Viaggio in Dalmazia/Del Contado di Sibenico, o Sebenico/9. Di Tribohùn, Vodizze, Parvich, Zlarine, e Zuri

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9. Di Tribohùn, Vodizze, Parvich, Zlarine, e Zuri

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9. Di Tribohùn, Vodizze, Parvich, Zlarine, e Zuri
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§. 9. Di TribohùnFonte/commento: Pagina:Viaggio in Dalmazia.djvu/215, Vodizze, Parvich, Zlarine, e Zuri.

Uscendo dallo stretto di Morter il primo luogo abitato, che s’incontra lungo le coste del Continente, è TribohùnFonte/commento: Pagina:Viaggio in Dalmazia.djvu/215, o Trebocconi, Villaggio isolato, brutto, e meschino, circondato di mura, e congiunto con un ponte di pietra al litorale. Vi nacque sul finire del secolo passato Pappizza, Contadino improvvisatore, che lasciò fama di se anche dopo la morte, per le molte Poesie, che usava di cantare accompagnandosi colla Guzla. Niente ò potuto trovare di scritto de’ costui versi.

La Villa di Vodizze, che poco più d’un miglio è lontana da TribohùnFonte/commento: Pagina:Viaggio in Dalmazia.djvu/215, à tratto il nome dalla grande [p. 168 modifica]abbondanza d’acqua che vi si trova, poichè Voda, in tutti i Dialetti Slavonici significa acqua. Non si può dire però che Vodizze abbondi di fontane; vi è un fiume sotterraneo più picciolo, e meno sprofondato di quello de’ pozzi di Modana, ma della stessa natura. Egli scorre fra strato, e strato de’ marmi litorali, e ne’ tempi delle alte maree non somministra molto sana bevanda. In qualunque luogo si voglia scavare un pozzo, senza grande spesa vi si trova alla medesima profondità l’acqua desiderata. L’aspetto del popolo radunato nella Chiesa, non mi parve annunziare ricchezza. Il suolo però di Vodizze, per quanto ne potei vedere all’intorno delle abitazioni, non è indocile; e’l pendio del lido vi è dolce, nè si va alzando se non quanto fa d’uopo per mettere le terre al coperto dagl’insulti de’ flutti. Parecchie Isole, e scoglietti ben coltivati fanno a questo Villaggio una deliziosisima prospettiva. Uno de’ di lui considerabili prodotti, come anche di TribohùnFonte/commento: Pagina:Viaggio in Dalmazia.djvu/215 sono le Marasche pell’uso delle fabbriche de’ Rosolj di Zara, e di Sibenico.

Parvich, Zlarin, e Zuri sono le più popolate, e riguardevoli Isole della giurisdizione Sibenzana, e quelle che danno al mare un gran numero di Pescatori, come al terreno infaticabili braccia coltivatrici d’eccellenti uve, e d’ottime ulive. Quaranta reti da tratta escono un anno per l’altro dai porti di quest’Isole, e colla preda abbondante rendono la vita meno spiacevole a un gran numero di famiglie. Così piacesse al Cielo, che venissero a far capo nel Porto di Venezia gl’incettatori delle Sardelle, de’ Gavoni, degli Sgomberi, e de’ Cefali messi in sale! Noi potremmo escludere una gran parte di quel puzzolente, e insalubre pesce, cui dal principio di questo secolo in sempre maggior copia ci portano gli Olandesi, e che av[p. 169 modifica]velena le povere mense de’ nostri contadini. Io mi fermai su d’una di queste Isole per molti giorni; e la speranza di poter giovare alla mia Nazione mi vi occupò di quest’oggetto assai più, che delle curiosità Naturali, onde il vicino mare puot’essere fecondo. Io non vi tratterrò su questo proposito, i di cui dettagli sono più fatti per interessare le viste Economico-politiche del Governo, che de’ Dotti forestieri.

Tutte e tre queste Isole furono abitate dagli antichi Romani; e in ciascuna di esse trovaronsi monumenti di quella Nazione inondatrice di tutto il mondo allora cognito. A Zlarin fu disotterrato nel XVI secolo il marmo sepolcrale d’una Donna chiamata Pansiana, e che vi portava il titolo di Regina. I Dotti d’allora, che numerosi erano nella vicina Città, cercarono inutilmente da qual paese potess’essere venuta a lasciar l’ossa in quell’Isola una tal Signora; e non trovandone vestigio nelle Storie, con molta probabilità congetturarono, che si trattasse di qualche Regina Barbara, relegatavi dopo d’aver servito d’ornamento al trionfo del suo vincitore. Io non ò potuto ridissotterrare questa Iscrizione, nè trovarne traccia veruna oltre a quelle, che me ne diedero le memorie ms. di que’ tempi.

Parvich, è di picciolo circuito, ma d’altrettanto pregevole fertilità. Tutti i prodotti vi riescono perfettamente; dico i prodotti, de’ quali quel terreno poco profondo è suscettibile: vale a dire il vino, l’oglio, i mori, e le frutta, L’aspetto di quest’isoletta è delizioso anche di lontano, dove quello dell’altre vicine disgusta l’occhio colla mostra di troppo alti colli, e troppo sassosi, ed ignudi. Il nome di Parvich le sembra venuto dall’essere la prima che s’incontra uscendo dal Porto di Sibenico; la voce Illirica Parvi equivale alla nostra Primo. [p. 170 modifica]

L’Isola di Zuri è mentovata da Plinio, col nome di Surium, dove sembra che Parvich, e Zlarin con altre molte minori oltre al numero di cinquanta, siano da lui chiamate collettivamente Celadusse, manifestamente invertendo la voce Greca δυσxέλαδοι, che vale mal-sonanti, o romorose. Il testo di Plinio, se si voglia seguire la comune lezione, racchiude uno sbaglio madornale di Corografia. Per rettificarlo basta però cambiare leggiermente l’interpunzione, e leggere così: Nec pauciores Trucones (insulæ) Liburnicæ. Celadussæ contra Surium. Bubus, & capris laudata Brattia1. Di fatti Zuri è la più esposta al mare di tutte; e à dirimpetto, fra se e il Continente, Kausvan, Capri, Smolan, il di cui nome può indicare l’antico uso di farvi della resina; Tihat desolata da’ pastori; Sestre, Isolette note per un’eccellente cava di pietra forte bianca, il di cui uso sarebbe molto men dispendioso, e molto più durevole, che quello delle pietre Vicentine; le coltivate e popolose di Parvich, e Zlarin, con altre molte ignobili. Il vestito delle femmine abitatrici di queste Celadusse, è differente da quello delle Isolane Truconidi, o del Canal di Zara.

Più assai, che dai residui di Romane abitazioni, i quali tuttora vi si riconoscono, è nobilitata l’Isola di Zuri dalla Pesca de’ Coralli, che non riesce mai sterile del tutto nelle acque ad essa vicine, e che trent’anni sono diede ricchezza immensa di questo prezioso genere per una secca oltremodo feconda, che vi fu scoperta di nuovo. Un Amatore della Storia Naturale istruito dall’esempio del vostro celeberrimo Conte Marsigli, di [p. 171 modifica]quante belle prede, e curiose scoperte si possano fare pescando nella profondità opportuna alla moltiplicazione de’ Coralli, dovea desiderarsi di poter vivere qualche mese su d’una barca Corallaja. Quanti Testacei tuttora incogniti non iscapperebbero fuori, e quanti originali di que’ petrefatti, che crediamo essere spezie smarrite od estinte, non ci verrebbero alle mani? Io ò concepito vivamente questo desiderio: ma le circostanze, e le riflessioni non mi permisero di soddisfarlo. In vece di lasciarmi condurre dal mio genio, credetti miglior partito il cercare alle gengive del Continente un campo d’osservazioni più esteso in lunghezza, e suscettibile di dettagli più varj.

La Pesca de’ Coralli è praticata nel nostro mare da sudditi del Re di Napoli, che stanno al servigio del Conduttore di questo diritto. I nostri Isolani quantunque di sovente s’impieghino su le barche Corallaje non ànno però ancora potuto imparare quell’arte meravigliosa di estrarli dalle più anguste e internate caverne subacquee. Eppure quest’arte sarebbe degna d’incoraggimento, e di propagazione. Il genere de’ Coralli è ricchissimo anche se si spacci in natura; e quindi tanto più è da stupire che l’arte di pescarli non sia bene intesa dai Dalmatini, quanto più è antico il commercio de’ Coralli Sebenzani.

  1. Plin. Hist. Nat. Lib. III. cap. ult.