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Storia dei Mille/Il 5 maggio 1860

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Il 5 maggio 1860

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Genova nel gran giorno La Partenza
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Il 5 maggio 1860.


La sera di quel 5 maggio, coloro che erano destinati a partire, ricevuto un ordine aspettato tanto, quale da solo quale con qualche amico, come se andassero a diporto, [p. 26 modifica]così consigliati per non dar nell’occhio alla polizia, cominciarono a uscir da Genova per la Porta Pila, sulla via del Bisagno. Andavano alla Foce o a Quarto, secondo che loro era stato detto. E trovavano sul loro cammino folle di cittadini di ogni classe, donne, uomini, che senza parere davano loro l’augurio, e ciascuno un poco dell’anima sua.


Nino Bixio nel 1860.


Nino Bixio scese al porto. «Là — scrive il Guerzoni — in una andana tra il Lombardo e il Piemonte e proprio costa a costa tanto da toccarsi coi due vapori, riposava una vecchia carcassa di nave condannata da tempo, che chiamavano Nave Joseph. Bixio nella sua mente ne aveva fatta la prima base di operazione di tutta la mossa. Già da parecchi [p. 27 modifica]giorni la Joseph andava ricevendo a poco per volta delle casse misteriose, degli involti sospetti, che avevano le più strane somiglianze di casse da munizioni e d’involti di fucili.... Bixio aveva ordinato che per la sera del 5 maggio tra le nove e le dieci, una quarantina d’uomini si raccogliessero in silenzio su quella nave, e stessero ad aspettare la sua venuta e i suoi ordini. Gli uomini erano parte marinai fedeli, parte volontari ma del fiore. Alle nove e mezzo arrivarono sulla Joseph Bixio e lo scrittore di queste pagine. Appena a bordo Bixio cavò di tasca un berretto da tenente-colonnello, se lo calò sulle orecchie, e disse: — Signori, da questo momento comando io, attenti ai miei ordini. — E gli ordini furono: buttarsi col revolver in pugno sui vicini vapori, fingere di svegliarvi la gente di guardia, fingere di costringere i fuochisti ad accendere, i marinai a salpar l’àncora, i macchinisti a prepararsi al loro mestiere, sgombrare, pulire il bastimento, allestirlo in fretta per la partenza. E così fu fatto nel massimo ordine e silenzio, e non senza accompagnare di molti sorrisi di ironia quella farsa con cui quella epopea esordiva. Fra tutte queste operazioni se ne andarono quattro o cinque ore, e già i primi chiarori dell’alba cominciavano a rompere dalla punta di Portofino. Bixio era inquieto e principiava a perdere anche quell’ultimo avanzo di pazienza che in quei giorni di febbre e di rabbia gli era restato. Finalmente, verso le quattro del mattino tutto era pronto, e i due piroscafi uscirono dal porto, girando verso Quarto, punto designato dell’imbarco.»1

Ma prima di tirar avanti per Quarto, i due piroscafi [p. 28 modifica]si pigliarono su una parte dei Mille, che stava alla foce del Bisagno. Ivi erano avvenute delle scene pietose di questa sorte. Tra quei giovani c’era un Luzzatto da Udine, cui fu detto che tra la folla si aggirava la madre sua, venuta così da lontano a cercarlo. Voleva benedirlo o tirarselo via da quel cimento? Il giovanetto le si fece incontro, e le andò tra le braccia; ma la sua prima parola fu di pregarla a non gli dir di tornarsene, perchè a lui sarebbe stato mortale il dolore di partir lo stesso dopo averla disubbidita. Altri padri, madri sorelle andavano tra quei gruppi, pregando, scongiurando, incuorando, e alla fine dando il bacio quasi della morte; e quando i due vapori apparvero e accolsero quei giovani, chi aveva assistito a quelle scene dovè tornarsene nella città col cuore quasi sollevato.

Uguali cose avvenivano a Quarto. Là verso le dieci c’era folla anche più fitta che alla foce. Tutta la via che si svolge intorno a quel piccolo seno di acque era stipata. Nella villa Spinola entravano, dalla villa uscivano frettolosi l'uno dopo l’altro incessanti messaggeri; a ogni momento si faceva tra la folla un gran silenzio, si udiva dire: «Eccolo!» No, non era ancora Garibaldi. Poi la folla fece un’ultima volta largo più agitata, tacquero tutti: finalmente era Lui!

Garibaldi attraversò la strada seguìto da Türr e da Sirtori, allora già colonnelli, e per un vano del muricciolo rimpetto al cancello della Villa, discese franco giù per gli scogli. E cominciarono i commiati. Tra gli altri bello e forte è narrare quello di uno Stefano Dapino cui suo padre, vecchio amico di Mazzini e dei fratelli Ruffini, aveva accompagnato fino a quel passo. Quel padre [p. 29 modifica]aveva con sè anche un altro figliuolo più giovane. Conversavano tranquilli come se il figlio partisse per una
 
Stefano Türr nel 1860.
 
caccia; poi senza parole, senza sospiri il padre abbracciò il figlio, stettero un poco stretti prima essi due, poi tutti e tre, finchè Stefano che aveva alla spalla la carabina, [p. 30 modifica]baciò il fratello, gli fece segno come a raccomandargli il padre, si staccò da loro e discese per dove scendevano alle barche i suoi compagni. E quel padre e quell’altro figlio si persero fra la folla, portando alla casa lieta di altre grandi gioie, ricchezza, bellezza, onore, quell’amara gioia d’esser stati a quella fortissima prova.2

Piccole cose tra le grandi, nelle ore dell’attesa, qua e là per le vie di Quarto, sugli usci delle casupole, quelli che dovevano partire si sentivano dare dai pescatori, dai marinai, certi consigli da semplici, ma d’amore.

— Avete mai navigato? — No. — Se temete di avere il mal di mare, appena a bordo, coricatevi supino e state sempre così, non patirete. — Se vi daranno del biscotto mangiatene poco, e bevete poi pochissimo, se no guai! — Sbarcherete in Sicilia, oh sbarcherete! Ma,.... vini traditori laggiù! — E la gente? — Come noi.... però molto facili a tirare.... Ma chi la rispetta.... Soprattutto la famiglia bisogna rispettare laggiù.... Ma voi avrete altro pel capo.... Coraggio! —

A poco a poco tutti discesero nelle barche, queste presero il largo. Verso le undici, da una di queste già più in alto, si udì una voce limpida e bella chiamare «La Masa!» E un’altra voce rispose: «Generale!» Poi non si udì più nulla. E su quell’acqua stettero le barche a cullarsi aspettando. Quelli che v’erano su parlavano del Governo, di Cavour, di Vittorio Emanuele, dell’accordo, del disaccordo tra loro e Garibaldi e della finzione; e siccome le ore passavano, i più cominciavano a temere che i vapori non venissero, e che si dovesse tornare a [p. 31 modifica]terra mortificati, fors’anche a farsi arrestare. Oh quel Cavour! La voleva vincer lui!

Ma quando furono visti i fanali rossi e verdi dei due legni, e poi i legni stessi venir con già a bordo la gente che v’era stata imbarcata alla foce: quelle barche scoppiarono di grida di gioia. In un lampo vogarono ai due legni; e in meno di mezz’ora, chi sul Lombardo, chi sul Piemonte, quell’altro mezzo migliaio di uomini furono su, come ognuno seppe ingegnarsi; braccia, ganci, scale, corde, tutto fu buono a salirvi.

Note

  1. Giuseppe Guerzoni, Vita di Nino Bixio.
  2. Abba, Noterelle d’uno dei Mille. Bologna, Zanichelli