ella
Innalzò per virtù tant’alto il nome,
C’hora dispregia ogni mortal tesoro.
Così ad onta di Morte andrà Isabella
Al Ciel poggiando; e le neglette chiome
Havran fors’anco à vil Palma, ed Alloro.