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Tempesta e bonaccia/XXII

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«Quella lettera mi fece una profonda impressione. Lessi più e più volte quel periodo chiuso nella parentesi, e lo ripensai ancora ed ancora dopo aver piegata la lettera, e mi trovai di saperlo a mente.

«Mi nascondevo il volto tra le mani, e ad occhi chiusi vedevo Massimo dinanzi a me, e sentivo il suo bacio. O Dio! Non era vero ch’egli non fosse temibile per me. Ero d’una debolezza dinanzi a lui! Egli aveva l’energia che mancava a me; e quello sguardo d’aquila che penetra nell’anima. Con questo mi conosceva; con quella mi dominava.

«Se, quando io gli avevo detto in quella sera burrascosa: «Non vi amo più» egli fosse rimasto umiliato dalla mia parola, e l’avesse accettata, io mi sarei esaltata in quel capriccio, e vi avrei persistito, e quell’amore sarebbe finito come la simpatia per Giorgio. Max invece mi scrutò il cuore e vide che l’amore viveva, ma era sopraffatto soltanto da una [p. 125 modifica]fantasia bizzarra; ed, ardito ed energico, s’oppose alla mia fantasia, mi dimostrò il mio proprio inganno, e mi disse:

— «Sii sincera; non vedi che mi ami?» Ed io fui sincera, il capriccio svanì, l’amore rimase.

«Egli mi dominava coll’ascendente del suo grande ingegno e della sua anima leale; e non poteva non esser temibile. Dovevo fuggirlo. Dovevo fuggirlo.

«Codesto pensavo, poi ripensavo il suo bacio, poi guardavo la mia mano per vedere se fosse realmente la bella mano candida, o se gli preparasse una delusione. Dove poi? Quando? Io non ne sapevo nulla. Ma chi può dire da quanto tempo ha cominciato ad abbozzarsi nel nostro pensiero un errore prima che una circostanza futile, o una catastrofe, — uno zeffiro o una bufera, — lo spingano nella realtà dei fatti?

«Quella sera non ricevevo alcuno perchè dovevo fare i preparativi della partenza. Però quando si presentò la signora contralto colla quale avevo stretto amicizia, la mia cameriera credette dover fare un’eccezione in suo favore e la introdusse.

«Ebbi sempre il baco delle confidenze. Le mostrai la lettera. Era una donna franca e gioviale. Buona in realtà, onesta anche; ma senza raffinatezze. A lei, bacio più bacio meno, non era quello che disturbasse la digestione. In quella lettera non trovò che da ridere. E come ne rise! [p. 126 modifica]

«Quanto a me, l’ultimo pensiero che avrei potuto avere, sarebbe stato di ridere di quella lettera, e di un sentimento che mi dava l’impressione di tenermi sospesa per virtù d’incanto sul cratere di un vulcano. Però, appunto perchè a’ miei occhi tutto codesto era tanto serio e grave, che mi tormentava in una continua alternativa di aspirazioni e di terrori, di audacia e di rimorso, mi sentii consolata al vedere che quella giovane non lo considerava che come un gioco.

«Dunque io mi esageravo i miei torti, e Massimo pure si esagerava la gravità dei nostri rapporti; non c’era alcun male. Infatti non ero io onesta come prima, e degna della mano d’un uomo d’onore? Questo mi rasserenò e diede alle mie idee ed al mio giudizio un carattere meno severo.

«La contralto era milanese; ella doveva partire con me da Firenze per Torino, dov’era scritturata. Ma voleva fermarsi due giorni a Milano.

— «Si fermi anche lei» mi disse. «Che paure ha? È forse la prima volta che vede il signor Massimo? Se ha saputo rispettarla prima lo saprà ancora. E poi la ci ha da essere anche lei.

«Tolga Iddio ch’io voglia scaricare, colla viltà di Eva, la responsabilità di un mio errore sull’amica tentatrice. Ero libera ed in età di ragione e d’esperienza, e quel che feci lo feci perchè volli. [p. 127 modifica]

«Ma è un fatto che, una volta ch’ella ebbe messa la questione sotto un punto di vista falso, io non la presi più che da quel lato. «Essere o non essere Massimo capace di rispettarmi; — essere o non essere io ben risoluta di rimanere onesta.»

«E, poichè di codeste due cose ero certa, non pensai che il male ha tante gradazioni; che un fidanzato è oltraggiato non solo dall’ultima conseguenza dell’infedeltà, ma da qualunque dimostrazione d’amore prodigata ad un altro, fosse pur solo una stretta di mano; Una lettera... una gita misteriosa poi... ed un bacio! Santa pazienza!

«Tutto codesto non pensai, e spedii questo telegramma al babbo: «Pietro Zorra, via Roma, 10.

— «Vengo colla contralto. Resto Milano due giorni. Arriverò sabato.

«Fulvia

«Tre volte avevo scritto e riscritto «saluta Gualfardo» e tre volte il rimorso me lo avea fatto cancellare. Finii per contare le parole colla precisione d’un avaro, e persuadermi che era affatto impossibile raddoppiare il prezzo del telegramma per aggiungere quel saluto e quel nome. Dio m’è testimonio che l’avarizia non c’entrava, ed avrei dato fin l’ultimo soldo, per poter salutare Gualfardo colla coscienza tranquilla ed il cuore contento.