Saper vivere/L'unione mondana/VII. La nuova usanza
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VII. La nuova usanza
Dunque la signora e in casa, ogni giorno, dalle due alle tre. Se siete un amica, dovete, per poterle far visita, tar colazione in fretta, vestirvi in fretta, sbrigare in fretta una risposta, un biglietto, un telegramma, per essere pronta alle due; non sarete mai pronta prima delle due e venti. Da lei, alle due e mezzo: ella stessa sta terminando di vestirsi. Altre due o tre persone l’aspettano, non tutte divertenti. Cinque minuti di conversazione, in gran fretta. Sono le tre, la signora guarda l'orologio, bisogna andarsene. Se siete un amico bisogna che, idem, sbrighiate in fretta il vostro lavoro, il vostro piacere, il vostro dovere, di uomo affaccendatissimo, per poter giungere in tempo: e lusingandovi di poter esser solo, capitate, invece, sovra tre seccatori, a cui è impossibile chiuderla porta, con cui bisogna per forza parlare, mentre, nel giorno di grande ricevimento, si possono disperdere nel salone La signora è nervosa: giusto, in quel giorno, deve andare alle tre dal sarto, dalla modista, dallo antiquario, al Sacro Cuore. La visita è stentata e noiosa, per tutti. E, a farlo apposta, fra le due e le tre, ogni settimana, capitano convegni, inaugurazioni, conferenze, concerti: la signora rinunzia, sospirando, per due o tre settimane: poi scappa una giornata, dicendo fra sé che, lorse, in quel giorno, non verrà nessuno: e, al ritorno, si stringe nelle spalle, quando trova due o tre carte da visita: si tratta di gente a cui tiene poco. In conclusione, una delle cose più semplici e più naturali, è di non trovare in casa la signora, che riceve dalle due alle tre! Qualche altra ha scelto di stare in casa dalle sei alle sette, prima del pranzo. Benissimo! Ci andate alle sei in punto: la signora non è rientrata ancora: poiché siete amico vi fanno salire, sedere in salotto. Prendete un libro, leggete, sono le sei e trenta. Ella rientra affannata, dolente di avervi fatto aspettare: va a togliersi il cappello, i guanti, la giacchetta di pelliccia. Sono le sette meno venti. Alle sette è annunziato il suo parrucchiere, o l’arrivo del suo vestito, pel ballo della sera. Ella è gentile, vorrebbe trattenervi, domina la sua leggera impazienza, ma voi ve ne andate, mal contento, seccato. Ancora un caso. Andate da lei, la signora non è rientrata: siete un’amica, entrate nel suo boudoir, rosicchiate un dolce, il cameriere serve il thè: la signora non rientra ancora. Voi vorreste andar via: per non mancare al vostro pranzo, ai vostri impicci di casa, al teatro che vi attende; ma dovete dire qualche cosa di urgentissimo alla signora, per l’indomani mattina. Alle sette meno cinque, la signora ha telefonato, mettiamo, dal Grand Hotel o ha fatto telefonare che non torna a pranzo, andando da un’amica, che ha incontrata alla passeggiata! Voi scrivete il biglietto, pensando che valeva far meglio così, dal principio. Stare in casa dalle sei alle sette? Ma quando il tempo è bello, si sta così bene fuori casa, massime in primavera: significa non vedere più il tramonto. E quando il tempo è cattivo, il tempo è orribile, viceversa, è molto grazioso restare in casa, a quell’ora, ma, viceversa, nessuno vi viene a trovare!