Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo V/I caratteri specifici sono più variabili dei caratteri generici

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Capo V

I caratteri specifici sono più variabili dei caratteri generici

../Una parte sviluppata in un grado e in un modo straordinario.../ ../Le specie distinte offrono variazioni analoghe IncludiIntestazione 1 giugno 2008 75% paleontologia

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Il principio fondato sulle precedenti riflessioni può essere esteso. È cosa notoria che i caratteri specifici sono più variabili dei caratteri generici. Darò un semplice esempio per spiegare ciò che intendo dire. Se alcune specie di un genere di piante molto ricco hanno fiori turchini ed altre hanno fiori rossi, il colore non sarà che un carattere specifico, e non saremmo sorpresi di vedere la specie turchina cambiarsi in rossa e viceversa; ma se tutte le specie sono dotate di fiori turchini, il colore diventerebbe un carattere generico, e la sua variazione sarebbe una circostanza più straordinaria. Scelsi questo esempio, perchè non sarebbe applicabile al caso quella spiegazione che molti naturalisti darebbero; cioè, che i caratteri specifici sono più variabili dei generici, perchè affettano parti di minore importanza fisiologica di quelle comunemente prese per la classificazione dei generi. Questa spiegazione è vera in parte, ma solo indirettamente; del resto tornerò su questo soggetto nel capitolo della Classificazione. Sarebbe quasi superfluo aggiungere prove a conferma della precedente regola, che i caratteri specifici sono più variabili dei generici; ma io ho ripetutamente notato nelle opere di storia naturale che quando un autore ha osservato con sorpresa che qualche organo o parte importante (che generalmente sia molto costante in molti gruppi di specie) differiva assai nelle specie strettamente affini, era anche variabile negli individui di alcune di queste specie. Ciò dimostra che quando un carattere, che sia ordinariamente di una importanza generica, diminuisce ed acquista un valore soltanto specifico, spesso diventa variabile, benchè la sua importanza fisiologica possa rimanere la stessa. Considerazioni consimili possono farsi quanto alle mostruosità: almeno pare che Isidoro Geoffroy Saint-Hilaire non metta in dubbio che quanto più un organo diversifica normalmente nelle varie specie di un medesimo gruppo, tanto più soggiace ad anomalie individuali.

Se stiamo all’opinione comunemente accettata che ogni specie sia stata creata indipendentemente, come potrebbe darsi che una parte dell’organismo diversa dalla parte omologa nelle altre specie dello stesso genere, pure create indipendentemente, fosse più variabile di quelle parti che sono strettamente simili ad essa? Non saprei come potrebbe darsi una spiegazione di questo fatto. Al contrario se abbiamo l’idea che le specie non sono altro che varietà più distinte e rese stabili, noi dobbiamo certamente aspettarci di trovare che quelle parti della loro struttura che variarono in un periodo abbastanza recente e che perciò diversificarono, continueranno spesso a variare. Ma esporrò il fatto in un altro modo; - i punti nei quali tutte le specie di un genere rassomigliano fra loro e pei quali esse differiscono dalle specie di qualche altro genere, diconsi caratteri generici; io attribuisco questi caratteri comuni all’eredità di un comune progenitore; perchè raramente può essere avvenuto che la elezione naturale abbia modificato in un modo identico alcune specie adatte ad abitudini più o meno differenti. E siccome questi così detti caratteri generici furono ereditati in un periodo assai lontano, cioè fino da quell’epoca in cui le specie si separarono per la prima volta dal loro comune progenitore, e conseguentemente quando esse non avevano ancora variato e non differivano menomamente o solo in un grado insensibile, non è probabile che esse comincino a variare oggidì. D’altra parte i punti, nei quali le specie differiscono da altre specie del medesimo genere, diconsi caratteri specifici; ed avendo questi caratteri variato fino a divenire differenti nel periodo di partenza delle specie dallo stipite comune, è probabile che essi siano spesso alquanto variabili; almeno più variabili di quelle parti dell’organismo che rimasero costanti per un periodo molto lungo.

I caratteri sessuali secondari sono variabili. Debbo fare solamente due altre osservazioni, in relazione al presente argomento. Si ammetterà, senza che io entri in dettagli, che i caratteri sessuali secondari sono molto variabili e credo che inoltre si accorderà che le specie di uno stesso gruppo differiscono fra loro più ampiamente ne’ loro caratteri sessuali secondari che nelle altre parti della loro organizzazione. Si confronti, per es., la somma delle differenze esistenti fra i maschi dei gallinacei, in cui i caratteri sessuali secondari sono molto spiegati, colla somma delle differenze che passano fra le femmine, e si riconoscerà la verità di questa proposizione. La cagione della variabilità originale dei caratteri sessuali secondari non è nota; ma noi possiamo comprendere per qual ragione questi caratteri non divennero costanti ed uniformi, come le altre parti dell’organizzazione. Ciò avvenne perchè i caratteri sessuali secondari furono accumulati dall’elezione sessuale, che è meno rigida nella sua azione della elezione ordinaria, mentre non cagiona la morte dei maschi men favoriti, ma soltanto diminuisce il numero dei discendenti. Qualunque sia la causa della variabilità dei caratteri sessuali secondari, l’elezione loro deve aver un largo campo d’azione per la loro grande variabilità, e può quindi prontamente produrre, nelle specie di uno stesso gruppo, un più grande insieme di differenze nei caratteri sessuali, che nelle altre parti della loro struttura.

È un fatto rimarchevole che le differenze sessuali secondarie fra i due sessi d’una stessa specie, si mostrano generalmente in quelle medesime parti dell’organizzazione, per le quali le varie specie del medesimo genere differiscono fra loro. Io chiarirò questo fatto con due esempi, i primi che s’incontrano nella mia lista; e siccome le differenze sono in questi casi di una natura molto strana, la relazione non può essere accidentale. Lo stesso numero di articolazioni nei tarsi è un carattere generalmente comune a molti vastissimi gruppi di coleotteri: ma nelle engidi, come osservava Westwood, questo numero varia assai e inoltre differisce nei due sessi della medesima specie. Così negl’imenotteri che scavano, il modo di innervazione delle ali è un carattere di altissima importanza, perchè uguale in molti gruppi; ma in certi generi l’innervazione differisce nelle varie specie, come pure nei due sessi della medesima specie. Lubbock ha notato recentemente che in alcuni piccoli crostacei si trovano eccellenti prove di questa legge. "Nella pontella, per es., i caratteri sessuali consistono principalmente nelle antenne anteriori, e nel quinto paio di gambe; le differenze specifiche sono altresì ricavate principalmente da questi organi". Questi rapporti trovano una facile spiegazione nella mia teoria. Infatti dalla ipotesi che tutte le specie di uno stesso genere sono certamente derivate dal medesimo progenitore, come i due sessi di ogni specie, ne segue che quando una parte qualsiasi della struttura del comune progenitore o de’ suoi primi discendenti divenga variabile, è molto probabile che le variazioni di questa parte siano state favorite dall’elezione naturale e sessuale, sia per adattare le diverse specie ai loro posti nell’economia della natura, e sia per disporre i due sessi di una medesima specie nei loro mutui rapporti, sia per accomodare i maschi e le femmine a differenti abitudini di vita, o infine per favorire la lotta dei maschi nel disputarsi il possesso delle femmine.

Perciò io concludo che la variabilità dei caratteri specifici, cioè di quelli che distinguono una specie dall’altra, maggiore di quella dei caratteri generici, ossia di quei caratteri che le specie presentano in comune; che la frequente variabilità estrema di una parte sviluppata straordinariamente, in una specie in confronto della parte stessa nelle specie congeneri e la poca variabilità di un organo qualunque, per quanto possa essere anormalmente sviluppato, quando sia comune a un intero gruppo di specie; che la grande variabilità dei caratteri sessuali secondari e il grande insieme di differenze in questi caratteri medesimi fra le specie strettamente affini; che le differenze sessuali secondarie, o specifiche ordinarie che s’incontrano generalmente nelle stesse parti dell’organizzazione, sono tutti principii insieme collegati scambievolmente. Questi principii sono dovuti segnatamente alle seguenti cause: alla discendenza di tutte le specie di uno stesso gruppo da un comune progenitore, dal quale ereditarono tutte insieme molte particolarità; alla circostanza che quelle parti, le quali variarono recentemente ed ampiamente, sono più disposte a variare di quelle che furono ereditate senza aver subìto da lungo tempo alcuna variazione; all’elezione naturale, la quale può avere soperchiato (più o meno completamente secondo la lunghezza del tempo) la tendenza alla riversione e ad una variabilità più forte; alla elezione sessuale meno severa della elezione ordinaria; e finalmente alle variazioni accumulate nelle stesse parti dalla elezione naturale e sessuale, rendendole così più adatte a scopi sessuali secondari e specifici ordinari.