Salmi (Martini)/Prefazione

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Salmi (Martini) Salmo I
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PREFAZIONE.



M
Olto tempo prima, che io ponessi la mano al volgarizzamento, e alla illustrazione degli altri libri santi del Vecchio Testamento, anzi prima ancora, che io pensassi di addossarmi sì fatta impresa, ebbi il pensiero di dare nella nostra lingua tradotto il libro de’ Salmi, e terminata appena la edizione del Nuovo Testamento formai la versione che (seguendo l’ordine delle Scritture) esce adesso alla luce. E in questa fatica io ebbi per mira la consolazione, e il profitto spirituale di tante persone dell’uno, e dell’altro sesso, le quali o per la condizione dello stato loro o per solo impulso di pietà hanno continuamente in bocca questi divini cantici, e nissuna cognizione avendo della lingua, in cui si recitano, e si cantano nella Chiesa, non sono perciò in istato nè di gustarne la celestiale soavità, nè di trarne tutto quel frutto, che per propria loro natura attissimi sono a produrre in ogni anima ben disposta; Ma con particolare sentimento, e affezione di zelo portavami a questo lavoro il desiderio di ajutare, e sovvenire nel loro bisogno le Vergini a Dio consagrate, tenute secondo i Canoni della Chiesa alla pubblica orazione, la quale per una gran parte nella recitazione de’ salmi consiste, de’ quali un buon numero ogni giorno ripetonsi. Or nissuno, cred’io, negherà, che la intelligenza di questi salmi servirebbe assaissimo a nutrire e accendere il loro fervore, e a rendere eziandio più facile, e dolce, ch’egli forse per molte non è, l’adempimento di questa loro gravissima obbligazione, nella quale non solo il proprio lor bene, ma il bene ancora di tutta quanta la Chiesa debbon esse proporsi. Imperocchè da quelle anime separate, e divise dal secolo, chiamate alla perfezione della vita Cristiana, unite con indissolubil vincolo a [p. 6 modifica]Cristo, di questa specialmente ha voluto la Chiesa, che siano presentate al trono di Dio ogni giorno, e più volte al giorno le sue suppliche, i suoi desiderj, i suoi gemiti, le sue adorazioni, i suoi rendimenti di grazie espressi colle parole di quel santo Re, e Profeta, il quale de’ sentimenti, e degli affetti della medesima fu eletto ad essere per tutti i secoli l’Interprete, e quasi la bocca di lei, come dicono i Padri. Nè ciò, ch’io dico intorno al vantaggio, che a tali anime può recare l’Intelligenza dei salmi, voglio io, che alcuno si immagini, che sia detto, quasi io pensi, che o disconveniente, o inutile sia il salmeggiare per quelli, i quali dei cantici istessi non intendono il senso. Imperocchè anche allora quando la lingua latina era lingua del popolo, ed era nelle bocche di tutti, molte cose i semplici Fedeli recitavano, e cantavano, ne’ salmi, le quali o per la profondità della dottrina, o per la oscurità stessa della latina versione, non potevan essi comprendere se da’ Vescovi, e da’ Sacerdoti non eran loro spiegate, e dichiarate; nè per tutto quello ad alcuno venne mai il pensiero di pronunziare, che astener si dovessero dal recitarle, e cantarle. Imperocchè, come dice S. Agostino: Il popolo credente se talor non intende, crede però essere buona cosa quello, ch’ei canta: (Tract. xxii. in Joan.) onde alle intenzioni della Chiesa lor Madre congiungendo la propria intenzione e colla fede, e coll’amore accompagnando quello, che tali persone in lingua ignota ripetono, non lasceranno di riportare il frutto della loro carità. Ma oltre all’essere l’intelligenza di ciò, che si dice ottimo mezzo, ed ajuto a tener viva l’applicazione dello spirito, e l’affetto del cuore, sapientemente al suo solito notò S. Tommaso, altro essere il frutto del merito, altro il frutto della spirituale consolazione, e refezione (com’ei l’appella), e che di questo secondo frutto non può godere chi non intende, dond’egli conclude, che generalmente parlando, più guadagna chi ora, e intende, che chi orando colla lingua non sa intendere quello, che dice. (In ep. i. Cor. xv. [p. 7 modifica]lect. 3.) Pareami adunque cosa di grande utilità, e di edificazione pel comune del popolo il presentargli questo quotidiano pascolo della pietà nel comune linguaggio in tal guisa converso, e traslatato, che per quanto è possibile vi trovate i sensi, e i concetti del gran Profeta, o sia dello Spirito del Signore esposti con semplicità, e schiettezza senza giunte, senza travisamenti, in una parola, in quella stessa forma, nella quale egli comparisce in quella latina versione, di cui si serve tutta la Cattolica Chiesa. Conciossiachè quanto alle parafrasi, ognuno concederà, che per quanto esse siano limate, esatte, lavorate finalmente colla maggior fedeltà, e diligenza, egli è sempre grande il pericolo, non dirò, che l’autore a’ pensieri del Profeta i proprj pensieri sostituisca, lo che sarebbe troppo gran mancamento, ma che almeno alteri in qualche maniera gli stessi pensieri, o ne sminuisca la forza, o ne trasformi il viaggio.

Ma venendo a parlare di questo libro divino non v’ha chi non sappia, che il nostro salterio egli è una raccolta d’inni, e di sagre canzoni, colle quali l’antica Chiesa fu solita di celebrare le lodi di Dio, e rendergli grazie pe’ benefizj già ricevuti, o implorare la misericordia di lui nelle necessità, o esaltare la sanità della legge per accenderne ne’ cuori di tutti l’amore, o rammemorare le opere grandi del Signore, e particolarmente i prodigi della amorosa sua Provvidenza verso il popolo d’Israele. Conciossiachè antichissimo fu il costume presso gli Ebrei di trasmettere a’ posteri la memoria de’ grandi avvenimenti per mezzo de’ cantici, i quali per la dolcezza, e armonia del verso, e per l’allettamento dello stile poetico, con facilità si imparavano a mente dalla più tenera età, ed erano perciò sicuro, e comodo mezzo per conservare il deposito della Storia, mezzo, che fu conosciuto, e messo in uso anche da molte altre nazioni. Ma tra quelle, e il popolo del Signore la differenza grande si fu, che i cantici di quello popolo furon indiritti ad esaltare le meraviglie di Dio, e i monumenti della vera religione, e di più furon lavoro [p. 8 modifica]di uomini non solo illustri, e famosi pe’ naturali talenti, ma di più ancora animati dallo spirito del Signore, che ad essi dettò questi cantici, i quali perciò dovettero essere con somma venerazione ricevuti, e con religiosa attenzione conservati, come quelli, che facean parte del tesoro sagro delle Scritture, e non solo mantenevano fempre fresca la ricordanza dei fatti, ma preziose istruzioni contenevano ancora a edificazione della pietà, ed anche insigni profezie delle cose future. Presso i colti Greci, e presso i Romani (per tacere delle altre genti) i loro poeti tutto il sublime lor genio rivolsero a celebrare, e ingrandire o le azioni di certi eroi, de’ quali non poterono nascondere i vizj, le debolezze, i trascorsi, o le memorie delle bugiarde loro divinità, e di più, sia pel desiderio di piacere al popolo corrotto, sia per la naturale depravazione del loro cuore di tali e documenti, ed esempj aspersero i loro canti, che taluno de’ migliori filosofi della Grecia gli stimò degni di essere esiliati da una ben costumata Repubblica. Ma nel popolo del Signore, i monumenti del quale sono di gran lunga anteriori, a quelli di ogni altra nazione, nel popolo del Signore la poesia fu consagrata fin da principio, e unicamente consagrata, e rivolta al suo vero, e giusto obbietto, alle lodi del vero Dio, e a servire alla religione, ed alla pietà.. Noi abbiam già ne’ precedenti libri santi veduto il celebre cantico sopra il miracoloso passaggio del mare rosso (Exod. xv. i.), e quello, col quale Mosè non sol volle dare un ammirabil compendio di tutta la legge, ma predire eziandio, ed annunziare pe’ secoli posteriori le vicende del popolo, secondo che egli o fosse stato fedele, od avesse trasgredita la stessa legge. (Deuter. xxxii.) E abbiam pur veduto, come una insigne Profetessa con altissimo canto descrisse un superbissimo, e potentissimo nimico prostrato per mano di donna, e lodò Dio vincitore, e autore dell’imprefa (Jud. v.); e come un’altra donna (la madre di Samuele) con inno pieno di tenerissimo affetto, e di sublimi pensieri, a Dio [p. 9 modifica]rendette il tributo, di sua riconoscenza pel dono fattole di un figliuolo, il quale in tempi difficili, e pericolosi dovea essere la consolazione, e la salute d’Israele. (i. Reg. 11.). E in tempi ancor più rimoti di simili fagre canzoni abbiamo le vestigie ne’ libri di Mosè (Num. xxi. 17. 27.), come nelle età posteriori presso i profeti Isaia (xiv. xxxvii.), e Giona (ii.), e Habacuc (iii.) e nel Nuovo Testamento (Luc. i. ii.) ne veggiam più volte gli esempj.

Secondo questo antichissimo costume il santo re Profeta Davidde ebbe da Dio lo specialissimo dono di comporre un gran numero di questi cantici, onde trai titoli illustri delle sue glorie si noma egli Illustre cantore d’Israele (ii. Reg. xxiii. 1.), e cantore da Dio ispirato, dicendo egli stesso: Lo spirito del Signore per me parlò, e la parola di lui fu sulla mia lingua. Per la qual cosa non solo come opera di tanto re, ma molto più come dettati dallo stesso spirito di Dio, furono in continuo uso presso la Sinagoga. Così noi leggiamo che nella dedicazione del tempio di Salomone i Leviti cantavano sugli strumenti gli inni del Signare fatti dal re Davidde per lodare il Signore: (ii. Paral. vii. 6.) Così nella ristorazione del culto del vero Dio il re Ezechia ordinò, che i Leviti lodassero il Signore cogli inni di David: (ii. Paral. xxix. 30.) Così finalmente dopo il ritorno dalla cattività di Babilonia appena eretto l’altare, e gettate le fondamenta del tempio si veggono impiegati i Leviti a cantar le lodi di Dio co’ salmi di David re di Israele: (Esdr. iii. 10. ) Dalle quali cofe apparisce come i salmi del re Profeta qual libro divino furono non solo studiati e letti dagli Ebrei in privato, ma ripetuti, e cantati solennemente, e di continuo nelle sagre adunanze, e in mezzo a’ sagrifizj, che ogni dì si offerivano, onde era cosa ordinaria tra’ medesimi Ebrei il saper questi salmi a mente fino dalla più tenera età. E di questo stesso continuo uso, che faceasi de’ salmi dalla Sinagoga e un documento quello, che ne’ titoli de’ salmi istessi si legge: Pel primo dì [p. 10 modifica]la settimana: ovvero: Pel giorno avanti il sabato, e simili espressioni, colle quali non altro vuol indicarsi, se non che in tali giorni solevano cantarsi que’ salmi.

Sono cento cinquanta i salmi contenuti nella raccolta trasmessa dalla Sinagoga alla Chiesa Cristiana, i quali Salmi se non tutti, almen la massima parte, nissuno niega, che abbiano per autore Davidde. Ho detto, almen per la massima parte, conciossiachè se noi vorremo aver riguardo alla autorità degli antichi Padri, ed anche de’ più antichi maestri della Sinagoga (vedi Perez comm. in Psal.) non avremo difficoltà di credere, che tutto il nostro salterio a Davidde possa attribuirsi; della qual cosa parlando Teodoreto nel suo Prologo Sopra i salmi, lasciò Scritto: Vaglia del maggior numero l’autorità; perocchè il maggior numero degli Scrittori hanno detto, che questi salmi son di Davidde. E certamente non piccolo peso a quell’autorità può aggiungersi col riflettere primo, che nel Nuovo Testamento Davidde è riconosciuto autore del libro de’ salmi, leggendosi in S. Luca (xx. 42.); Lo stesso Davidde dice nel libro de’ salmi, secondo, come negli Atti il salmo 11, il quale non ha verun titolo nè presso gli Ebrei, nè presso i Latini, è citato come salmi di Davidde; terzo, che generalmente parlando, qualunque volta nel Nuovo Testamento è rammentato il libro de’ salmi, col nome di Davidde rammentati. (Vedi Matt. xxii. 42. Marc. xii. 36. Atti ii. 25. 35. ec.). Con tali fondamenti cred’io S. Agostino dopo aver confutata l’opinione di quelli, che dicevano non essere di Davidde, se non que’ salmi, che in fronte portano il nome di lui, conclude: Sembra a me, che con maggiore verisimiglianza pensino quelli, da’ quali tutti i cento cinquanta salmi son tenuti come opera di Davidde. (De Civit. lib. xvii. 14.) Contuttociò veggendo io per altra parte come uomini di gran dottrina, e pietà, tra’ quali lo stesso S. Girolamo, sono stati di sentimento diverso, ed han creduto, che varj di questi salmi attribuire si possano ad altri Scrittori sagri, de’ quali si ha nei titoli il nome, non [p. 11 modifica]ardirei di decidere tal quistione; nè di entrare a difenderla in tutte le sue parti, perocchè non sarebbe cosa da spedirsi in poche parole, e da simili controversie, quando o poco, o nulla, contribuir possono alla intelligenza della divina parola, molto volentieri mi tengo lontano. Confesserò nondimeno, che non ho lasciato di esaminare attentamente le ragioni, che quinci, e quindi produconsi, ed emmi paruto, che la prima sentenza non sia in verun modo da rigettarsi, onde e nella sposizione dei titoli, e nell’illustrare la materia stessa de’ Salmi, a imitazione di molti dotti Interpreti, ho procurato sempre di far vedere, come tutto possa intendersi in guisa, che non ne resti in verun modo pregiudicata.

L’argomento de' salmi è sì vario, e sì vasto, che possiam dire trovarsi riunito in questo libro tutto quello, che rende preziosi alla fede tutti gli altri libri delle divine Scritture. Imperocchè se (come dice S. Ambrogio) la Storia sagra istruisce, se la legge divina dà i precetti di vita, se la profezia annunzia il futuro, se la sapienza persuade, ed edifica, tutto quello lo fanno i salmi di Davidde. Noi veggiamo in fatti ripetuta ne’ salmi, e celebrata divinamente la creazione di tutte le cose dal nulla, e l’uomo posto in grandissimo onore da Dio, il qual uomo non intese la sua dignità, nè quel, che dovesse al suo Dio, e si degradò, e si avvilì, e col suo peccato contaminò tutta la sua dipendenza, onde gli uomini tutti nel peccato son conceputi dalla lor madre; indi la generale corruzione degli stessi uomini rivolti ad adorare Dei di pietra, e di fango, opere delle lor mani, e la separazione di Abramo, e la sua fede, e le profezie di Giuseppe, e il popolo fedele oppresso nell’Egitto, e liberato da Dio per mezzo di Mosè, e i prodigj fatti da quello condottiere degli Ebrei, e il passaggio del mare, e i continuati favori di Dio verso di quello popolo, e le sue mormorazioni, e le sue infedeltà punite severamente nel deserto. Delle quali cose la descrizione perfettamente conforme alla [p. 12 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/12 [p. 13 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/13 [p. 14 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/14 [p. 15 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/15 [p. 16 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/16 [p. 17 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/17 [p. 18 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/18 [p. 19 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/19 [p. 20 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/20 [p. 21 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/21 [p. 22 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/22 [p. 23 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/23 [p. 24 modifica]Pagina:Martini - Del Vecchio Testamento tomo 14.djvu/24

Note