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Rime (Berni)/XIII. Capitolo dell'ago

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XIII. Capitolo dell'ago

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
XIII. Capitolo dell'ago
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Tra tutte le scïenze e tutte l’arti,
dico scïenze et arti manuali,
3ha gran perfezïon quella de’ sarti;

perché a chi ben la guarda senza occhiali,
ell’è sol quella che ci fa diversi
6e differenti da gli altri animali,

come i frati da messa da i conversi.
Per lei noi ci mettiam sopra la pelle
9verdi panni, sanguigni, oscuri e persi,

e facciam cappe, mantelli e gonnelle
e più maniere d’abiti e di veste
12che non ha rena il mar né il cielo stelle,

e mutiànci a vicenda or quelle or queste,
come anche a noi si mutan le stagioni
15e i dì son di lavoro o dì di feste.

Ci mangiarebbon la state i mosconi
e le vespe e i tafan, se non fuss’ella;
18di verno aremo sempre i pedignoni.

Essendo adunque l’arte buona e bella,
convien che gl’instrumenti ch’ella adopra
21delle sue qualità prendin da quella;

e perché fra lor tutti sotto sopra
quel ch’ella ha sempre in man par che sia l’ago,
24di lui ragionarà tutta quest’opra.

Di lui stato son io sempre sì vago
e sì m’è ito per la fantasia,
27che sol del ricordarmene m’appago.

Dissi già in una certa opera mia
che le figure che son lunghe e tonde
30governan tutta la geometria.

Chi vòl sapere il come, il quando e il donde,
vada a legger l’istoria dell’Anguille,
33ché quivi a chi domanda si risponde.

Queste due qualità fra l’altre mille
nell’ago son così perfettamente,
36che sarebbe perduto il tempo a dille.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Questa dell’ago è sua peggior fortuna:
si posson tôr tutte l’altre in motteggio,
39a questo mal non è speranza alcuna.

Le donne dicon ben c’hanno per peggio
quando si torce nel mezzo o si piega;
42ma io quella con questa non pareggio,

perché quando egli è guasta la bottega,
rotta la toppa e spezzati i serrami,
45si può dire al maestro: "Vatti annega".

Sono alcuni aghi c’hanno due forami,
et io n’ho visti in molti luoghi assai,
48e servon tutti quanti per farne ami.

Non gli opran né i bastier né i calzolai,
né simili altri, perché e’ son sottili
51quanto può l’ago assottigliarsi mai;

son cose da man bianche e da gentili,
però le donne se gli hanno usurpati,
54né voglion ch’altri mai che lor gl’infili.

E non gli tengon punto scioperati,
anzi la notte e ’l dì sempre mai pieni,
57e fan con essi lavori sfoggiati:

sopra quei lor telai fitte co i seni
sopra quei lor cuccin tutt’el dì stanno,
60ch’io non so com’ell’han la sera reni.

Quando l’ago si spunta, è grande affanno;
pur perché al male è qualche medicina
63si ricompensa in qualche parte il danno:

tanto sopra una pietra si strofina
e tanto si rimena inanzi e ’n dreto,
66ch’aconciarne qualch’un pur s’indovina.

Quando si torce ha ben dell’indiscreto;
e se poi ch’egli è torto un lo dirizza,
69vorrei che m’insegnasse quel secreto.

Questo alle donne fa venire stizza;
e ciò intervien perch’egli è un ferraccio
72vecchio d’una miniera marcia e vizza.

Però quei da Damasco han grande spaccio
in ciascun luoco e quei da San Germano:
75il resto si può dir carta di straccio.

Questi tai non si piegano altrui in mano,
ma stanno forti perché son d’acciaio
78temperati alla grotta di Vulcano.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chi la vista non ha sottile e pronta
questo mestier non faccia mai la sera,
81ch’a manco delle quattro ella gli monta,

ché spesso avvien che v’entra dentro cera
o terra o simil altra sporcheria,
84che inanzi ch’ella n’esca un si dispera.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

E così l’ago fa le sue vendette:
s’altri lo infilza et egli infilza altrui
87e rende ad altri quel ch’altri gli dette.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Opra è d’amor tener le cose unite:
questo fa l’ago più perfettamente,
90che per unirle ben le tien cucite.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Caminando tal volta pel podere,
entra uno stecco al villano nel piede,
93che le stelle di dì gli fa vedere;

ond’ei si ferma e ponsi in terra e siede,
e poi che in su ’l ginocchio il pie’ s’ha posto,
96cerca coll’ago ove la piaga vede;

e tanto guarda or d’appresso or discosto,
ch’al fin lo cava, e s’egli indugia un pezzo,
99pare aver fatto a lui pur troppo tosto.

Infilzasi coll’ago qualche vezzo...

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Godete con amor, felici amanti;
state dell’ago voi, sarti, contenti;
103ché, per dargli gli estremi ultimi vanti,

è l’instrumento de gli altri instrumenti.