Rime (Andreini)/Sonetto XLV

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Sonetto XLV

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SONETTO XLV.


D
Isperata mia doglia, disperate

Lagrime,e tu mia disprezzata fede,
     Che fate meco più, se ’n van si chiede
     Soccorso à quella micidial beltate?
Invan misere, invan da lei sperate
     Aita, s’ella al mio languir non crede;
     Nè può priego impetrar giusta mercede,
     O ’n cruda Tigre ritrovar pietate.
Mal impiegato Amor se stesso offende;
     Ed egli solo è del suo mal radice.
     Ben hor quest’Alma (ancorche ’nvan) l’intende.

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Ahi che salute à me sperar non lice;
     Se fuggir bramo, e ’l non poter mi rende
     Ne l’infelicità viè più infelice.