Utente:Littoria/Sandbox

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Ritenuto in fatto[modifica]

La Corte, ecc. (omissis)

Ritenuto in diritto[modifica]

Attesoché l'eccepita inammissibilità non si presenta fondata in ragione, tanto se si esamina in relazione alla legge del 31 marzo 1877 sui conflitti di attribuzione, quanto se si prende ad esaminare in relazione alle leggi 2 giugno 1889 sul Consiglio di Stato e 1° maggio 1890 sulla giustizia amministrativa.
Con la legge del 31 marzo 1877, emanata a compimento del sistema iniziato fin dal 1865 con la soppressione dei tribunali speciali investiti del contenzioso amministrativo, venne tolta al Consiglio di Stato la facoltà, che già aveva, di pronunziare definitivamente sui conflitti fra l'autorità amministrativa e la giudiziaria, perché si era riconosciuto che quel supremo Collegio amministrativo aveva minore idoneità della suprema autorità giudiziaria a conoscere delle controversie sui limiti delle giurisdizioni e sulla competenza, le quali nella maggior parte dei casi reclamano l'applicazione di criteri strettamente giuridici; e fu appunto per questa ragione che l'anzidetta facoltà rimase dalla legge medesima attribuita alla Corte di cassazione sedente in Roma, la quale venne così costituita come unica autorità competente a conoscere dei limiti di ciascuna giurisdizione, e a definire i conflitti di ogni specie, compresi quelli riguardanti i limiti delle attribuzioni fra l'autorità giudiziaria e l'autorità amministrativa.
In relazione a quest'ultima specie di conflitti di attribuzioni, la succitata legge del 31 marzo 1877 ha naturalmente configurato e dovuto configurare due casi tra loro ben distinti, onde fornire a ciascuna delle due autorità, giudiziaria e amministrativa, i mezzi di tutelare la propria indipendenza, e mantenere inalterati i confini che segnano il limite delle rispettive attribuzioni: il caso cioè delle invasioni per parte dell'autorità giudiziaria nel campo riservato all'autorità amministrativa, e il caso affatto opposto delle usurpazioni dell'autorità amministrativa nel campo esclusivamente riservato all'autorità giudiziaria.
Il primo dei due casi surriferiti si trova regolato dalle disposizioni degli articoli primo, secondo e quinto della legge 31 marzo 1877, colle quali è stato concesso alla autorità amministrativa, come mezzo di difesa delle sue attribuzioni, il vero privilegio di elevare conflitto di attribuzioni e proporre la questione di competenza anche quando non è parte in causa.
Il secondo poi dei due casi antedetti è contemplato unicamente dalla disposizione contenuta nel numero tre dell'art. 3 della legge più volte citata, ove il legislatore ha conferito alla Cassazione sedente in Roma la facoltà di giudicare non solo dei conflitti di giurisdizione positivi o negativi fra i tribunali ordinari e le altre giurisdizioni speciali esistenti nel Regno, ma anche della nullità delle sentenze di queste giurisdizioni speciali per incompetenza od eccesso di potere.
L'annullamento pertanto per ragioni d'incompetenza o eccesso di potere di qualunque sentenza o pronunzia delle altre giurisdizioni distinte dall'ordine giudiziario costituisce l'unico mezzo e l'unica arma di difesa che la legge riconosca e consenta all'autorità giudiziaria per impdire qualunque usurpazione delle attribuzioni a lei esclusivamente affidate.
E se questa è la vera portata della succitata disposizione del numero terzo dell'art. 3 della legge in esame, ognuno agevolmente comprende che la disposizioni medesima può essere applicata anche a riguardo delle decisioni della IV sezione del Consiglio di Stato, quando con queste rimanesse offeso un qualche diritto civile o politico, e venisse così in qualche modo invaso il campo riservato all'autorità giudiziaria.
Per sfuggire a questa conclusione si è preteso negare che le attribuzioni affidate alla IV Sezione del Consiglio di Stato dalle nuove leggi 2 giugno 1889 e 1° maggio 1890 costituiscano una vera giurisdizione, e si è poi, in ogni ipotesi, impugnato che tal giurisdizione possa avere il carattere di speciale dirimpetto a quella esclusivamente attribuita all'autorità giudiziaria.
Infatti sotto questo secondo aspetto si è osservato che le attribuzioni date dalle anzidette nuove leggi alla IV Sezione fanno assumere alla sua giurisdizione il carattere di generale ed ordinaria al pari di quella dell'autorità giudiziaria, perché le giurisdizioni speciali di cui parla l'art. 3 della legge 31 marzo 1877 sono quelle costituite a lato dei tribunali ordinari per conoscere di una serie speciale di questioni, le quali di loro natura farebbero parte del contenzioso giudiziario e troverebbero il loro giudice nell'autorità giudiziaria comune, se considerazioni di interesse pubblico non avessero consigliato di sottrarle a questa ed affidarle alla cognizione dei giudici o collegi distinti dall'ordine giudiziario: mentre la suindicata nuova giurisdizione della IV Sezione è stata costituita nel seno stesso dell'Amministrazione, mediante l'attribuzione di una massa di funzioni amministrative, per le quali si è creduto conveniente, a tutela di semplici interessi, introdurvi le maggiori garanzie di una istruzione nel contraddittorio degli interessati, di una pubblica discussione e di un giudizio collegiale.
Ma questi assunti dei difensori del Comune di Taranto sono evidentemente errati, perché l'art. 3 della legge 31 marzo 1877 sotto la denominazione dei tribunali ordinari, usata pure nell'art. 2 della legge 20 marzo 1865 alleg. E, ha inteso designare l'intero ordine giudiziario, e con le parole «e altre giurisdizioni speciali» ha voluto indicare qualunque altra specie di giurisdizione posta ai lati di quella giudiziaria.
Una di tali giurisdizioni è indubbiamente quella della quale oggi è investita la IV Sezione del Consiglio di Stato, perché, qualunque cosa fosse detta nei lavori preparatori della legge 2 giugno 1889, dopo la promulgazione dell'altra legge 1° maggio 1890 n. 6837, la quale in molti suoi articoli usa la parola giurisdizione, non può essere seriamente impugnato che anche la detta IV Sezione sia investita di una vera e propria giurisdizione, tuttavoltaché è chiamata a pronunciare giudizi, a risolvere formali contenziosi, e a dire ciò che è legittimo e giusto in ordine alle materie riservate alla sua cognizione.
E questa giurisdizione merita anche essa davvero l'epiteto di speciale a fronte di quella generale assegnata ai tribunali ordinari.
Una giurisdizione speciale l'aveva il Consiglio di Stato anche prima della legge 31 marzo 1877 e una parte di quell'antica giurisdizione l'ha conservata sempre, siccome è dimostrato dai numeri 1 e 2 dell'art. 25 della legge 2 giugno 1889.
E' verissimo che lentamente camminando sulla via del progresso si è infine riconosciuto legittimo il desiderio di chi voleva che anche gli affari di pura amministrazione non fossero lasciati in balia dei funzionari amministrativi senza alcuna garanzia di forme e di difesa di privati interessi; e sviluppando un alto concetto amministrativo manifestato fin dall'anno 1873, si è giunti a costituire con le leggi 2 giugno 1889 e 1° maggio 1890 quella che si chiama giustizia amministrativa, in grazia della quale molte funzioni del potere amministrativo, che toccano l'interesse privato, hanno oggi ottenuto il benefizio di efficaci guarentigie di procedimento e di giudizio, ed hanno concorso ad operare un largo ampliamento della giurisdizione speciale conservata al Supremo Collegio amministrativo dello Stato.
Non è peraltro conforme a verità che in grazia delle nuove materie attribuite alla cognizione della Quarta Sezione del Consiglio di Stato sia rimasta denaturata l'antica giurisdizione contenziosa di quel Supremo Collegio, ed abbia quasi assunto il carattere di generale ed ordinaria in grado perfettamente uguale a quello dell'autorità giudiziaria.
Siffatta trasformazione non ha potuto avvenire in grazia della sola circostanza che le nuove materie per le quali si sono reputate necessarie le forme di un giudizio pubblico sono state sottratte al segreto di gabinetto e non hanno mai appartenuto alla competenza dell'autorità giudiziaria; imperocché simile circostanza non esclude che le suddette materie siano entrate a far parte di una giurisdizione contenziosa distinta, che già esisteva col carattere di speciale di fronte a quella dell'autorità giudiziaria, e precisamente di una giurisdizione che si esplica e si svolge al lato e spesso a contatto di quella che, secondo il diritto pubblico italiano, è la sola che abbia il carattere di generale e ordinaria.
La verità vera pertanto quella è, che il carattere di speciale nella giurisdizione attribuita alla IV Sezione del Consiglio di Stato, oltre ad esere dimostrata da' suoi precedenti storici, è in lei confermato dall'indole di quel Supremo corpo amministrativo del quale la detta Sezione fa parte, dalla natura delle materie che ne formano l'oggetto e sono per lo meno affini a quelle riservate all'autorità giudiziaria, e per ultimo dal fine a cui tende la detta speciale giurisdizione, che è quello di garantire anche nella funzione amministrativa l'esatta osservanza della legge e con essa la giusta difesa dell'interesse privato che si trova in contrasto con l'interesse pubblico.
Tutti questi concetti non sono minimamente contraddetti dalle disposizioni delle leggi 2 giugno 1889 e 1° maggio 1890 e trovano anzi una piena conferma nelle disposizioni medesime.
Infatti trovano conferma nella disposizione dell'art. 24 della legge 2 giugno 1889, perché mediante tale disposizione, nel tempo che si è costituita la IV Sezione a foggia di Cassazione, attribuendo a lei la facoltà di conoscere dei ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro gli atti e provvedimenti dell'autorità amministrativa, si è avuto cura di escludere esplicitamente da tale facoltà tutti i ricorsi che siano di competenza dell'autorità giudiziaria.
Trovano conferma nella disposizione del successivo art. 25 della stessa legge, perchè tale disposizione nei suoi nove numeri specifica tassativamente le materie rispetto alle quali la IV Sezione può decidere pronunziando anche in merito.
Trovano conferma nella disposizione dell'art. 40 della legge antedetta, perchè con tale disposizione, dopo aver sancito che l'incompetenza per ragion di materia può essere elevata in qualunque stadio della causa ed anche d'ufficio, si dichiara espressamente che nulla è innovato alla legge 31 marzo 1877 n. 3761, e con tal dichiarazione si esprime in sostanza che s'intendeva mantenere integra la competenza speciale attribuita alla w:Cassazione di Roma col n. 3 dell'art. 3 di quella legge.
Trovano conferma nelle disposizioni del susseguente art. 41, col quale si stabilisce che, sollevata dalla parte o d'ufficio la incompetenza dell'autorità amministrativa, la IV Sezione deve sospendere ogni ulteriore decisione e rinviare gli atti alla Corte di cassazione, poichè con tale disposizione tanto poco si è inteso sottrarre la IV Sezione al sindacato dell'unica magistratura competente a decidere sui conflitti di attribuzione che si è tolta alla stessa IV Sezione la facoltà connaturale ad ogni giudice di conoscere dei limiti della propria giurisdizione e di affermare o negare la propria competenza.
E trovano conferma per ultimo nel disposto dell'art. 19 della legge 1° maggio 1890, ove fu stabilito che contro le decisioni delle Giunte Provinciali amministrative si può ricorrere alla Sezione IV del Consiglio di Stato per motivi d'incompetenza e di eccesso di potere non compresi nella legge del 31 marzo 1877 n. 3761, poiché tal disposizione concorre a dimostrare che è proprio vero che il legislatore degli anni 1889 e 1890 si è dato cura di ripetere in tutti i toni che con le nuove leggi non aveva inteso di ritogliere alla Corte di Cassazione sedente in Roma neppure un briciolo di quel potere supremo che aveva a lei attribuito con la legge 31 marzo 1877 per la risoluzione dei conflitti tanto di giurisdizione che di attribuzione.
I difensori del municipio di Taranto hanno creduto di poter sostenere che l'eccesso di potere contemplato dall'art. 3 n. 3 della legge 31 marzo 1877 è qualche cosa di diverso da quell'eccesso di potere di cui è parola nell'art. 24 della legge 2 giugno 1889, perché il primo rappreenta la forma più radicale, più grave e più assoluta della stessa incompetenza, ossia la mancanza di ogni giurisdizione, mentre il secondo comprende in sè qualunque fuorviamento ed abuso della giurisdizione di cui si è realmente investiti. E innestando quindi questo concetto fondamentale alle disposizioni degli art. 40 e 41 della legge 2 giugno 1889 che regolano il giudizio sulla questione di competenza, quando questa sia stata sollevata prima della pronuncia dell'autorità amministrativa, sono venuti a conchiudere che, allo scopo di conservare alla IV Sezione del Consiglio di Stato la qualità di Suprema Magistratura amministrativa, e alle sue decisioni il carattere di pronunzie definitive a loro attribuito espressamente dall'art. 38 della stessa legge 2 giugno 1889, conviene ritenere che il motivo dell'eccesso di potere di che nell'art. 3 della legge 31 marzo 1877 rimanga assorbito dal giudizio preventivo di competenza, quando questo abbia avuto luogo a norma degli art. 40 e 41 e non possa essere altrimenti proposto dopo la pronunzia della IV Sezione, abbia o no avuto luogo il giudizio preventivo antedetto.
Anche quest'assunto però non può essere da questa Corte assecondato, perché, dato pure per vero che l'eccesso di potere contemplato dalla legge sui conflitti di attribuzione rappresenti la forma più radicale e spiccata dell'assoluto difetto di competenza, sarà sempre innegabile che lo straripamento e l'uscita dai limiti delle proprie attribuzioni può compiersi soltanto col provvedimento dell'autorità amministrativa, si chiami questo decreto, ordinanza, decisione o sentenza; e conseguentemente, il motivo dell'eccesso di potere può sussistere e rivelarsi unicamente dopo la emanazione del provvedimento anzidetto.
E ciò necessariamente avviene tanto se l'eccezione di incompetenza non è stata mai sollevata, quanto se ha avuto luogo il giudizio preventivo sulla competenza.
Questa sola circostanza serve adunque a far comprendere che il motivo dell'eccesso di potere potendo sorgere anche dopo il giudizio preventivo sulla competenza, non è mai assorbito da questa, e può essere fatto valere ancorché quel giudizio non abbia avuto luogo, imperciocché, se così non fosse, si verrebbe a riconoscere alla IV Sezione del Consiglio di Stato la facoltà di sovrapporsi ed imporsi a tutto l'ordine giudiziario, e si spezzerebbe in mano alla suprema magistratura giudiziaria incaricata di mantenere incolumi i limiti delle rispettive giurisdizioni e attribuzioni l'unica arma che la legge le ha dato per difendere la giurisdizione dell'ordine giudiziario dalle possibili invasioni dell'autorità amministrativa.
Il ricorso proposto dalla Società per le opere pubbliche del Mezzogiorno d'Italia per il motivo dell'eccesso di potere deve essere dichiarato pertanto ammissibile.
Atteso, in ordine al merito del detto ricorso,che per effetto delle sentenze profferite dalla Corte di appello di Trani il 24-28 febbraio e dalla Corte di Cassazione di Napoli il 9-30 dicembre 1890, è cosa oggi irrevocabilmente giudicata nei rapporti delle due parti contendenti che deve essere proceduto al finale collaudo della conduttura e distribuzione dell'acqua potabile nella città, borghi, ed arsenale di Taranto a norma della legge e dei regolamenti vigenti sulle opere pubbliche, imperciocché è purtroppo vero in fatto che con un capo di conclusione aggiunto in postilla la difesa del Municipio dedusse che non era ancora avvenuta la formale collaudazione dell'acquedotto; venne quindi dalle parti disputato se dovesse o no procedersi a detta finale collaudazione a forma delle disposizioni degli art. 362 e 363 della legge sulle opere pubbliche, affermandolo il Municipio e negandolo la Società; in risoluzione appunto di questa questione, la Corte di Appello, dopo aver considerato che per spese eccedenti la somma di lire 6000 non si può prescindere dall'atto formale di collaudazione a mente degli art. 362 e 363 della legge sulle opere pubbliche, dispose che in un termine di giorni sessanta fosse proceduto al detto atto formale di collaudazione nei modi prescritti dalla legge e dai regolamenti in vigore sulle opere pubbliche: e il ricorso proposto dalla Società contro questa pronunzia, da lei accusata di avere erroneamente interpetato la legge e regolamenti surricordati, venne dalla Cassazione di Napoli respinto, dopo aver osservato nella sua parte razionale che le lamentate violazioni di legge non sussistevano, perché non puossi dubitare che la legge sulle opere pubbliche e il relativo regolamento sono applicabili così ai lavori pubblici ad uso e servizio dello Stato, e da questo eseguiti, che ai lavori a servizio pubblico compiuti dalle provincie e dai Comuni, perché tanto si ritrae dalla ragione e dalla lettera di diverse disposizioni della legge stessa.
Attesoché la ricorrente Società accusa la denunciata decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato di avere commesso un eccesso di potere e violato l'art. 4 della legge 20 marzo 1865 pel contenzioso amministrativo, perché la decisione medesima non ha rispettato la cosa giudicata risultante dalle sentenze di Trani e di Napoli, in ordine all'applicazione all'acquedotto Tarantino delle disposizioni egli art. 362 e 363 della legge sulle opere pubbliche 20 marzo 1865 alleg. F; e senza negare l'esistenza della cosa giudicata rispetto alla legge regolatrice del collaudo dell'opera surricordata, ha ritenuto di non essere minimamente vincolata dalla detta cosa giudicata e di essere sempre investita di giurisdizione propria ed indipendente sul punto delle forme da osservarsi nella nomina del collaudatore di cui si tratta.
Attesoché sta in fatto che la denunciata decisione ha ritenuto di non essere obbligata ad uniformarsi al giudicato resultante dalle sentenze di Trani e di Napoli: ma è pur conforme a verità che essa è venuta a questa conclusione al seguito di apprezzamenti che rientravano naturalmente nell'orbita delle sue ordinarie attribuzioni.
Infatti con un primo apprezzamento ha rilevato che la reclamante Società avendo inoltrato il suo ricorso prima di conoscere l'esito del giudizio di cassazione, non aveva punto fatto valere le due sentenze di Trani e di Napoli onde ottenere l'adempimento della obbligazione dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato resultante dalle sentenze antedette; ma aveva invece eccitato la giurisdizione della IV Sezione in base al disposto dell'art. 24 della legge 2 giugno 1889


Testo tratto da IL FORO ITALIANO - Anno 1893 - Volume XVIII - Parte I - c. 410 ss.