Sommario della storia d'Italia/1518

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1518.Carlo, poi che vidde Italia posata, sendo d’accordo con Francesco, volle andare a pigliare la possessione de’ regni di Spagna, delli quali era rimasto erede. Nè ebbe però tanta confidenza nel re di Francia, che si volessere mettere per terra per il suo regno; ma passò per mare, e senza difficultà alcuna prese la possessione pacifica di tutto quello se gli aspettava. Ma sendo egli governato da’ Fiamminghi, i quali tutte le dignità e utilità di quelli regni pigliavano per loro; e sendo morto lo arcivescovo di Tolleto, che è beneficio di tanta entrata, quanto nessuno altro in Cristianità, lo Imperatore lo dette al nipote di Ceures; e così accadeva ogni dì degli altri. Li Spagnuoli malvolentieri stavano sotto questo giogo; pure i grandi Signori giudicavono che le mutazioni non fussino a loro proposito; e sopportavano ogni cosa come potevono; ma li populari non potevono avere pazienzia, ed usavano parole non convenienti, escusandosi sempre, che non intendevono parlare contro al Principe, ma contro a’ Governatori. I Fiamminghi ancora, infastiditi de’ modi degli Spagnuoli, sendo e’ costumi molto differenti, confortavano Carlo a tornare in Fiandra; e tanto più gli dicevano che lo doveva fare, perchè, mentre era in Spagna, successe la morte dello Imperatore, ed era stata grande alterazione di chi dovesse essere eletto re de’ Romani; perchè il re di Francia, discorrendo con prudenzia, aveva fatto ogni conato d’essere eletto; perchè pensava quello che è seguito poi con effetto, che se il Re di tanti regni in Ispagna, e di Napoli e Sicilia, signore di Fiandra, e di parte di Borgogna, duca d’Austria, e conte di Tirolo, fussi eletto re de’ Romani, cercherebbe per ogni via ridurre Italia in suo potere, e non solo Italia, ma tutta la Cristianità. Il Papa conosceva questo medesimo: e sebbene considerava che quasi il medesimo era per seguire, quando fusse eletto Francesco; non si poteva persuadere che che gli Elettori tedeschi dovessino mai acconsentire di trarre lo Imperio d’Alemagna; e però confortò Francesco pigliare questa impresa vivamente, e non perdonare nè a danari nè ad altra cosa, per conseguire questo suo desiderio; giudicando che, come Francesco tentava questo, subito Carlo gli diventava inimico; e sebbene cognoscessi impossibile che egli fusse eletto; perchè nun fusse eletto Carlo già fattogli inimico, volterebbe il favore a qualche principe d’Alemagna. E questo disegno del Papa riusciva; ancora che l’ammiraglio di Francia, il quale il Re aveva mandato a Treveri, per condurre la pratica d’essere eletto con lo Arcivescovo, uno degli Elettori, sempre con lettere dessi speranza, e quasi certezza, al patrone ch’egli sarebbe eletto re de’ Romani; nondimeno il Re non lo credeva, ed aveva volto il favore al marchese di Brandeburg, uno degli Elettori; ed era contento che li danari prometteva a quelli Elettori ch’eleggevono lui, darli a quelli che eleggevono detto Marchese. Ma Carlo aveva tanti amici e partigiani in Alemagna, per essere stato lo Imperio nella Casa d’Austria più di settanta anni continui; e ne fece condurre tanti in Francordia, dove si doveva fare la elezione, ed allo intorno; che si può dire che ella fusse fatta più presto con le forze, che per l’ordinario; perchè non vi fu Elettori che ardissi fare parola di eleggere altri in re de’ Romani che Carlo; ancora che vi fussi chi desiderassi assai lo Imperio per sè e per altri. Sendo dunque eletto Carlo re de’ Romani, ed essendo in Ispagna, tutti i Fiamminghi e Tedeschi che egli aveva appresso, instavano che tornassi in Alemagna; e benchè in Ispagna si vedessino segni di sollevazione, dicevono che la reputazione di tanti stati, aggiunto lo Imperio, farebbe stare ciascuno a segno. Onde Carlo, stimolato da tante persuasioni, si partì di Spagna per mare, e pose nell’isola d’Inghilterra, per fare una vera unione con quello Re, la quale l’uno e l’altro d’essi pensorono avere fatta; ma durò tanto, quanto ciascuno di loro giudicò essere a beneficio suo.

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