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Sentenza Corte Costituzionale n. 202-1976

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Corte Costituzionale

1976 diritto diritto Sentenza della Corte Costituzionale n. 202/1976 Intestazione 30 ottobre 2008 75% diritto

Organo giudicante: Corte Costituzionale
Deposito in Cancelleria: --



28 LUGLIO 1976

SENTENZA N° 202

CORTE COSTITUZIONALE


Nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1, 183 e 195 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 (Codice postale e delle telecomunicazioni) e degli artt. 1, 2, 3, 4, 38, 45, 46, 47 e 48 l. 14 aprile 1975 n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 10 luglio 1975 dal pretore di Ragusa nel procedimento penale a carico di Recca Carmelo ed altri, iscritta al n. 429 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293 del 5 novembre 1975;

2) ordinanza emessa il 16 agosto 1975 dal pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Romani Paolo, iscritta al n. 541 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 339 del 24 dicembre 1975;

3) ordinanza emessa il 18 novembre 1975 dal giudice istruttore del tribunale di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di Cattozzi Pier Paolo ed altro, iscritta al n. 616 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 mano 1976;

4) ordinanza emessa il 21 ottobre 1975 dal tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di Cazzulo Pietro ed altro, iscritta al n. 632 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 del 25 febbraio 1976;

5) ordinanza emessa il 13 novembre 1975 dal pretore di Castelfranco Veneto nel procedimento penale a carico di Gasparini Lorenzo, iscritta al n. 634 del registro ordinanze 1975 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 58 del 3 marzo 1976;

6) ordinanza emessa il 25 novembre 1975 dal pretore di Lecco nel procedimento penale a carico di Campione Germano ed altri, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976;

7) ordinanza emessa il 5 novembre 1975 dal pretore di Biella nel procedimento penale a carico di Sacchi Giuseppe iscritta al n. 45 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976;

8) ordinanza emessa il 20 dicembre 1975 dal pretore di Novara nel procedimento penale a carico di Murtas Silvestro ed altri, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 17 marzo 1976;

9) ordinanza emessa il 12 gennaio 1976 dal pretore di San Miniato nel procedimento penale a carico di Comparini Mario ed altri, iscritta al n. 117 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 58 del 3 marzo 1976;

10) ordinanza emessa il 23 dicembre 1975 dal pretore di Ancona nel procedimento penale a carico di Anastasio Sergio (parte civile RAI), iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 118 del 5 maggio 1976.

Visti gli atti di costituzione di Anastasio Sergio e della RAI nonché gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1976 il Giudice relatore Angelo De Marco; uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per Anastasio Sergio, gli avvocati Paolo Barile, Emanuele Santoro e Alessandro Pace, per la RAI, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

RITENUTO IN FATTO


1) Con ordinanza in data 10 luglio 1975, emessa nel corso del procedimento penale a carico di alcuni imputati del reato di cui agli artt. 1, 183 e 195 del t.u. approvato con d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, come modificato dagli artt. 1 e 45 l. 14 aprile 1975 n. 103, per avere, quali soci responsabili della S.r.l. “Teleiblea”, registrata come periodico di stampa, attivato un impianto di diffusione via etere di programmi televisivi propri senza essere muniti della relativa concessione amministrativa, il pretore di Ragusa, accogliendo analoga richiesta del patrocinio degli imputati, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle sopra riportate norme di legge, in riferimento agli artt. 3, 10 e 21 Cost.

In relazione alla natura dell'impianto che ha dato luogo al procedimento penale nel corso del quale è stata sollevata, la questione è prospettata limitatamente all'assunto che il monopolio statale non debba estendersi agli impianti televisivi via etere a raggio locale, per i quali dovrebbe adottarsi il sistema dell’autorizzazione, come già si è fatto per le trasmissioni via cavo.

In conformità con tale assunto, le denunziate violazioni delle norme costituzionali a riferimento, vengono sostanzialmente motivate come segue:

1) la violazione dell'art. 21 Cost. con le sentenze di questa Corte, in astratto, non è stata mai negata, ma partendo dalla premessa della limitazione dei canali utilizzabili e tenendo presenti le trasmissioni su scala nazionale si è rilevato che fatalmente si sarebbe reso necessario, per le ingenti spese sia d'impianto, sia di gestione, un monopolio o un oligopolio, attraverso i quali la libertà di espressione del pensiero sarebbe stata praticamente se non proprio neutralizzata, assai limitata.

Di qui la preferenza al monopolio statale che indubbiamente dà maggiore garanzia di obiettività per un servizio la cui importanza sul piano di preminenza nell’interesse generale non può essere contestata.

Ma per quanto attiene alle trasmissioni a raggio locale, contrariamente al parere del Consiglio superiore delle telecomunicazioni, come risulta da uno studio compiuto dal Centro Microonde dell'Università di Firenze prodotto dalle parti private e, soprattutto, dal notorio stato di fatto dei numerosi impianti abusivi attualmente esistenti, quella limitazione ed il conseguente pericolo di monopolio o di oligopoli non sussiste.

Di qui la illegittimità della negata esclusione agli impianti televisivi via etere a raggio locale di quel regime di autorizzazione già accordato per gli impianti via cavo e per i ripetitori di trasmissioni straniere che, oltretutto, assicurerebbe una più libera diffusione, anche capillare, del pensiero;

2) la violazione dell'art. 10 Cost. viene denunziata sotto il profilo del mancato adeguamento della legislazione nazionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, alla quale l'Italia ha aderito e che riconosce ad ognuno la libertà di espressione, di opinione e di ricevere e comunicare informazioni ed idee senza ingerenza da parte di autorità pubbliche, facendo soltanto salva la potestà degli Stati di sottoporre a regime di “autorizzazione” le imprese di radiodiffusione e di televisione;

3) la violazione dell'art. 3 Cost. è, infine, denunziata attraverso il raffronto con la televisione via cavo più costosa e perciò, di fatto, pressoché oligopolica.

Si è costituita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto di costituzione, chiede che la questione venga dichiarata infondata, deducendo, in sostanza, quanto segue:

a) la questione è già stata giudicata infondata dalla Corte e non sono stati dedotti argomenti che possano giustificare una diversa soluzione;

b) non è esatta l'asserita possibilità tecnica d'installazione di una molteplicità di emittenti televisive locali, in accordo con le convenzioni internazionali e, comunque, anche se esatto, sarebbe irrilevante, perché non varrebbe ad escludere la legittimità del monopolio statale, che trova il suo fondamento giuridico nell'art. 43 Cost., in quanto ha per oggetto il soddisfacimento di un interesse pubblico essenziale;

c) non sussiste violazione dell'art. 3 Cost. non essendovi identità tra televisione via etere e televisione via cavo;

d) non sussiste neppure la denunziata violazione dell'art. 10 Cost., in quanto le norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo non sono "norme di diritto internazionale generalmente riconosciute".

2. Con ordinanza in data 16 agosto 1975 emessa nel corso del procedimento penale a carico del dirigente responsabile di una stazione radioelettrica funzionante in Livorno con emissioni circolari e denominata "Radio Libera" senza avere ottenuto la prescritta concessione e perciò imputato del reato di cui agli artt. 195 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, così come modificato dall'art. 45 l. 14 aprile 1975 n. 103, nonché dell'art. 403 d.P.R. n. 156 del 1973, il pretore diurno, accogliendo analoga richiesta del patrocinio dell'imputato, dichiarava irrilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 l. 14 aprile 1975 n. 301, in riferimento agli artt. 3, 21, 41 e 54 Cost. "nella parte in cui la disciplina legislativa non prevede la possibilità di chiedere l'autorizzazione e l'esercizio di impianti di diffusione sonora via etere, su scala locale, analogamente a quanto disposto per la diffusione sonora via cavo".

Secondo l'ordinanza, per le radiodiffusioni su scala locale non sussisterebbero i criteri programmatici di servizio pubblico essenziale" ed il preminente interesse generale che giustificano il monopolio delle radiodiffusioni su scala nazionale, né quella limitatezza dei canali radiotelevisivi che hanno giustificato il timore della costituzione di monopoli od oligopoli privati, di qui la violazione degli art. 21, 41 e 43 Cost.

Comunque non potrebbe contestarsi la violazione dell'art. 3 Cost., dato che sussistono per la radiodiffusione via etere su scala locale le stesse ragioni che hanno legittimato l'adozione del regime di semplice autorizzazione per diffusioni via filo e via cavo.

Nel giudizio così promosso non vi è stata costituzione di parti.

3. Con sentenza istruttoria in data 22 settembre 1975 il pretore di Reggio Emilia dichiarava non doversi procedere, perché il fatto non costituisce reato, contro il direttore ed il proprietario della emittente denominata "Telereggio" che erano stati imputati del reato di cui agli artt. 1, 183 e 195 d.P.R. 29 maggio 1973 n. 156, come modificati dall'art. 45 l. 14 aprile 1975 n. 103, per avere, senza la prescritta concessione, irradiato nell'area cittadina trasmissioni televisive via etere, occupando nelle ore pomeridiane la frequenza di Capodistria.

La sentenza veniva motivata con la considerazione che il monopolio dello Stato è limitato alla sola diffusione televisiva circolare, mentre le trasmissioni di Telereggio, sfruttando un'antenna di 43 gradi, presentavano un diagramma di radiazione angolare.

Avverso questa sentenza proponeva appello il Procuratore della Repubblica sostenendone la erroneità, in quanto la locuzione "diffusione circolare" usata nel testo legislativo non significa, come aveva ritenuto il pretore “diffusione” a 360 gradi, ma enuncia il concetto di "diffusione diretta a più utenti riceventi o a un numero indeterminato di utenti".

Il giudice istruttore presso il tribunale di Reggio Emilia, investito della cognizione di tale gravame, con ordinanza 18 novembre 1975, riconosciutane la fondatezza, prima di pronunciarsi nel merito, riteneva rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 38 e 45 l. 14 aprile 1975 n. 103 in riferimento agli artt. 3, 21, 41 e 43 Cost.

Sostanzialmente, con tale ordinanza, attraverso una motivazione molto diffusa: richiamate ed analizzate le sentenze di questa Corte n. 225 e n. 226 del 1974 e posto in rilievo come con la prima si è ammessa, previa semplice autorizzazione, la installazione di ripetitori di trasmissioni estere e con la seconda si è deciso altrettanto per le emittenti via cavo a carattere locale; posto, altresì, in rilievo come nella specie si utilizza la frequenza di Capodistria, nelle ore in cui non è usata dalla stazione jugoslava; fatto presente, col richiamo anche alla conferenza di Stoccolma riguardante il numero dei canali televisivi assegnato all'Italia nonché ad una consulenza tecnica depositata dagli imputati; si sostiene la tesi che le considerazioni, in base alle quali, anche con la sentenza n. 225, si è affermata la legittimità del monopolio statale sulle trasmissioni a scala nazionale non sono applicabili alle trasmissioni a scala locale e se ne trae la conseguenza della violazione degli artt. 2 1, 41 e 43 Cost.

Si aggiunge, poi, che la disparità di trattamento tra ripetitori di stazioni estere e trasmissioni locali sulle stesse bande viola palesemente l'art. 3 Cost.

In questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che con l'atto d'intervento chiede che la questione venga dichiarata infondata, per le stesse deduzioni sopra riportate - riguardanti l'ordinanza del pretore di Ragusa - tranne quelle relative all’art. 10 Cost., la cui violazione con l'ordinanza in esame non è stata denunziata.

4. Il tribunale di Genova, nel corso di un giudizio di appello contro due imputati del reato di cui all'art. 179 r.d. 27 febbraio 1936 n. 645, modificato dall'art. 1 l. 14 marzo 1952 n. 196 e punibile ai sensi dell'art. 195, commi 1 e ultimo, d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, per avere installato in Torriglia un ripetitore per la ricezione, prima di allora non possibile, delle trasmissioni televisive del 2° canale nazionale RAI-TV, con ordinanza in data 21 ottobre 1975, pur mostrandosi edotto della sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, dichiarava non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 195 d.P.R. n. 156 del 1973, in riferimento agli artt. 41 e 43 Cost.

In ordine alla rilevanza della proposta questione si rileva:

a) la l. 14 aprile 1975 n. 103 non può trovare applicazione in quanto nella specie trattasi di giudicare su fatti verificatisi prima di tale normativa;

b) detta normativa non può considerarsi legge più favorevole al reo, in quanto, in mancanza di "autorizzazione" oggi richiesta, il contravventore è soggetto a sanzione identica a quella già prevista dal citato art. 195 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156;

c) la sanatoria concessa dall'art. 44 l. 15 aprile 1975 n. 103 - relativa ai soli impianti già esistenti alla data di entrata in vigore, il cui esercizio può essere realizzato per il futuro - non determina abolitio criminis in ordine ai fatti anteriormente commessi e concretizzatisi nella installazione e nel precedente esercizio di “ripetitori” regolarizzati.

Non vi è stata costituzione di parti.

5. Nel corso del procedimento penale a carico del responsabile della cooperativa "Telecastelfranco" imputato del reato di cui all'art. 45 l. 14 aprile 1975 n. 103, per avere installato ed attivato un impianto radiofonico via etere, il pretore di Castelfranco Veneto, con ordinanza 13 novembre 1975, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 di detta legge, in riferimento all'art. 21 Cost. Secondo tale ordinanza il monopolio statale in materia di trasmissioni radiotelevisive poggerebbe sulla limitatezza dei canali disponibili.

Partendo da questa premessa, dopo avere diffusamente illustrato l'assunto secondo il quale quella limitatezza non sussisterebbe, si trae la conseguenza della illegittimità del monopolio statale per violazione dell'art. 21 Cost.

Nel giudizio così promosso è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto d'intervento, in base a deduzioni identiche a quelle relative all'ordinanza del pretore di Ragusa, sopra riferite, chiede che la questione venga dichiarata infondata.

6. Nel corso di un procedimento penale a carico di alcuni imputati del reato preveduto dall'art. 45 l. 14 aprile 1975, n. 103, per avere installato ed esercitato in Lecco un'emittente radiofonica a modulazione, senza avere ottenuto la relativa concessione, il pretore di Lecco, con ordinanza 25 novembre 1975, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 della detta l. n. 103 del 1975, in riferimento agli artt. 3 e 21 Cost.

Anche se dalla motivazione di tale ordinanza potrebbe apparire che la dedotta illegittimità costituzionale dovrebbe estendersi a tutto, in genere, il monopolio statale sulle trasmissioni radiotelevisive via etere, dalla circostanza che oggetto del giudizio a quo è un impianto radiofonico su scala locale e che la violazione dell'art. 3 Cost. è dedotta in riferimento al diverso trattamento usato dal legislatore (in seguito alla sentenza di questa Corte n. 226 del 1974) per le trasmissioni televisive via cavo, si può dedurre che, invece, si tende a fare estendere anche alle trasmissioni radiotelevisive su scala locale il regime dell'autorizzazione.

Comunque, mentre da quanto precede già risulta sotto quale profilo è dedotta la violazione dell'art. 3, per quanto attiene all'art. 21 Cost. la violazione è dedotta sotto il profilo della grave, e non giustificata da motivi d'interesse pubblico, limitazione della libertà di espressione del pensiero che deriverebbe dal regime di monopolio.

Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto d'intervento, ha chiesto che la questione venga dichiarata infondata per gli stessi motivi dedotti in relazione all'ordinanza del pretore di Ragusa e sopra riportati.

7. Nel procedimento penale a carico del titolare della stazione radiofonica privata denominata “Radio Biella”, svolgente esercizio di diffusione circolare di programmi sonori via etere, senza avere ottenuto la relativa concessione e perciò imputato del reato di cui agli artt. 1, 183 e 195 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, come modificati dagli artt. 1, 2 e 45 l. 14 aprile 1975 n. 103, il pretore di Biella, con ordinanza 5 novembre 1975, ha sollevato questione di legittimità di tali norme, nella parte in cui si riferiscono anche ad impianti funzionanti entro un limitato ambito geografico, in riferimento all'art. 21, comma 1, Cost.

Premesso che, anche con la sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, si è riconosciuta la legittimità costituzionale del monopolio statale in considerazione: a) della limitatezza dei canali realizzabili; b) della inclusione dei servizi relativi tra le categorie di imprese cui è applicabile l'articolo 43 della Costituzione; c) della ricorrenza dei requisiti del preminente interesse generale e della utilità generale occorrenti per l'applicazione dell'art. 43; d)della concreta impossibilità di una utilizzazione generale del mezzo; tanto premesso nell'ordinanza si afferma che tali ragioni non sussistono per gli impianti utilizzabili soltanto su sede locale - anche con richiamo allo studio compiuto dal Centro delle Microonde dell'Università di Firenze - e, pertanto, si conclude sostenendo la tesi che la grave limitazione della libertà di espressione del pensiero che deriva dal monopolio non è giustificata per gli impianti a raggio limitato, con la conseguente violazione dell'art. 21, comma 1, della Costituzione.

Nel giudizio così promosso è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto di intervento chiede che la questione venga dichiarata infondata, per gli stessi motivi già dedotti negli altri casi di intervento di cui sopra.

8. Nel procedimento penale a carico di alcuni imputati del reato di cui agli artt. 1, 2 e 45 l. 14 aprile 1975 n. 103, per avere, senza la prescritta concessione governativa, installato e messo in servizio una stazione radiofonica privata denominata “Radio Novara” il pretore di detta città, con ordinanza 20 dicembre 1975, accogliendo analoga richiesta del patrocinio degli imputati, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, nella parte in cui si riferiscono alle emittenti agli artt. 3, 20, 21, 41 e 43 Cost..

Con tale ordinanza si sostiene la tesi - già riportata nel riferire sulle altre ordinanze di cui sopra - secondo la quale per le trasmissioni via etere a raggio locale non sussistono le limitazioni di canali che costituiscono il motivo fondamentale della giustificazione del monopolio statale per le trasmissioni radio-televisive su scala nazionale e se ne desume la violazione non soltanto degli artt. 21, 41 e 43, ma anche dell'art. 10 Cost., in riferimento alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.

Si deduce, poi, anche la violazione dell'art. 3 Cost., in quanto non si è estesa alle trasmissioni via etere a raggio locale la stessa disciplina adottata per le analoghe trasmissioni via cavo (autorizzazione e non concessione).

Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto d'intervento, ha chiesto che la questione venga dichiarata infondata per le stesse ragioni già sopra esposte.

9. Nel procedimento penale a carico di alcuni imputati del reato di cui all'art. 195 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, così modificato dagli artt. 1 e 45 l. 9 aprile 1975 numero 103, per aver, senza la prescritta concessione governativa, impiantato ed utilizzato per la diffusione di programmi radio via etere in Castelfranco di Sotto, un'antenna denominata "Radio Pisa F.M. 103,1", il pretore di San Miniato, con ordinanza 12 gennaio 1976, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 41 e 43. Cost., delle norme di cui sopra, nella parte in cui vengono ritenute applicabili agli impianti di trasmissioni radiotelevisive via etere a raggio locale.

Anche con questa ordinanza, partendo dall'assunto che per tali trasmissioni non sussistono le limitazioni di canali e le conseguenze che ne possono derivare - che costituiscono il motivo fondamentale per cui si è affermata la legittimità costituzionale del monopolio statale sulle trasmissioni radiotelevisive a raggio nazionale - si sostiene che la omessa estensione alle trasmissioni radiotelevisive via etere a raggio locale della stessa disciplina adottata dal legislatore per le analoghe trasmissioni via cavo, implica la violazione degli artt. 2, 21, 41 e 43 Cost.

Dalla disparità di trattamento che deriverebbe da questa omessa estensione si trae argomento per denunziare anche la violazione dell'art. 3 Cost.

Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto d’intervento, ha chiesto che la questione venga dichiarata infondata per gli stessi motivi sopra più volte richiamati.

10. Nel procedimento penale a carico di Sergio Anastasio, imputato del reato di cui agli artt. 1, 183 e 195 del codice postale approvato con d.P.R. 29 marzo 1973 numero 156, per avere posto in opera una stazione emittente televisiva via etere denominata “Emanuel C.S.C. la nuova Radio Televisione Libera di Ancona” il pretore di Ancona, con ordinanza 23 dicembre 1975, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47, 48 e tutti gli altri collegati, della l. 14 aprile 1975 n. 103, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, cpv. 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 Cost.

Nell'ordinanza si premette in fatto: che dall'acquisizione agli atti di una consulenza di parte era risultata la possibilità di coesistenza di numerose stazioni emittenti della stessa potenza di quella installata dall'imputato; che questa non aveva mai cessato le trasmissioni; che dal dibattito era rimasto accertato che l'intero impianto era stato installato con una spesa complessiva di due o tre milioni; che le trasmissioni della "Emanuel" non disturbavano i programmi della RAI; che a parere del teste Russo, dirigente il Circolo costruzioni delle poste era possibile in Ancona la installazione di almeno due o anche più stazioni emittenti, le quali potessero trasmettere senza reciproche interferenze.

A queste premesse di fatto seguono alcune diffuse considerazioni attraverso le quali si tende a dimostrare:

che questa Corte dovrebbe estendere il suo sindacato di legittimità costituzionale oltre che alla normale conformità delle leggi, anche al modo con cui sono applicate;

che, formalmente, la l. 14 aprile 1975 numero 103 appare evidentemente ispirata alla volontà di dare piena e completa attuazione alle situazioni contenute nella sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, cosicché in linea teorica la sua legittimità costituzionale sembrerebbe ineccepibile; che, peraltro, nell'applicazione pratica ne sono state completamente eluse le finalità, cosicché, in concreto, le cose sono rimaste invariate rispetto al passato;

che in conseguenza è necessario che la Corte esamini nella sua globalità le questioni che rivelano la deviazione nella detta applicazione pratica, delle linee fondamentali indicate dal legislatore costituente;

che a tal fine, è forse, sovrabbondante la denuncia delle norme costituzionali di cui si deve lamentare la violazione.

Sulla base delle considerazioni, così riassunte, viene poi il dispositivo dell'ordinanza con il quale si denunzia, appunto, la violazione di tutte le norme costituzionali sopra indicate e, praticamente, si pone in discussione la legittimità costituzionale dell'intera legge n. 103 del 1975.

E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che con l'atto d'intervento ha chiesto che la questione venga dichiarata irrilevante ed inammissibile.

Si è costituita poi per resistere la RAI-Radiotelevisione italiana, il cui patrocinio, con la memoria di costituzione, ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, dichiarata infondata, con riserva di ogni altra deduzione ed eccezione.

Si è costituito, altresì l'Anastasio, imputato nel giudizio a quo, il cui patrocinio, con ampia memoria, chiede che la questione venga dichiarata irrilevante, in quanto, secondo la giurisprudenza di numerosi pretori, le denunziate norme della legge n. 103 del 1975 non comprendono nella riserva allo Stato della radiodiffusione le emittenti operanti in un ristretto ambito locale; in ogni caso confermando la dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alle sentenze di questa Corte n. 225 del 1974 e n. 1 del 1976, o dichiarando, all'occorrenza, la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 della legge n. 103, nella parte in cui riservano allo Stato le trasmissioni radio-televisive locali, riportandosi sostanzialmente, al riguardo, alla motivazione dell'ordinanza di rinvio.

Con un’ampia memoria riassuntiva l'Avvocatura dello Stato conferma tutte le deduzioni contenute nei vari atti di intervento, illustrandole sostanzialmente nei seguenti termini:

a) Chiarisce in primo luogo che la questione sollevata con l'ordinanza del pretore di Ancona è irrilevante perché le censure mosse da quel giudice si rivolgono non alla legge, della quale, anzi, si afferma la validità, ma alla sua asserita disapplicazione, mentre proprio l'imputazione della quale deve giudicare ne costituisce applicazione; inammissibilità perché attribuzione della Corte è controllare la legittimità delle leggi, non già - sul metro della Costituzione o, peggio, della legge ordinaria - il comportamento tenuto da organi parlamentari o amministrativi o perfino da persone private in sede di applicazione della legge;

b) in secondo luogo, rilevate che tutte le questioni - sollevate con le varie ordinanze di cui sopra - che vengono oggi all'esame della Corte, anche se con la denunzia della violazione di norme costituzionali in parte diverse - compresa quella del pretore di Ancona - hanno per oggetto l'assunto che anche per le trasmissioni radiotelevisive via etere su scala locale deve adottarsi il regime dell'autorizzazione, come in seguito alla sentenza di questa Corte n. 226 del 1974, si è fatto per le trasmissioni via cavo, si deduce che questo assunto è infondato.

Al riguardo, anche attraverso il richiamo ad accertamenti tecnici, si pone in evidenza la profonda diversità fra trasmissioni via cavo e trasmissioni via etere, si sostiene che per quest'ultima sussiste tuttora quella limitatezza di canali che costituì l'elemento essenziale, riaffermato anche con la sentenza n. 225 del 1974, che giustifica e rende necessario il monopolio statale.

Infine anche il patrocinio della RAI-TV ha depositato una diffusa ed elaborata memoria che, mentre nella intestazione e nelle conclusioni sembrerebbe diretta a confutare soltanto la fondatezza della questione sollevata con l'ordinanza del pretore di Ancona, sostanzialmente involge - espressamente elencandone - tutte le questioni prospettate con le altre ordinanze, sopra richiamate.

Poiché soltanto per il giudizio promosso con l'ordinanza del pretore di Ancona vi è stata tempestiva costituzione in giudizio e tale ordinanza presenta peculiari caratteristiche per le quali non sono ad essa pertinenti le deduzioni che riguardano le altre, ovviamente tale memoria può essere presa in considerazione limitatamente alla parte strettamente attinente a detta ordinanza del pretore di Ancona, ossia limitatamente al punto indicato nell'indice con il n. 7.

Su questo punto il patrocinio della RAI-TV sostiene la inammissibilità e subordinatamente la infondatezza della questione, sostanzialmente con le stesse considerazioni sopra riportate dell'Avvocatura generale dello Stato.

Nell'udienza odierna il patrono della parte privata Anastasio, con un'ampia discussione ha sostenuto che si debba estendere al suo difeso la decisione che sarà adottata in ordine alle altre ordinanze, le cui questioni sono state trattate contemporaneamente.

Alla sua volta l'Avvocatura generale dello Stato ha insistito nelle richieste sopra riportate.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. I dieci giudizi, promossi con le ordinanze di cui in epigrafe, avendo per oggetto, sostanzialmente, questioni identiche o strettamente connesse, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. In ordine logico deve essere esaminata per prima la questione sollevata con l'ordinanza 23 dicembre 1975 del pretore di Ancona, dato che, per effetto delle eccezioni sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato e anche dal patrocinio della parte privata - imputato nel giudizio a quo - si presentano problemi pregiudiziali di ammissibilità, anche sotto il profilo del difetto di rilevanza.

Come si è detto in narrativa, infatti, con l'ordinanza in esame, vengono denunziati, in riferimento agli artt. 1, 2, 9, 10, 11, 21, 33, 49 138 e "ai principi generali della Costituzione", agli artt. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 l. n. 103 del 1975 e comunque l'intera legge - che pur si afferma non presentare vizi di costituzionalità "sul piano teorico" - in base all'asserzione che nell'applicazione pratica si rileva la deviazione dalle linee fondamentali indicate dal legislatore costituente.

Senonché, nella pur diffusa motivazione, a parte considerazioni astratte, che non trovano riscontro in concrete indicazioni che possano far individuare come e perché siano stati violati gli articoli della Costituzione richiamati - come si riconosce nella stessa ordinanza di rinvio - "forse in numero sovrabbondante rispetto alla effettiva necessità” invano si ricerca la formulazione di un concreto motivo di censura.

L'unico rilievo specifico, attraverso il quale si potrebbe giungere ad identificare la violazione di talune norme costituzionali a riferimento è quello relativo alle tecniche d'attribuzione dei posti negli organi deliberanti ed alle nomine di funzionari di grado elevato e dei dirigenti, ma è chiaro che tutto ciò non ha alcuna rilevanza ai fini dell'oggetto del giudizio a quo.

Ne consegue che sia per contraddittorietà e carenze di motivazione, sia per difetto di rilevanza la questione deve dichiararsi inammissibile.

3. Sempre in ordine logico deve essere, poi, esaminata la questione sollevata con l'ordinanza 21 ottobre 1975 dal giudice istruttore presso il tribunale di Genova.

Questa ordinanza ha per oggetto il procedimento penale per una contravvenzione, punibile ai sensi dell'art. 195 t.u. approvato con il d.P.R. n. 156 del 1973, reato bensì permanente ma la cui permanenza deve ritenersi cessata, per effetto della sentenza del pretore di Genova, sezione staccata di Torriglia, in data 5 aprile 1974, sentenza appellata dal pubblico ministero, senza peraltro contestazione della continuazione.

Il giudice istruttore presso il tribunale di Genova era, pertanto, investito della cognizione, in grado di appello, di un reato consumato in data anteriore al 15 aprile 1974.

Conseguentemente, essendo nel frattempo intervenuta la sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, con la quale l'impugnato art. 195 t.u. del 1971 n. 156 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata come già è stato deciso, in casi identici, con la sentenza di questa Corte n. 1 del 1976.

4. Le altre otto ordinanze (due delle quali e precisamente quella del pretore di Ragusa e quella del giudice istruttore presso il tribunale di Reggio Emilia si riferiscono ad impianti per trasmissioni televisive via etere) senza contestare la legittimità costituzionale del monopolio statale per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale - e richiamandosi, anzi, alle motivazioni delle sentenze di questa Corte che l'hanno affermato - contestano la legittimità della estensione del regime di monopolio agli impianti ed all'esercizio di stazioni radiofoniche e televisive via etere su scala locale, per i quali chiedono l'assoggettamento a regime di autorizzazione in analogia con quanto è stato dichiarato con la sentenza di questa Corte n. 226 del 1974 ed attuato con la l. n. 103 del 1975 nella parte relativa alle trasmissioni televisive via cavo.

Comune a tutte queste otto ordinanze è la tesi che il motivo fondamentale che ha indotto questa Corte a riconoscere la legittimità del monopolio statale è la limitatezza dei canali utilizzabili (sentenze n. 59 del 1960 e n. 225 del 1974) e che questo motivo se può ritenersi tuttora valido, allo stato attuale, per le trasmissioni su scala nazionale, non lo è per quelle su scala locale.

Di qui la conseguenza che la persistente estensione del monopolio statale a queste ultime trasmissioni sarebbe costituzionalmente illegittima, in riferimento: a) secondo il pretore di Novara, agli artt. 3, 10, 21, 41 e 43 Cost.; b) secondo il pretore di S. Miniato, agli artt. 2, 3, 21, 41 e 43; c) secondo il pretore di Livorno, agli artt. 3, 21, 41 e 43; d) secondo il pretore di Ragusa, agli artt. 3, 10 e 21; e) secondo il giudice istruttore presso il tribunale di Reggio Emilia, agli artt. 21, 41, e 43; f) secondo il pretore di Lecco, agli articoli 3 e 21; g) ed h) secondo i pretori di Biella e Castelfranco Veneto, all’art. 21. A sostegno della tesi della possibilità di trasmissioni su scala locale senza intralci né per quelle delle reti nazionali, né per quelle di altre su scala locale, le varie ordinanze di rimessione si richiamano o a consulenze tecniche esibite dalle parti private o allo stato di fatto ormai esistente, secondo il quale attualmente sarebbero funzionanti in Italia ben 400 impianti del genere.

Tanto l'Avvocatura generale dello Stato, quanto il patrocinio della RAI-TV contestano, anzitutto, sulla base di elaborati accertamenti tecnici, la disponibilità, se non illimitata, tuttavia sufficientemente ampia, di canali utilizzabili per impianti su scala locale, asserita nelle ordinanze di rimessione.

Sostengono, poi, che, come ha riconosciuto la sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, quello radio-televisivo costituisce un servizio pubblico essenziale, di preminente interesse generale che, per questa sua natura, non può formare, neppure in parte, oggetto di attività privata.

Il patrocinio della RAI-TV, inoltre, ammette sostanzialmente l'esistenza dello stato di fatto asserito nelle ordinanze, ma deduce che è reso possibile soltanto transitoriamente, in quanto è in corso di completamento lo studio da parte degli organi tecnici statali, per la realizzazione, su scala nazionale, di due nuove reti televisive, realizzazione che assorbirebbe gran parte delle disponibilità di canali attualmente esistenti.

L'Avvocatura generale dello Stato, infine, prospetta, senza peraltro insistervi, una eccezione di difetto di rilevanza, comune a tutte le ordinanze in esame, che dovrebbe trovar fondamento nella considerazione che, agli effetti penali, sia in regime di concessione, sia in regime di autorizzazione, la sanzione, in caso di inosservanza delle norme che le disciplinano, è identica.

Chiariti, come precede, i termini delle tesi contrapposte, valgono, in ordine ad esse, le considerazioni che seguono.

5. La eccezione di difetto di rilevanza prospettata, nei termini sopra esposti dall’Avvocatura generale dello Stato, è priva di giuridico fondamento.

L'eventuale dichiarazione di fondatezza delle questioni sollevate cui le ordinanze in esame, infatti, non implicherebbe l'automatica applicazione agli impianti del regime di autorizzazione, ma renderebbe necessario l'intervento del legislatore per stabilirne i modi e le condizioni di attuazione, presuppone un vero e proprio diritto perfetto del richiedente, sarebbero inapplicabili sanzioni penali prevedute per ipotesi diverse, anche se analoghe.

6. Nel passare, quindi, all'esame del merito delle proposte questioni, è necessario tener presente che, come si è posto in rilievo in narrativa, la legittimità costituzionale del monopolio statale per quanto attiene alle trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale non è contestata dalle ordinanze di rimessione, le quali anzi - in conformità con le statuizioni della sentenza di questa Corte n. 225 del 1974 recepite dal legislatore nell'articolo 1 l. n. 103 del 1975 - ne riconoscono il carattere di servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

La tesi fondamentale - comune a tutte le ordinanze e sopra ricordata - sulla quale poggiano le denunziate violazioni di norme costituzionali, consiste nell'affermazione che il presupposto del riconoscimento della legittimità di tale monopolio è la limitatezza dei canali disponibili e che tale presupposto non sussiste per quanto attiene alle trasmissioni su scala locale.

Ai fini del decidere è, quindi, necessario accertare se e sino a qual punto siano esatti i termini giuridici e di fatto sui quali poggia la tesi come sopra riassunta.

A tale riguardo è da rilevare che dalle sentenze n. 59 del 1960 e n. 225 del 1974 risulta in modo del tutto evidente che questa Corte al riconoscimento della legittimità del monopolio statale è pervenuto sul presupposto della limitatezza dei canali utilizzabili.

Ma, nel contempo, emerge la considerazione dell'attività d'impresa di cui si tratta, come servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

Stante ciò, ove si constati - come è ragionevole fare sulla base delle diffuse cognizioni tecniche e delle pratiche realizzazioni in atto esistenti - la ingiustificatezza, allo stato attuale, delle tesi secondo cui sussisterebbe una concreta limitatezza in ordine alle frequenze utilizzabili per le trasmissioni radiofoniche e televisive, deve riconoscersi su scala locale che il relativo presupposto non possa ulteriormente essere invocato.

Il che, però, non richiede né tanto meno comporta che debba escludersi la legittimità costituzionale delle norme che riservano allo Stato le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale. Giacché - e ciò giova ribadirlo in modo espresso - la radiodiffusione sonora e televisiva su scala nazionale rappresenta un servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

7. Ne consegue che la normativa de qua, oggetto di denuncia, si appalesa costituzionalmente illegittima, in riferimento agli artt. 3 e 21 Cost.

Sotto il profilo della violazione dell'art. 3, in quanto che, se non sussiste la illimitatezza di frequenze, propria delle trasmissioni via cavo, esiste, tuttavia, per le trasmissioni su scala locale via etere una disponibilità sufficiente a consentire la libertà di iniziativa privata senza pericolo di monopoli od oligopoli privati, dato anche il costo non rilevante degli impianti, cosicché il non consentirla - al contrario di quanto si è fatto per le trasmissioni via cavo - implica violazione del principio di eguaglianza, sancito dalla norma a riferimento.

Sotto il profilo della violazione dell'art. 21 Cost., giacché, esclusa la possibilità di monopoli od oligopoli per le trasmissioni su scala locale, viene meno l'unico motivo che per queste ultime trasmissioni possa giustificare quella grave compressione del fondamentale principio di libertà, sancito dalla norma a riferimento, che anche un monopolio di Stato necessariamente comporta.

8. Il riconoscimento del diritto di iniziativa privata, nei limiti risultanti da quanto precede, data la connessione con il servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale, costituito, tra l'altro dalla diffusione via etere su scala nazionale di programmi radiofonici e televisivi ed affidato al monopolio statale, postula la necessità dell'intervento del legislatore nazionale perché stabilisca l'organo dell'amministrazione centrale dello Stato competente a provvedere all'assegnazione delle frequenze ed all'effettuazione dei conseguenti controlli, e fissi le condizioni che consentano l'autorizzazione all'esercizio di tale diritto in modo che questo si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale di cui sopra e si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi anche internazionali, conformi a Costituzione.

In particolare si dovranno stabilire:

a) i requisiti personali del titolare dell'autorizzazione e dei suoi collaboratori, che diano affidamento di corretta e responsabile gestione delle trasmissioni;

b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la relativa zona di servizio, nonché la specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili.

c) l'esatta indicazione dell'ambito di esercizio, il cui carattere “locale” deve essere ancorato a ragionevoli parametri d'ordine geografico, civico, socio-economico, che consentano di circoscrivere una limitata ed omogenea zona di utenza, senza, peraltro, eccessive restrizioni, tali da vanificare l'esercizio medesimo;

d) eventuale fissazione di turni ed adozione di ogni altro accorgimento tecnico, al fine di non turbare il normale svolgimento del servizio come sopra riservato allo Stato ai sensi degli artt. 1 e 2 della citata l. n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio parimenti riservato allo Stato; ed al fine di rendere possibile il concorrente esercizio di attività da parte degli altri soggetti autorizzati;

e) limiti temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in connessione con gli analoghi limiti imposti al servizio pubblico affidato al monopolio statale;

A ogni altra condizione necessaria perché l'esercizio del diritto previa autorizzazione, si svolga effettivamente nell'ambito locale e non dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio o oligopolio.

Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi sopra indicati, il rilascio dell'autorizzazione è vincolato e non meramente discrezionale con tutte le conseguenze giuridiche che tale natura dell'atto comporta nel nostro ordinamento.

9. Va, infine, rilevato che nell'art. 14, comma 1, lett. d) l. n. 103 del 1975 è posta a carico della società concessionaria 1a realizzazione graduale di altri impianti radiofonici e televisivi, ad esaurimento delle disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione"; e va considerato che dalla presente declaratoria di illegittimità costituzionale consegue, a norma dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87, la stessa declaratoria per il detto art. 14 per la parte in cui è previsto l'esaurimento delle disponibilità.

P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE


a) Dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 l. 14 aprile 1975 n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l'ambito locale;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 5, 46, 47 e 48 della citata l. 14 aprile 1975 n. 103, sollevata, in riferimento agli artt. 1, 2, 3 cpv., 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 Cost., dal pretore di Ancona con l'ordinanza indicata in epigrafe;

c) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli ant. 195, commi 1 e ultimo d.P.R. 29 maggio 1973 n. 156 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) sollevata, in riferimento agli artt. 41 e 43 Cost., dal tribunale di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe;

d) dichiara, a norma dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità dell'art. 14 della citata l. 14 aprile 1975 n. 103 nella parte in cui prevede la possibilità che mediante le realizzazioni di impianti da parte della società concessionaria siano esaurite le disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione.