Vita di Frate Ginepro/Capitolo XIII

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Capitolo XIII

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Capitolo XII Capitolo XIV

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Cap. XII.

Della tristizia ch'ebbe frate Ginepro della morte d'uno suo compagno.


AAvea frate Ginepro uno compagno frate, il quale intimamente amava: et avea nome Amazalbene. Bene avea costui in sé virti di somma sapienzia et obbedienzia; perocchè, se per tutto il díi fosse stato battuto, mai non si rammaricava, né richiamava solo d’una parola. Era ispesso mandato a’ luoghi dov’era malagevole famiglia in conversazione, da cui riceveva molte persecuzioni: le quali sostenea molto pazientemente, senza alcuna rammaricazione. Costui, al comandamento di frate Ginepro, piagnea e ridea. Or morî quena sto frate Amazalbene, come piacque a Dio, con ottima vita e santità: et udendo frate Ginepro della sua morte, ricevettene tanta tristizia nella mente sua, quanto mai in sua vita avessi ricevuta di neuna cosa temporale o sensuale. E cosî dalla parte di fuori dimostrava la grande amaritudine ch’era dentro, e dicea: — Oimé tapino, che ora non m’è rimaso alcuno bene; e tutto il mondo per me è disfatto nella morte del mio dolcissimo et amatissimo frate Amazalbene! — E diceva: [p. 315 modifica] — Se non ch’io non potrei avere pace con li frati, io andrei al sepolcro suo e piglierei il corpo suo; e del teschio farei due scodelle: l’una nella quale, per sua memoria, a mia divozione, peri 0 continuo mangerei: e l’altra, colla quale berrei, quando avessi sete o volontà di bere.— A laude. di Jesú Cristo e del poverello Francesco. Amen.