Trattato completo di agricoltura/Volume I/Propagazione/2

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Del semenzajo e del vivajo

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del semenzaio e del vivajo.

§ 292. È ben vero che tutte le piante seminate, e lasciate al loro posto continuamente, sono di maggior durata, purchè siavi tra loro una distanza conveniente alla estensione delle [p. 290 modifica]loro frondi. Ma siccome una tal distanza per la massima parte delle piante è tale che troppo spazio incolto rimarrebbe fra di esse, e che il lavoro e le cure da prestarsi loro dovrebbe comprendere una troppo estesa superficie, così si è pensato di seminare queste piante in uno spazio ristretto, perchè il terreno non andasse perduto, e perchè il lavoro e le cure, ristrette su minor spazio, fossero più facili e meno dispendiose.

A questi motivi aggiungasi che alcune piante seminate al posto, cioè nei boschi, nei campi, nelle vigne, ecc. andrebbero quasi per intiero perdute pel guasto degli animali e per le vicine coltivazioni che le soffocherebbero.

Lo spazio ristretto in cui vengono posti i semi delle piante dicesi semenzajo. Quivi le nuove pianticelle si lasciano un anno o due, a seconda del loro vigore, e poi si ripiantano dove hanno a restare in appresso, oppure si trapiantano in altro spazio, mantenendo tra loro una distanza maggiore di quella che avevano nel semenzajo. Lo spazio di terreno convertito a questo secondo scopo dicesi vivajo. Dal vivajo poi le piante rese più robuste si trapiantano in quel luogo ove devono rimanere stabilmente.

Il semenzajo ed il vivajo si usano specialmente per le piante da frutto, pel gelso e per la vite, per le piante forestali, non che per quelle d’ornamento e per alcuni ortaggi e fiori. Noi però non ci occuperemo che delle prime.

§ 293. Il semenzajo dev’essere in luogo riparato dai forti venti e specialmente da quelli del nord; non dev’essere troppo esposto al sole; il terreno deve avere almeno 0m,50 di profondità, piuttosto soffice onde le tenere radici possano stendersi facilmente, e possibilmente identico a quello che le piante devono occupare in seguito. Se il terreno fosse troppo sciolto, non sarà opportuno al semenzajo se non quando fosse possibile l’irrigazione. Quelli che tengono il semenzajo per vendere ad altri le piante, lo concimano abbondantemente perchè più presto crescano rigogliose, ingannando l’occhio dell’acquirente; ma il proprietario deve dare a questo terreno quel concime che appena basta a facilitare la prima vegetazione, e non di più, se non vuol vedere a riuscir male tutte le sue piante dopo d’averle collocate nel campo, non potendo esse colà trovarvi quella facile nutrizione che avevano nel semenzajo.

Il semenzajo sarà diviso in tante ajuole larghe 1m,50 circa, [p. 291 modifica]fra le quali vi sia un piccolo sentiero per dar passaggio al coltivatore senza schiacciare le piante. Il lavoro del terreno può essere fatto colla vanga o col badile ed anche coll’aratro, in modo però che il terreno resti soffice, come già si disse. Questo primo lavoro deve farsi costantemente quando la terra non sia nè troppo bagnata, nè troppo asciutta, ma mediocremente umida. Nei semenzai la semina ordinariamente si fa in linee per facilitare i lavori.

§ 294. Le cure principali che l’agricoltore deve avere pel semenzajo sono: il tener soffice il terreno, smuovendolo leggermente dopo le forti pioggie con istrumenti poco voluminosi, onde non ismuovere i semi recentemente germogliati; mantenere una certa umidità al terreno, secondo la natura della pianta, per mezzo anche dell’inaffiamento; procurare nei primi momenti di vegetazione un ombreggiamento artificiale, pure secondo la qualità della pianta, per mezzo di ripari o stuoje mobili, od anche di siepi vive, o di piante, poichè, come tutti sanno, i semi che cadono naturalmente dalle piante germogliano all’ombra della pianta madre o delle piante vicine. Finalmente il semenzajo dovrà tenersi sempre mondo da tutte le altre erbe che nuocerebbèro alla libera vegetazione della qualità seminata.

§ 295. Dopo un anno o due, le piante del semenzajo passano nel vivajo, ossia vengono trasportate in luogo, ove, poste a maggior distanza, possono rendersi bastantemente robuste da sopportare le intemperie, e da non temere l’aumento delle erbe. Il vivajo adunque è quel pezzo di terra ove, le tenere pianticelle del semenzajo vengono disposte in linee distanti fra loro in modo che possano raggiungere quello sviluppo che le rende atte a resistere a quelle condizioni atmosferiche e terrestri, che sarebbero di danno alle tenere piante tolte dal semenzajo. Quella distanza poi che si sarà stabilita fra linea e linea, servirà anche per quella tra pianticella e pianticella sulla linea istessa.

In generale le piante resinose abbisognano di maggior spazio delle altre, perchè si dilatano molto in basso, ed impediscono maggiormente l'accesso dell’aria. Ordinariamente nei vivai vengono poste troppo stipate, in modo che, se è un arbusto, non può metter frondi in basso, e se deve formare albero, il tronco resta esile, debole e troppo sensibile alle vicende atmosferiche, essendo cresciuto all’ombra delle altre piante. [p. 292 modifica]

§ 296. Quando si vogliano trasportare le pianticelle dal semenzajo s’incomincia col preparare nel vivajo tante fossette quante sono le linee che avremo divisato di fare; avvertendo che la larghezza, la profondità e la distanza di queste fossette devono essere in ragione della quantità delle radici che suol mettere una data pianta, e del tempo presumibile ch’essa deve rimanere nel vivajo.

Preparate queste fossette si passa a levare le pianticelle dal vivajo, praticando da qualche lato un solco profondo quanto possono essere profonde le loro radici; in seguito, scavando il terreno al di sotto, si staccano e si levano leggermente senza guastarle. Appena levata la pianticella deve ripulirsi onde essere posta nel vivajo al più presto possibile, giacchè molte piante, e specialmente le resinose, soffrono assai se restano per qualche tempo all’aria a disseccare.

Il ripulimento delle pianticelle consiste nel toglier loro, con ferro ben tagliente, quelle radici che fossero guaste da malattia, dagli insetti od anche dall’operazione del levarle dal semenzajo. Oltre a ciò devesi recidere il fittone o radice maestra a poco più che metà della sua lunghezza, perchè meglio s’arricchisca di radici laterali e meno soffra nel successivo trapiantamento, scopo che già ci siamo prefissi nell’ammucchiamento e germogliazione d’alcuni semi prima della semina (§ 279). Quella porzione di tronco che si sarà formata la si pulirà dai seccumi, dai rami guasti, e si manterrà unica o ramosa, a seconda della qualità della pianta.

In quanto al recidere parte del fittone non si tema di far danno nè alla durata nè alla forma della pianta; poichè sebbene qualunque taglio non sia vantaggioso, e siasi già detto (§ 5) che le radici ed i rami d’una pianta tendano a mantenere fra loro una certa relazione anche di forma, è chiaro che, dopo alcuni anni, questo fittone non potrà continuare ad approfondarsi verticalmente per mancanza di buona terra, o pel terreno sottoposto troppo duro e pietroso, o per la temperatura degli strati profondi del suolo, che essendo sempre minore, non riesce loro confacente. Infatti ben di rado vedesi una pianta, che abbia una quindicina d’anni, conservare un fittone verticale, per quanto cresca regolarmente e diritta di fusto; che anzi, levando artificialmente e per tempo questa porzione di fittone, si risparmia alla pianta la fatica di sostituirvi altre radici secondarie, nel momento che la porzione più vicina al tronco si è già indurita e quindi resa poco atta [p. 293 modifica]a mettere ulteriori diramazioni. Ripulito e tagliato il fittone alle pianticelle, si pongano subito nelle fossette del vivajo, ricolmandole di terra ben scorrevole, acciò tutte le tenere radici ne restino involte ed a contatto, comprimendo alquanto in seguito il terreno. Giova poi molto il poter conservare un poco di terra presso le radici minori, perchè in tal modo, oltre alla minor facilità di disseccarsi, le loro tenere estremità non subiscono violenza alcuna. A tal uopo non dovrebbersi mai levare le piante, nè dal semenzajo nè dal vivajo, se non quando la terra, essendo umida, possa meglio aderire alle radici; procurando anche, in mancanza d’umidità naturale, di supplirvi con una legger irrigazione. L’importanza di conservare e procacciare col taglio del fittone le radici più piccole, anzi le loro più estreme diramazioni, è spiegata dall’esser queste munite di quelle spugnette che servono all’assorbimento dei liquidi nutritivi (§ 5).

Quando le pianticelle del semenzajo, come anche quelle del vivajo, si dovessero spedire in luogo lontano, si avrà gran cura di mantenere la maggior quantità di terra presso le loro radici, oppure s’immergeranno in una poltiglia di sterco di vacca ed argilla che loro serva d’intonaco.

§ 297. Anche nel vivajo si avranno quelle cure che indicai pel semenzajo; cioè si manterrà la terra soffice e monda d’erbe inutili; e si comincerà a dare alle piante quella foggia che si vorrà che abbiano in seguito.

Il vivajo si deve fare in primavera, non troppo tardi per non incontrare le prime siccità dove non sia possibile l’irrigazione; scegliendo anche l’autunno, quando non si potesse disporre liberamente del terreno in principio di primavera pei geli o per le nevi, come avviene sugli alti monti.