Rime (Berni)/XXXIV. Sonetto in descrizion d'una badia

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XXXIV. Sonetto in descrizion d'una badia [a Giovan Matteo Giberti]

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
XXXIV. Sonetto in descrizion d'una badia [a Giovan Matteo Giberti]
XXXIII. Sonetto al Signor d'Arimini XXXV. Capitolo a Messer Francesco Milanese

  

Signor, io ho trovato una badia,
che par la dea della destruzïone:
templum pacis o quel di Salomone
4a petto a lei par una signoria.
  
Per mezzo della chiesa e’ v’è una via,
dove ne van le bestie e le persone;
le navi urtano in scoglio e il galeone
8si consuma per far lor compagnia.
  
Dove non va la strada son certi orti
d’ortica e d’una malva singulare
11che son buon a tener lubrichi e morti.
  
Chi volesse de calici parlare
o de croci, averebbe mille torti:
14non che tovaglie, non vi è pur altare.

                Il campanil mi pare
un pezzo di fragmento d’acquedotto,
17sdruscito, fesso, scassinato e rotto.

                Le campane son sotto
un tettuccio, apiccate per la gola,
20che mai non s’odon dir una parola.

                La casa è una scuola
da scrima perfettissima e da ballo,
23che mai non vi si mette piede in fallo;

                netta come un cristallo,
leggiadra, scarca, snella e pellegrina,
26che par che l’abbi preso medicina.

                Ogni stanza è cantina,
camera, sala, tinello e spedale;
29ma sopra tutto stalla naturale.

                È donna universale
et ha la robba sua pro indivisa,
32allegra, che la crepa delle risa:

                in somma è fatta in guisa
che tanto è star di dentro quanto fuori.
35Ahi, preti scelerati e traditori!