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Versi di Luigi Plet/Nell'occasione dell'apertura del ponte sulla laguna

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Nell'occasione dell'apertura del ponte sulla laguna

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Luigi Plet - Versi (1857)
Nell'occasione dell'apertura del ponte sulla laguna
Sonetto alle stesse Ad un sacro oratore per un suo sermone sopra la Trinità
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NELL’OCCASIONE


DELL’APERTURA


DEL PONTE SULLA LAGUNA


DI VENEZIA


l’11 gennaio 1846.

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ODE.


Le più ricche e mirabili
     Di tante moli eccelse,
     Splendore di quest’intime
     Isole dove scelse
     5Tranquillo albergo e talamo
     La donna un tempo de l’adriaco mar,

Ergonsi ov’ella i margini
     Dispiega al mar rimpetto;
     Chè solo a lui le grazie
     10Scoprìa del raro aspetto
     Quando, fedele e provida,
     Ogn’altro amplesso avvezza era a sdegnar.

Solo a lui che, sollecito
     D’ogni maggior suo vanto,
     15Volto le avea la povera
     Gonna in regale ammanto
     E l’umile ricovero
     Nel solio ond’ella a reggere insegnò.

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Sì come tutta giubilo,
     20Dinanzi a lui s’adorna
     La fidanzata vergine
     Quando l'amante torna,
     Ed i monili e l’indiche
     Gemme sfoggia che in dono ei le recò;

25Tal, poi che de le Cicladi,
     De l’Attica, di Tiro,
     Le spoglie inestimabili
     Le arene sue copriro,
     E qui d’Acri e Bisanzio
     30Le maraviglie congregarsi udì,

Vie più allargando i limiti
     De la sua cella algosa,
     Di contro al mar Venezia
     Si rassettò da sposa,
     35E la fulgente clamide
     Che porto esso le avea balda vestì.

Quando di merci estranie
     E prezïose gravi,
     Rediano e avvicendavansi
     40Le sue tremila navi,
     E l'ale infaticabili
     Battea per ogni lido il suo Leon,

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Presta o il pirata a sperdere,
     Od a raccorre il freno
     45Sopra il vassallo indocile,
     O a rompere or l’elleno,
     Or l’ottomano, or l’invida
     Sua rivale de l’armi al paragon,

Di quivi lo spettacolo
     50Sublime contemplava;
     Quivi ella il suo magnifico
     Ducal palagio alzava
     E quell’unico tempio
     Che d’adorar impone il Re dei re:

55Là il foro ornato ed ampio
     A cui null’altro opporre
     Sa lo straniero attonito:
     Là quella salda torre
     Che contro nove secoli
     60A rendersi più salda combattè.

Ma come, per accorrere
     A breve e matta festa,
     L’avito serto, fatua,
     Levossi ella di testa,
     65E osò dal trono scendere
     Per mescersi coi mimi a carolar,

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Spoglia ed irrisa piangere
     Fu vista ove pur ora
     De l’onde a specchio assidersi
     70Solea già da signora;
     E il fallo inescusabile,
     Delusa, troppo tardi, meditar.

Però, di quell’incendio
     Strano ch’Europa avvolse,
     75Il lugubre riverbero
     Su l’egro volto accolse
     Mutola, finchè un’iride
     Apparve a rinfrancarle il dubbio cor.

Di sorte così nobile,
     80Onesta e tanto bella,
     In corte ella d’un Cesare,
     Come che solo ancella,
     Pure dovea risplendere
     E riputarsi fortunata ancor.

85Da che l’immortal arbore
     Nessuno appressar tenta
     Le frondi ambite a svellerne
     Con man sanguinolenta,
     Serbate a chi ne l’utili
     90E a chi ne le leggiadre arti più val.

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Venezia, un tempo ospizio,
     Anzi felice regno
     Di tutte l’arti profughe,
     Nudrice ad ogn’ingegno,
     95Risentesi, e, con animo
     Quasi a la sua primiera forza egual,

Adorna, apre, consolida
     Templi, palagi, vie;
     Straniere grazie aggiugnere
     100S’affretta a le natìe;
     E rivendica il titolo
     D’operosa, fiorente, alma città.

E mentre, per munifico
     Voler di Lui che stende
     105Sovr’essa mite imperio,
     A ristorar si attende
     Le sue più antiche e celebri
     Opere da le ingiurie de l’età;

S’impone legge a l’impeto
     110Del flutto che si alterna,
     Onde l’arena instabile
     Ch’ei come vuol governa
     Sgombri ’l temuto valico
     E v’affidi nel suo corso il nocchier;

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115Al suol negato volgesi
     Con disïosa fronte;
     Su le lagune edifica
     Ardimentoso ponte;
     Lo schiude, e de le insolite
     120Ruote ode il rombo e il volo ama veder.

E in quel che pensa i tramiti
     Ferrati in brevi lustri
     Aver a nuovi traffichi
     Scosso le menti industri,
     125Affratellato popoli
     Che fiumi, monti e piani ampii partir,

D’altri ornamenti abbellasi
     Anche a la terra in faccia;
     Alti disegni medita;
     130Ignote vie rintraccia;
     Leva la speme, e accelera
     Co’ fervidi presagi l’avvenir.