Trattato completo di agricoltura/Volume I/Coltivazione della vite/11

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Rinnovamento della vigna

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rinnovamento della vigna.

§ 520. Dopo 30 o 40 anni dall’impianto, a seconda del terreno e delle cure, la vigna incomincia a scemare di prodotto, sino a non compensare neppure le spese annuali di coltivazione. Pochi proprietari fanno questa osservazione, perchè il legname e la fatica è quasi tutto a carico del contadino, ma se dessi provassero a far bene i conti, è certo che molte viti cesserebbero di far cattiva mostra di sè, e di arrecare inutili fatiche al coltivatore, ed un’ombra dannosa al terreno. In Francia, dove la coltivazione della vite è meglio intesa, questi conti si fanno con esattezza.

Una vigna ben regolata e concimata opportunamente, alla quale venisse restituito quanto gli si vien levando coll’uva, [p. 506 modifica]sembra che non dovrebbe decadere, ed infatti la cosa deve essere così. Ciononostante, moltiplicandosi le radici ed estendendosi più che non porti la vigoría del gambo, accade che difficilmente le tenere barboline delle estremità possano mandare il nutrimento al ceppo; oppure avviene che dal ceppo, difficilmente le radici possano spingersi più lontano in cerca di nuovo nutrimento, e così in un modo o nell’altro la vite comincia a deperire. Perciò le prime a deperire sono quelle i cui gambi sono troppo numerosi e vicini fra di loro.

Talvolta la vigna resta ineguale per la morte di molti de’ suoi ceppi, ed in questo caso basta rimettervi buone barbatelle o meglio ancora propagginare i tralci vicini per mantenerla in buono stato. Ma anche questa cura non è utile che entro un certo numero di anni, dopo i quali, per le ragioni suindicate, la vigna diminuisce il suo prodotto.

Nelle vigne a filari molto distanti fra di loro, conviene passare ad un nuovo impianto a poca distanza degli esistenti (2m,50), oppure nel centro dello spazio interposto. Se invece il terreno è tutto a vigna, conviene prepararne un altro pezzo, cinque o sei anni avanti il possibile decadimento del primo, il quale si ridurrà, almeno per cinque anni, a diversa coltura, piuttosto profonda, per meglio mondarlo dalle radici e dalle erbe cattive.

Spesso la vigna va in decadenza a motivo d’avere il pedale od il ceppo così deformato, tortuoso, pieno di nodi, ferite e seccumi, che non lascia un libero accesso agli umori che vengono dalle radici. Questa è la causa della anticipata decadenza delle vigne, il cui gambo si alleva poco a poco, e singolarmente delle vigne a ceppata bassa. Quando si riconosce esser questa la cagione, si deve osservare diligentemente il pedale o la parte più bassa del gambo per lasciarvi qualche rigoglioso germoglio, il quale si alleverà a seconda del modo che si vuol educare la vigna; e quando questo germoglio dopo due o tre anni siasi reso vigoroso, si leverà con taglio ben netto la vite vecchia al di sopra di esso, ricoprendo immediatamente la ferita con sterco vaccino ed argilla. Questa operazione richiede un occhio esperto per non perdere frutto, e perchè la vigna entro un certo numero di anni venga totalmente rinnovata nel gambo.

Quando il terreno sia convertito interamente a vigna e specialmente a ceppata bassa, si può rinnovarla con poca spesa seguendo la pratica di rifondere o propagginare i tralci di una [p. 507 modifica]fila nella fila vicina, in modo che vadano ad occupare gli spazi intermedj fra gambo e gambo. Perciò abbisogna disporre una nuova fossa per propagginare la prima fila, la seconda si ripiega nella prima, la terza nella seconda e così via via. Tale operazione non deve comprendere tutta la vigna per non perdere il frutto di due anni, ma deve eseguirsi in un certo rapporto che mantenga costantemente la vigna in buon essere; così sarà ben fatto il propagginare un decimo della vigna per ogni anno, avanti che incominci a manifestarsi il decadimento. In questo modo la vigna può rimanere anche perpetuamente sullo stesso spazio di terra, rifondendola ora a destra ed ora a sinistra, perchè, come dissi, quando sia ben concimata non vi ha ragione che il terreno non possa alimentarla, ed i gambi rimettendo ogni 25 o 30 anni nuove radici, queste servono a tenerla costantemente vegeta.

Se noi avessimo accettata la teoria degli escrementi quale la vogliono molti, questo fatto non potrebbe sussistere, poichè le propaggini sarebbero obbligate a mettere le loro radici fra le radici della fila vecchia, e quindi entro una terra ripiena degli escrementi di questa, che viene essa pure propagginata nella fila seguente. Ma il fatto prova che queste vigne continuano a mantenersi vegete e produttive soltanto col far loro rimettere nuove radici.

Gli antichi, per ridestare la vegetazione nelle viti vecchie, aprivano la terra all’ingiro nel mese di novembre, vi spargevano dell’urina umana ben fermentata, e ricoprivano tosto. Io pure vi consiglio di fare lo stesso, purchè altre circostanze non si oppongano alla convenienza.

§ 521. Presso noi, e singolarmente nelle posizioni meno felici e nei terreni umidi, il gelo talvolta giunge a tanto da disorganizzare e disseccare i tralci e persino i gambi della vite. Perciò in molti paesi, nell’autunno dopo la vendemmia, havvi il costume di coprire in alto le viti con melegazzi o gramigne, o di abbassarle e ricoprirle presso terra, lasciandole così coperte durante tutto l’inverno sino alla primavera, finchè giunge il momento di disporle a frutto. A quest’usanza inutile e riprovevole sono assoggettate le vigne dei filari a ghirlanda ed a gabbiolo.

Il coprire le viti in alto, lasciandole in piedi, e raccogliendone i rami in fascio per agevolare l’operazione, non serve a ripararle dal freddo, e non fa altro che mantenervi l’umidità, le pioggie e le nevi; laddove se non fossero coperte, [p. 508 modifica]meglio asciugherebbero pel sole o pel vento; più presto rimarrebbero liberate dal peso delle nevi, e quindi meno facilmente gelerebbe l’umidità e l’acqua sui loro tralci.

Se vengono abbassate presso il suolo per ricoprirle con terra, zolle e stramaglia, per poi rialzarle in primavera, non solo non se ne trae alcun vantaggio ma si va incontro a sicurissimi danni. E prima di tutto, voi sapete che il freddo e le variazioni di temperatura sono più sensibili presso alla superficie del terreno, per cui talvolta soffrono le viti abbassate e non quelle rimaste in piedi. Inoltre l’azione di abbassare e di innalzare i gambi delle viti, singolarmente se sono grossi e robusti, quantunque si faccia con diligenza, produce la rottura di molti di essi e la vigna più presto divien zoppa e scadente. Se poi l’inverno, e più ancora il principio di primavera, sono piovosi e non troppo freddi, i tralci che toccano il suolo soffrono pel gelo e pel disgelo, o pel caldo umido. Costantemente poi si ha un ritardo in tutte le operazioni di primavera, e per conseguenza un motivo di più perchè siano mal fatte, quantunque le anzidette cose siano state eseguite a suo tempo. Ma che dovrebbe dirsi sull’effetto di questa operazione se generalmente si fa assai male? Nell’autunno i gambi vengono abbassati a viva forza, senza badare che i più grossi, essendo poco flessibili, scricchiolano e si fendono con facilità; abbassati si prendono qua e là alla rinfusa melegazzi, gramigne, sassi o zolle, e vi si gettano sopra senza ricoprirle interamente, come se l’unico scopo fosse di tenerli compressi contro terra; i tralci ordinariamente vagano scoperti sul terreno, come se dovessero soffrir meno il freddo del vecchio gambo; e le giovani viti, come se fossero dotate di calor giovanile, si lasciano impunemente scoperte. In primavera poi è un dalli dalli, si scoprono, si raddrizzano immediatamente senza dar loro tempo di rialzarsi un poco da sè stesse, e così si finisce a schiantare altro buon numero di gambi, che abbia per caso sofferto nell’essere abbassati, o che abbia qualche magagna nel legno. Così la vite maggiormente s’indebolisce e la vigna va presto in decadenza.