Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo V/Le strutture multiple, rudimentali ed inferiori sono variabili
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Traduzione dall'inglese di Giovanni Canestrini (1864)
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Pare che sia una regola, come faceva osservare Isidoro Geoffroy Saint-Hilaire, nelle varietà e nelle specie, che quando una parte o un organo è ripetuto molte volte nella struttura del medesimo individuo (come le vertebre nei serpenti e gli stami nei fiori poliandri), il numero ne è variabile; per contro se la parte o l’organo trovasi in piccolo numero, questo numero è costante. Il medesimo autore e parecchi botanici hanno inoltre notato che le parti multiple sono anche molto soggette a variazioni di struttura. Come la "ripetizione vegetativa", secondo la espressione stessa del prof. Owen, pare un segno di inferiorità organica, l’osservazione precedente conviene coll’opinione generale dei naturalisti che gli esseri inferiori nella scala della natura sono più variabili degli esseri elevati. Io presumo che l’inferiorità in questo caso consista nell’essere alcune parti dell’organizzazione meno speciali per determinate funzioni; e finchè uno stesso organo deve compiere funzioni diverse, noi possiamo forse vedere quanto esso sia variabile, cioè come l’elezione naturale possa aver conservato e rigettato ogni piccola deviazione di forma meno completamente che quando la parte deve servire solamente a una funzione determinata. Nella stessa guisa un coltello destinato a tagliare varie sorta di oggetti può prendersi di qualsivoglia forma; mentre un utensile destinato ad un uso speciale serve meglio quando sia di una forma determinata. Nè devesi dimenticare che l’elezione naturale può agire su ciascuna parte di un essere soltanto in vantaggio del medesimo.
Le parti rudimentali presentano molta tendenza a variare, secondo l’opinione di alcuni autori, che io credo fondata. Noi ritorneremo in seguito su quest’argomento; solo aggiungerò che la loro variabilità sembra debba attribuirsi alla loro inutilità, e perciò all’impotenza dell’elezione naturale di impedire le deviazioni nella loro struttura.