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Storia di una capinera/III

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III

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II IV
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27 Settembre.


Marianna, perchè non sei qui a passeggiare, a trastullarti, a divertirti con noi? Perchè non posso abbracciarti e dirti ad ogni istante: vedi com’è bello questo? vedi com’è piacevole quest’altro?... e mostrarti quanto io son felice, mio Dio! felice come non potrei desiderare dippiù! Che sarebbe poi se tu fossi qui!...

Ieri verso il tramonto abbiamo fatto una bella passeggiata coi signori Valentini nel bosco dei castagni. Che bel bosco! se tu lo vedessi, Marianna! Un’ombra deliziosa, qualche raggio di sole morente che s’insinua fra le fronde, uno stormire grave [p. 29 modifica]e prolungato dei rami più alti, il canto degli uccelli, e poi di tratto in tratto, silenzio solenne e profondo. Sotto quelle immense vòlte di rami, fra quelli andirivieni sterminati di viali si avrebbe quasi paura, se la stessa paura non fosse piacevole. Le foglie secche frusciavano sotto i nostri passi; di tratto in tratto qualche uccelletto spaventato, che fuggiva, scuoteva con improvviso stormire le poche fogliuzze che lo nascondevano; Vigilante, il nostro bel cane, correva innanzi festoso abbaiando dietro i merli spaventati; Annetta, Gigi e Giuditta si davano il braccio e cantarellavano; il signor Nino li seguiva col suo fucile ad armacollo; il resto della comitiva era molto lontano, e ci gridava ad ogni istante che non corressimo tanto perchè l’erta del monte è faticosa. Il signor Nino anch’egli ha un bel cane, un bel bracco, dalle orecchie lunghe, e picchettato tutto di nero; si chiama Alì e [p. 30 modifica]già ha stretto amicizia con Vigilante. Giuditta ed Annetta ad ogni passo restavano impigliate per le loro lunghe vesti a qualche sterpo; ma io no, ti assicuro! io corro, saltello, ma non inciampo mai, nè le siepi lasciano i segni sulla mia tonaca. Il signor Nino mi veniva appresso, mi raccomandava di badare che non cadessi, temeva per me, poverino. Se non fosse per la vergogna, quasi quasi lo sfiderei a correre, quel signorino! Giuditta si lamentava ad ogni momento di sentirsi stanca. Che donne son quelle, Marianna? non sanno fare dieci passi senza aver bisogno del braccio di un uomo, e senza lasciare qualche brandello della veste ad ogni cespuglio! Benedetta la mia tonaca! Il signor Nino mi ha offerto venti volte il braccio, come se ne avessi bisogno, io! l’avrà fatto apposta per farmi arrabbiare! Perchè dunque non l’ha offerto a mia sorella che si lagnava della salita e che ne aveva bisogno lei? non io! [p. 31 modifica] Quando siamo giunti in cima al monte, che magnifico spettacolo! Il castagneto non arriva sin là, e dalla vetta del monte si può godere la vista di uno sterminato orizzonte. Il sole tramontava da un lato, mentre la luna sorgeva dall’altro: alle due estremità due crepuscoli diversi, le nevi dell’Etna che sembravano di fuoco, qualche nuvoletta trasparente che viaggiava per l’azzurro del firmamento come un fiocco di neve, un profumo di tutte le vigorose vegetazioni della montagna, un silenzio solenne, laggiù il mare che s’inargentava ai primi raggi della luna, e sul lido come una macchietta biancastra, Catania, la vasta pianura in fondo limitata da quella catena di monti azzurri, e solcata da quella striscia lucida e serpeggiante che è il Simeto, e poi, grado grado salendo verso di noi, tutti quei giardini, quelle vigne, quei villaggi che ci mandano da lontano il suono dell’avemaria, la vetta [p. 32 modifica]superba dell’Etna che si slancia verso il cielo, e le sue vallate che sono già tutte nere, e le sue nevi che risplendono degli ultimi raggi del sole, e i suoi boschi che fremono, che mormorano, che si agitano. Marianna, ci son delle ore in cui vorrei piangere, in cui vorrei stringere le mani a tutti quelli che mi son vicini, in cui non potrei proferire una sola parola, mentre mi si affollano in testa mille pensieri.... Guarda!... Io non so come non stringessi la mano al signor Nino che mi era accanto!... Son sempre matta!

Credo che tutti in quel momento avran provato quello che io provavo, perchè tutti tacevano. Il signor Nino istesso, ch’è sempre allegro, come tu sai, taceva anche lui....

Poi siam discesi correndo, schiamazzando, ridendo, facendo paura agli uccelli (che ne facevano poi a noi allorchè scappavano con istrepito improvviso fra le foglie) e [p. 33 modifica]giocando a rimpiattino fra gli alberi, nonostante che i nostri genitori si sfiatassero a gridarci di non correre. Alì e Vigilante prendevano parte a quella festa saltando e abbaiando allegramente. Di tanto in tanto, fra quelle immense ombre, un raggio di luna penetrava fra i rami, strisciava sui tronchi inargentandoli, e disegnava bizzarre figure sulle foglie morte che tappezzavano il suolo. Il signor Nino correva anche lui come un fanciullo, come un matto, nè più nè meno di tutti noi. Due o tre volte l’ho sopravanzato e ne sono andata orgogliosa. Vincere un uomo!... E siccome faceva buio fra gli alberi, ed egli non poteva vedermi arrossire.... così non mi vergognavo.... e allorchè m’ero lasciata di molto addietro tutti gli altri.... e anche lui.... sostavo ansante, senza poter tirare il fiato, ma tutta giuliva, e non avevo paura di trovarmi sola al buio, perchè udivo le loro voci, gli [p. 34 modifica]abbaiamenti dei cani.... e poi il signor Nino non aveva il suo bravo schioppo ad armacollo?

Uscendo dal bosco fu un’altra festa allorchè vedemmo i lumi della nostra casetta. Sai com’è piacevole in campagna, nel silenzio, fra il buio, vedere da lontano quelle finestre rischiarate, quel lume ospitale che ci guida, che ci chiama, che ci fa pensare alle pareti domestiche e a tutte le tranquille contentezze della famiglia?

Non sai che in questi otto giorni siamo divenuti intimissimi coi signori Valentini? La brava gente! ci pare che sieno nostri amici da vent’anni. Annetta è una cara ragazza e non ride della mia tonaca e delle mie singolari maniere da educanda; siamo insieme dal mattino alla sera; si passeggia, si chiacchiera, si giuoca, si fa colazione e qualche volta anche si desina assieme. Se ti dicessi che ho imparato a giocare anch’io.... Per carità, non dirlo ad [p. 35 modifica]anima viva! Però ancora non sono molto brava e perdo quasi sempre; ma il signor Nino ha la bontà di star di continuo a dirigermi, a consigliarmi, e si contenta di non giocare lui. Quando tornerò al convento ti prometto di dimenticare tutte le quaranta carte.

Il convento! mio Dio!... Ecco la sola nube che offuschi cotesto ridente orizzonte. Ma non ci pensiamo per ora, Marianna mia, siamo allegri e felici; sia poi quel che Dio vuole!

E intanto che noi siamo qui, lontani dal pericolo, sicuri, tranquilli, e che ci divertiamo, quanta povera gente che piange, che soffre! quante miserie, quante lagrime, quante vittime! Le notizie che ci giungono sin qui, ogni quattro o cinque giorni, sono assai tristi! Dio mio, pietà di tanti tribolati!

Quanti sospetti! quanti terrori! Tu saprai che i nostri contadini credono agli [p. 36 modifica]avvelenatori, ai razzi avvelenati, che so io.... meschinelli! sono come me che, quando ho molta paura, veggo i fantasmi! perciò tutte le notti si veggono per le valli, sui monti, dappertutto, i fuochi, i segnali delle guardie, si odono continuamente delle schioppettate, come se si volesse far paura a dei lupi intelligenti, a delle belve umane!... Ciò è triste; ma la notte, fra il buio e il silenzio, fra questa commozione generale, è anche spaventevole.

Son triste anch’io; non è vero? e un momento innanzi ero allegra parlandoti dei nostri divertimenti. Mi dici che anche tu ti diverti e che sei in buona compagnia; ti credo, ma giurerei che non varrà certamente la nostra. Mi dici anche che non rientrerai più in convento.... beata te!... Ma se dovessi rientrarvi senza di te?... Voglio stare allegra adesso; penserà Iddio al resto!... Il mio Carino è guarito; [p. 37 modifica]s’è fatto grandicello ed anche un poco cattivo; è vispo, chiassone, ardito, e gli è venuta una vociaccia! se lo lasciassi fare, credo che avrebbe l’audacia di tener testa al gatto. Il povero Vigilante s’ebbe un cattivo colpo di bastone dal castaldo, ed è venuto strillando a narrarmi il suo guaio. Io l’ho accarezzato, gli do sempre qualche boccone ghiotto, e adesso non lascia più la soglia del mio camerino.

Mi pare che non abbia dimenticato di dirti nulla. Scrivimi presto e lungamente. Dimmi che mi vuoi bene, e che vuoi bene anche alla mia Annetta, che te ne vuol molto.

Addio, addio, addio.