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Pagina:Poemetti allegorico-didattici del secolo XIII, 1941 – BEIC 1894103.djvu/223: differenze tra le versioni

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parea ch'al ciel n'andsse lo clamore.
parea ch’al ciel n’andsse lo clamore.
«Dolze figliuolo!» diceva Ecubà.
«Dolze figliuolo!» diceva Ecubà.
«Signor!» dicea la moglie Andromadà
«Signor!» dicea la moglie Andromadà
Piangean quasi le pietre per su' amore.
Piangean quasi le pietre per su’ amore.


Evi si com'Ettòre imbalsimaro, {{O|272|al}}
Evi si com’Ettòre imbalsimaro, {{O|272|al}}
e fecerli una ricca sepoltura;
e fecerli una ricca sepoltura;
e' santi clergi l'aromatizzaro,
e’ santi clergi l’aromatizzaro,
d'un palio imperial fêr covertura;
d’un palio imperial fêr covertura;
tre imagini li mastri v'intagliaro,
tre imagini li mastri v’intagliaro,
con tre lampane di grande chiarura.
con tre lampane di grande chiarura.
Passato l'anno fecer l'anovale,
Passato l’anno fecer l’anovale,
come s'usava, a la guisa reale,
come s’usava, a la guisa reale,
ov'Accillesse innamorò allora.
ov’Accillesse innamorò allora.


La bella Pollisena Ettòr piangea, {{O|273|al}}
La bella Pollisena Ettòr piangea, {{O|273|al}}
quand'Accillesse sorprese d'amore,
quand’Accillesse sorprese d’amore,
di guisa che posar già non potea,
di guisa che posar già non potea,
tenea la bieltà sua preso 'l core.
tenea la bieltà sua preso ’l core.
Mandò un messo, s'a 'Cuba piacea,
Mandò un messo, s’a ’Cuba piacea,
che non sarebbe più combattitore
che non sarebbe più combattitore
sopr'ai Troiani Accille, nè sua gente:
sopr’ai Troiani Accille, nè sua gente:
i Greci al padiglion venìan sovente,
i Greci al padiglion venían sovente,
merzè cherendo e faccendo clamore.
merzè cherendo e faccendo clamore.


Tutto v'è com'Accille ruppe 'l patto {{O|274|al}}
Tutto v’è com’Accille ruppe ’l patto {{O|274|al}}
e feci armare i suoi Mirmidonesi,
e feci armare i suoi Mirmidonesi,
cui i Troian non risparmiavan tratto;
cui i Troian non risparmiavan tratto;
quel giorno molti ne fuoron conquisi.
quel giorno molti ne fuoron conquisi.
Armòs'Accille ed entrò nel baratto;
Armòs’Accille ed entrò nel baratto;
uccis' ev' Eifebusso in tra' Grecesi;
uccis’ ev’ Eifebusso in tra’ Grecesi;
allor fallìo malamente Accillesse;
allor fallío malamente Accillesse;
fedì Parigi 'l buon Palamidesse,
fedí Parigi ’l buon Palamidesse,
d'una saietta a le ven' organesi.
d’una saietta a le ven’ organesi.


Poi v'è dipinto com'egli ordinaro {{O|275|al}}
Poi v’è dipinto com’egli ordinaro {{O|275|al}}
d'uccidere Accillesse in tradigione;
d’uccidere Accillesse in tradigione;
un sagreto
un sagreto
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Versione delle 06:46, 18 giu 2019

parea ch’al ciel n’andsse lo clamore.
«Dolze figliuolo!» diceva Ecubà.
«Signor!» dicea la moglie Andromadà
Piangean quasi le pietre per su’ amore.

     Evi si com’Ettòre imbalsimaro, 272
e fecerli una ricca sepoltura;
e’ santi clergi l’aromatizzaro,
d’un palio imperial fêr covertura;
tre imagini li mastri v’intagliaro,
con tre lampane di grande chiarura.
Passato l’anno fecer l’anovale,
come s’usava, a la guisa reale,
ov’Accillesse innamorò allora.

     La bella Pollisena Ettòr piangea, 273
quand’Accillesse sorprese d’amore,
di guisa che posar già non potea,
sí tenea la bieltà sua preso ’l core.
Mandò un messo, s’a ’Cuba piacea,
che non sarebbe più combattitore
sopr’ai Troiani Accille, nè sua gente:
i Greci al padiglion venían sovente,
merzè cherendo e faccendo clamore.

     Tutto v’è com’Accille ruppe ’l patto 274
e feci armare i suoi Mirmidonesi,
cui i Troian non risparmiavan tratto;
quel giorno molti ne fuoron conquisi.
Armòs’Accille ed entrò nel baratto;
uccis’ ev’ Eifebusso in tra’ Grecesi;
allor fallío malamente Accillesse;
fedí Parigi ’l buon Palamidesse,
d’una saietta a le ven’ organesi.

     Poi v’è dipinto com’egli ordinaro 275
d’uccidere Accillesse in tradigione;
un sagreto