Vai al contenuto

Storia di Torino (vol 2)/Libro VI/Capo II

Da Wikisource.
Libro VI - Capo II

../Capo I ../Capo III IncludiIntestazione 29 ottobre 2023 75% Da definire

Libro VI - Capo I Libro VI - Capo III
[p. 666 modifica]

Capo Secondo


Chiesa di San Martiniano o Martoriano. — Confraternita del Nome di Gesù: breve storia della medesima. — Come fosse prolifica. — Varie riedificazioni della chiesa. — Bizzarra origine d’un quadro. — Pellegrinaggi della confraternita a Vico, ad Avigliana, a Vercelli. — Sepolcro d’Antonio Sola.


Antichissima è in Torino la chiesa di San Martiniano o Martiriano, una di quelle che si chiamavano basiliche cardinali, perchè incardinate ad uno dei canonici della cattedrale.

Nel 950 la basilica cardinale di San Martiniano era tenuta da Pietro, arciprete della chiesa Torinese. Il canonico cantore era preposto a quella dei Santi Filippo e Giacomo (Sant’Agostino), e l’arcidiacono a quella di Santo Stefano protomartire.

A malgrado del pomposo vocabolo di basilica, crediamo che la chiesa di San Martiniano non fosse in realtà altro che una povera chiesuola, come lo era la massima parie delle chiese di Torino. Certo è che [p. 667 modifica]in principio del secolo xvi la sua capacità non arrivava ad un quarto della presente,1 che ci par già tanto modesta. Posta ad un’estremità della città, presso alla porta che si chiamava allora Nuova, e che si apriva allo sbocco della strada che percorriamo, circondata da poveri abituri, era nondimeno chiesa curata; ma il suo popolo componevasi di soli quattrocento parrocchiani.

Nel 1545 la chiesa minacciava ruina; Matteo e Pietro fratelli de Petra che n’erano rettori non avean modo di ristorarla, ricavando dalla scarsa prebenda e dai proventi di stola appena di che sostentarsi, quando venne ad ufficiarla, con molta loro allegrezza, la compagnia del nome di Gesù.

Dal secolo xiii al xvi molte compagnie laicali, o confraternite, avean fiorito in Torino, e fra le altre trovo memoria anche della confratria di S. Martiniano, come di quella di S.Vito, di Sant’Andrea, di S. Teodoro, di Sta Brigida, di S. Michele, di S. Brizio, ecc. Ma tutte nella prima metà del secolo xvi erano scomparse, e de’ loro beni s’era cresciuta la dote allo spedale; tutte diciamo, fuorchè una sola, la confraternita di Sta Croce e del Gonfalone, che ufficiava la chiesa di San Paolo, e la quale, dopo la morie di San Bernardino da Siena, aveva aggiunto alle antiche sue insegne la figura del santo col monogramma radiante del nome di Gesù in mano. La caduta delle altre confraternite rendette più numerosa quella di [p. 668 modifica]Sta Croce, e tanto numerosa che nel 1545 eralo divenuta soverchiamente; epperò con lieto animo udì il pensiero manifestato da maestro Ambrogio Luciano di derivare dal proprio seno una nuova confraternita da denominarsi del Nome di Gesù, la quale si cercasse pe’ suoi divoti esercizii un’altra chiesa.

Così fu fatto. I fratelli de Petra addì 3 di marzo di quell’anno accettarono nella loro chiesa la confraternita del Gesù, concedendo alla medesima le solite facoltà in quanto al congregarsi, ai divini ufficii ed alle sepolture, ed oltre a ciò quella di rifabbricare, d’ampliare la Chiesa, e di levarla a maggiore altezza, nella quale potranno fare (dice l’atto) i loro cenacoli, oratorii, ed altre abitazioni per loro uso. La parola cenacoli accenna forse all’antica usanza di terminare ne’ giorni festivi gli esercizii di pietà con un pasto in comune.

In quel giorno medesimo, che era giorno di domenica, avuta l’approvazione dell’Arcivescovo e della Città, la confraternita di Sta Croce, preceduta dal Gonfalone, venne processionalmente innanzi al palazzo del comune dove si trovavano radunati i sindaci ed i decurioni. Là sostando il Rettore, fece un breve discorso intorno alle cause che aveano determinato la fondazione della nuova compagnia, il cui fine era di resistere agli errori dei pretesi riformati, d’astenersi da ogni bestemmia, esercitarsi nelle virtù crisliane, frequentare i Sacramenti: ed esortò quelli [p. 669 modifica]che intendessero far parte della confraternita del nome di Gesù ad entrar nel palazzo. Luciano, Rettore della nuova confraternita, uscì il primo e fu seguito da altri tredici; i quali inalberando croce propria, s’avviarono, accompagnati dalla confraternita di Sta Croce, a San Martiniano, dove, ricevuti dai Rettori della chiesa, appena ebbero rese grazie a Dio, descrissero ventidue onorati cittadini che si presentarono a farvisi aggregare.

Sebbene avesse a patire non poche contrarietà dagli Ugonotti francesi e dagli ufficiali del re di Francia che li favorivano, la confraternita di S. Martiniano fece molti progressi. Nel 1547 ebbe l’approvazion pontificia; nel 1564 ottenne da Pio iv un’indulgenza plenaria in forma di giubileo da lucrarsi il dì della circoncisione, festa principale da lei celebrata. In aprile del 1574 due dame d’alto grado e per più rispetti famose, Antonia Montafìa, moglie del gran cancelliere Langosco, Beatrice sua figlia, vedova del conte di Vesme, e poi moglie in seconde nozze del conte Martinengo, fondarono le consorelle del Gesù, col consenso de’ confratelli, e colle debite approvazioni.

Infine nel giro di pochi anni da questa confraternita, come da un vivaio d’uomini religiosi e zelanti, si diramarono le confraternite dello Spirito Santo, della Misericordia e della Annunziata; le due prime invero, senza sua partecipazione, vennero fondate [p. 670 modifica]da alcuni de’ suoi confratelli. Ma quella dell’Annunziata fu una vera colonia dedotta, come abbiam veduto nel 1580, con pieno gradimento della confraternita madre.

Nel 1575 essendo rettore della chiesa Bartolomeo Ghisolfì, venne la medesima ricostrutta; ne posero la prima pietra il duca Emmanuel Filiberto, e l’arcivescovo Gerolamo della Rovere a’ 24 di giugno. Finche durò l’opera i confratelli si radunarono nei chiostri di S. Domenico, nella camera che poi fu convertita in cappella dell’Annunziata, e che ora serve ad uso di sagrestia.

Nel 1592 l’altar maggiore s’adornò d’una bella tavola dipinta da Alessandro Ardente.

Tre anni dopo i confratelli recaronsi pellegrinando l’ 8 di settembre al Santuario di Vico. Nella peste del 1599, dal maggio al novembre, cessò l’ufficiatura; mancarono di vita 60 confratelli.

Nel 1634 una quistione insorta tra due confratelli fu causa che si dipingesse dal cav. Cairo per la chiesa di San Martiniano il quadro del Crocifisso. Un mercatante di nome Capponi, uscendo dall’oratorio, disse ad un altro mercatante d’aver esaminato diligentemente i libri di negozio e d’essersi trovato suo debitore di cento ducatoni. Negò l’altro d’essere creditore di somma alcuna. Ripigliò il Capponi esser certo il debito, risultando dalle ragioni scritte ne’ suoi libri. Persisteva l’altro a dire che [p. 671 modifica]qualunque l’osse il risultamento de’ libri del Capponi, egli sapea di certo di non essere creditore di somma alcuna. Il Capponi s’adirò, quasi fosse rivocata in dubbio la regolarità de’ suoi registri; l’avversario non cedeva; i sangui s’accesero, vi furono torte parole, e per poco non si venne ai fatti; ostinandosi il Capponi a voler pagare cento ducatoni, ostinandosi l’altro a non volerli ricevere. S’interpose un consiglio di pace. Spendesse il Capponi i cento ducatoni a far dipingere il quadro del crocifisso. Fu approvalo il pensiero, e subito se ne diede la commissione.

A’ 7 d’aprile del 1668 la compagnia portò un voto d’argento alla Madonna d’Avigliana per la salute del principe di Piemonte (Vittorio Amedeo ii).

Dieci anni dopo die principio a nuova ricostruzione della chiesa sui disegni del conte di Castel lamonte, e con larghi sussidii dell’arcivescovo Michele Beggiamo e del barone Adalberto Pallavicino, suo priore, il quale fe’ eseguire a proprie spese tutte le opere di stucchi; Negroni, Martino e Boschetti, confratelli, pigliarono a costrurre ed ornare tre delle quattro cappelle, di cui ebbero il patronato.

Nel 1684 la confraternita del Nome di Gesù cominciò (e in questa città fu forse la prima) a celebrare il solenne oltavario pei morti. Nel 1699, in seguito alla nascila del primogenito lungamente aspettato di Vittorio Amedeo ii, si recò a Vercelli ad offerire al beato Amedeo un voto d’un bambino d’argento. [p. 672 modifica]

Partirono da Torino, avendo alla testa S. E. il marchese Pallavicino loro rettore, addì 6 giugno. Entrarono processionalmente in Vercelli in numero di oltre 200, e furono incontrati dalla confraternita del nome di Gesù, che ufìziava la chiesa di San Bernardo. Tornando poi in Torino, e rientrando, come erano partiti, processionalmente, la real Duchessa s’affacciò alla finestra col bambino in braccio, in segno di gratitudine e d’affetto.

Nel 1722 s’atterrò il campanile antico e ruinoso, e si posero le fondamenta del nuovo. Finalmente ai 29 di settembre del 1749 la chiesa fu consecrata dall’arcivescovo Giovanni Battista Bovero.2

Cervetti, Milocco, Persenda, Mari ed altri di non maggior fama ebbero ed hanno opere di pittura in questa chiesa. Ma la tavola d’Alessandro Ardente più non si trova.

In questa chiesa e nella sua cappella della Trinità, fu sepolto nel 1590 Antonio Sola, senatore, che fe’ i commenti ai decreti antichi e nuovi dei nostri duchi. Di questo chiaro giurisconsulto vedesi ancora il busto con un elogio latino, appiè del quale furono aggiunte queste parole che non s’accordano bene colle precedenti:

ACQUISTATO DALLI CONSIGLIERI DE LAUORANTI CALSSOLAI

L’ANNO 1830.3

[p. 673 modifica]

Il che vuol dire che i calzolai acquistarono, non già il monumento, ma la cappella.

Un mio amico e parente, il cui discorso è una perpetua ruota di lepidezze, non sempre argute, spiega a suo modo perchè abbian voluto che la notizia del loro acquisto facesse corpo col funebre elogio del Sola. La cappella della Trinità si è cambiata in cappella de’ Ss. Crispino e Crispiniano.

Seppellivansi similmente nei primi anni del secolo xvii in San Martiniano le Convertite che aveano lì vicino una casa che poi si mutò, come abbiamo veduto, in monastero (del Crocifìsso).

Riposano pure in questa chiesa molti delle famiglie Claretti, Cacherano e Ranza.

I conti Provana di Collegno, quantunque abitassero in questo popolo, seppellivansi ora in San Tommaso, ora in San Domenico.

La via che abbiamo percorsa finisce in quella di Santa Teresa.


Note

  1. [p. 678 modifica]Era lunga tre trabucchi, larga due.
  2. [p. 678 modifica]Queste notizie ho potuto desumere dai Libri degli Ordinati, e dalle Memorie storiche, ms. della confraternita, per cortesia dell’egregio signor Rettore della chiesa D. Ferma, che in giovane età mostra un notabile esempio di carità, di maturità e di prudenza veramente sacerdotale.
  3. [p. 678 modifica]Questa data indica l’anno in cui l’arte de’ calzolai pose questa iscrizione, non quello in cui fe’ l’acquisto; nella Guida di Torino del 1781, s’accenna già essere detta cappella di patronato de’ lavoranti calzolai.