Trattato completo di agricoltura/Volume I/Selvicoltura/8

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Fustaje sopracedue

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delle fustaje sopracedue.

§ 378. Diconsi fustaje sopracedue quei boschi che, essendo disposti a ceppata, contengono ciononpertanto un certo numero di piante o rami allevati d’alto fusto. Abbiamo infatti di già veduto, parlando de’ boschi cedui della pianura, che di tratto in tratto si lascia qualche bel ramo dritto, per lo più di quercia, che si educa d’alto fusto, mondandolo soltanto dai rami laterali, anche quando si taglia sul ceppo il rimanente del bosco. Al monte invece oltre alla quercia si usa allevare il frassino ed anche il faggio, il qual ultimo resiste pure a grandi altezze. Nella Svizzera si usa eziandio allevare in questi boschi il pero, il pomo ed il ciliegio; il noce ed il castagno che sarebbero tanto utili pel loro legname e pel loro frutto, non sono punto convenienti perchè stendono troppo la loro chioma; ed il pomo, crescendo piuttosto in larghezza che in altezza, nuoce parimenti alle vicine e sottoposte ceppate.

Le fustaje sopracedue sono utilissime pel loro prodotto in legname che si scalva ogni dato tempo, generalmente dai 6 anni ai 18, ed anche per quello che, crescendo d’alto fusto, [p. 358 modifica]serve alle costruzioni. Ciononpertanto, perchè quest’utile sia possibile, abbisogna mantenere una certa proporzione tra il numero delle ceppate e quello delle piante d’alto fusto, ossia tra la superficie occupata da queste piante diversamente educate. Questa proporzione è difficile a stabilirsi, dipendendo particolarmente dalla qualità delle essenze coltivate. Esse possono gettare maggiore o minore ombra, e quanto maggiore sarà l’ombreggiamento che producono le piante d’alto fusto, tanto minore dev’essere il loro numero. Così l’olmo, la quercia, il frassino, gli aceri, recano ai ceppi men danno del faggio, del tiglio e dell’abete, perchè ogni tanto tempo vengono loro levati i rami laterali; anche il larice ed il pioppo d’Italia fan poco danno, essendo assai scarsa l’ombra che portano. Inoltre, le piante allevate alte, per la loro stillazione, possono essere più o meno nocive alla qualità delle altre piante educate a ceppata; gli abeti ed i castagni per esempio, soffrono assai la stillazione. Nelle esposizioni di tramontana o settentrione, e nei terreni umidi o tenaci, se ne conserverà un minor numero che nelle esposizioni di mezzodì e nei terreni sciolti ed aridi. Sarà dunque necessario il diminuire le piante d’alto fusto quando vedasi che il soverchio loro numero sia di danno alle ceppate. In generale può dirsi che le piante d’alto fusto non devono occupare colla loro ombra più d’un quarto della superficie totale del bosco.

Queste regole però soffrono le loro eccezioni, a norma della ricerca commerciale, e dove il legname da costruzione, per l’alto suo prezzo, compensasse il danno che ne deriva alle ceppate.

In qualunque modo il bosco ceduo suppone che non siavi servitù di pascolo, che altrimenti, dopo la tagliata, le tenere cacciate verrebbero distrutte mano mano che si mostrassero.

Non sempre poi sta in potere del coltivatore il formare un bosco ceduo, piuttosto che una fustaja sopracedua, od una pura fustaja. Al piano, e dove non siavi il peso del vago pascolo, potrà attenersi a quella qualità di bosco che meglio conviene, perchè il clima generalmente è temperato, il terreno piuttosto profondo ed i lavori assai facili. Ma al monte la qualità del bosco è indicata dal clima, dall’esservi o no la servitù di pascolo, e dalla maggiore o minore profondità di terreno. Sull’alto de’ monti, per esempio, non si potrà coltivare che il frassino, il faggio, e le piante resinose; ma le piante resinose (abeti, larici e pini) non si potranno allevare [p. 359 modifica]che a fustaja, laddove il faggio ed il frassino, si potranno educare a ceppata. Se però il terreno fosse poco profondo, allora anche l’alta fustaja non sarà conveniente, perchè non allignerà bene e non darà che piante stentate e tortuose. In tal caso dovremo appigliarci al frassino ed al faggio, all’ontano verde, alla betula, al lazzeruolo, ecc. se il clima lo permette; oppure a quelle piante resinose che possono ridursi anche a ceppata, qual’è il ginepro, il tasso, l’elce acquifoglio e le ginestre, o tutt’al più al mugo, od allo zimbro. Il pezzo talvolta riesce bene anche in terreno poco profondo: ma quando questa profondità è minore di 0m,30 o 0m,60 non si potrà allevare che un bosco ceduo, od alcuni arboscelli.

§ 379. Per le piante dolci, salice e pioppo, non è conveniente la semina, e siccome ordinariamente si fanno in luoghi umidi, paludosi o sabbiosi, i quali di solito sono profondi, si usa propagarle per piantoni, riducendo a capitozza alta o bassa i salici, e lasciando intatti quelli di pioppo, anche quando non si voglia allevarli d’alto fusto: poichè se venissero recisi di subito, potrebbe accadere che non mandassero i rami in alto ma a metà del tronco od al basso, morendone la porzione superiore. Nel terzo o quarto anno, quando si scalvano per la prima volta i salici, si troncano anche i piantoni di pioppo che si vogliono ridurre a capitozza, avvertendo però di reciderli presso a qualche virgulto laterale che si conserva.

La sola precauzione che si deve avere nell’impianto è quella di mondare la terra dai rovi o dagli spini che vi esistessero. Allora, fatti i fori abbastanza larghi nel terreno col mezzo di un palo di ferro, si approfondano i piantoni aguzzati al piede, senza maltrattarne la corteccia, e vi si comprime attorno la terra. Nei terreni sabbiosi o ghiajosi, è bene introdurre nel vuoto che resta fra la terra ed i piantoni un poco di buona terra onde si conservi dippiù l’umidità e prendano più facilmente.

Per la piantagione di ontano, che non può farsi che per barbatelle, bisogna regolarsi come per le piantagioni delle altre piante, per mezzo di fosse regolari, o di buche o formelle.