La scuola moderna o sia la maestra di buon gusto/Atto I

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Atto I

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Personaggi Atto II

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA.

Galleria.

Leonora ricamando, Drusilla lavorando merletti, Lindoro scrivendo al tavolino, altre Ragazze che sono alla scola, indi Belfiore che arriva.


Belfiore.   Benedetti! sì vi voglio.
  Tutt’intenti a lavorar.
Leonora.   Adorato genitore, (s'alza, e gli bacia la mano
  A’ suoi cenni io sono qua.
Belfiore.   Che modestia! che bontà!
Leonora.   Con licenza, a lei m’inchino. (torna al suo loco
Belfiore.   Oh che garbo modestino!

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Leonora.   Mio signore, io non m’imbroglio;

  Son sua serva, già lo sa.
Belfiore.   Oh che donna di giudizio!
Lindoro.   È Lindoro al suo servizio.
  Signor zio, ognor sarà.
Belfiore. Oh che gran semplicità1! (ognun torna al suo posto
Bravi! così mi piace.
E viva la maestra. Io molto lodo
La buona costumanza
D’insegnar la modestia, e la creanza.
Drusilla. Oh in quanto a questo poi,
Tutti i scolari miei mi fanno onore;
Qui si fa scola, e non si fa l’amore.
Io di quelle non sono
Che, invece d’insegnar a far calzette,
Le ragazze fan far le morosette2.
Belfiore. Lo conosco3, lo so, di voi mi fido;
Ma per questa ragione
Tra le vostre fanciulle
Non mi par che stia ben quel bernardone.
Drusilla. Chi? Lindoro, signor, vostro nipote?
Pensate! è un buon ragazzo,
Buono, ve lo dich’io.
(Bonin per il cor mio).
Non ha malizia alcuna;
È marzocco e minchion come la luna.
Belfiore. Alle vostre ragion taccio e m’acquadro,
Ma so che l’occasion fa l’uomo ladro.
Drusilla. Con Drusilla? Marmeo! son scaltra e destra.
Zitto, ragazzi, in faccia alla maestra.
Non si fa ci, ci, ci; bassi quegli occhi;
Spicciate quel lavoro.

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Eh Lindoro, Lindoro,

Se non starai più attento...
Guardami. (Oh vita mia, morir mi sento)4.
Belfiore. Oh che donna! oh che donna!
Voi siete al mondo sola.
Una ve ne vorria per ogni scuola.
Lindoro. (Maledetto quel vecchio, e quando va?)
Leonora. (Or ora venirà
Il mio futuro sposo).
Lindoro. (Non la finisce mai).
Leonora.   (Quanto è noioso!)
Belfiore. Ma voi, maestrina cara,
Uno scolaro avete
Di più, che non sapete.
Drusilla. E chi è questo novel scolaro mio?
Belfiore. Lo scolaro novel, cara, son io.
Drusilla. Voi?
Belfiore.   Sì.
Drusilla.   Che mai
Insegnar vi potrei?
Belfiore. Tutto, basta... Vorrei...
Quel bocchin... quel sestin... (Mi trema il core;
Mi ballano i ginocchi)5
Zitto, che il6 bemardon fa tanto d’occhi.
Drusilla. Animo, a chi dich’io?
Badate a’ fatti vostri. Eh simoncina,
Con quel menar il capo
Che sì, che sì... Tu ridi? Maledetta7!
Datemi la bacchetta.
Oh che fior di virtù! che cose rare!
Che garbate scolare!
Siete mal avvezzate;

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N’è causa vostra madre.

Signor sì, signor sì, le madri pazze
Rovinan le ragazze;
Lascian che le figliole vedan tutto,
E questo è poi del bell’esempio il frutto.
Belfiore. (Oh che donna! oh che donna! Una per casa).
Drusilla. Orsù, con sua licenza;
Il tempo è prezioso.
Lindoro, alla lezion.
Lindoro.   Ma qual lezione?...
Belfiore. Mo su via, bernardone;
Si vede ben che siete
Per far numero nato.
Lindoro. (Son più furbo di te, vecchio insensato).
Drusilla. Animo, all’ABC.
Lindoro.   Come?
Drusilla.   Su, dico8.
M’intendi?
Lindoro.   Io l’alfabeto
Imparar a quest’ora?
Drusilla. (Nella scuoia d’amor sei rozzo ancora).
Lindoro. (Ho capito).
Belfiore.   Gnor sì. Che vi par troppo?
Veramente è portento,
Che un bambinel da latte
Impari l’alfabeto.
Bernardon maledetto!
Drusilla. Animo, qui.
Lindoro.   (Che intrico!)
Drusilla. Inginocchiati, dico.
Belfiore. Inginocchione.
Lindoro. Così?
Drusilla.   Così, così.
Belfiore.   Gran bernmardone!

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Drusilla. Di’ forte, e non fallar, o la bacchetta

Ti rompo sulle man, se dici un fallo.
Belfiore. Ed io, se falli, ti darò un cavallo.
Lindoro.9 A, b, c, qu. Oh diavolo10!
Maestra, son stroppiato11.
(Che semplice!) c, d,
E, effe, (oh allocco!) qu,
Erre, sior no, sior sì,
Mi sono già imbrogliato,
H, i, i (che animale!)
K, elle (oh bestiale12!)
Emme, enne, pe, qu,
Erre, esse, t, u,
V, ichese, ipsilon, zetta,
Ette, con, ron, e busse,
Corpo di chi non fusse!
Mi duole questo braccio,
Errori più non faccio,
Sono dottore già.
Drusilla. Or va pure a merenda.
Lindoro. Signora, ho merendato;
M’avete rovinato.
Ahi che dolor! (Si siegua la finzione). (piange
Belfiore. Guardate come piange il bernardone.
Lindoro. (Cara, mi duol da vero).
Drusilla. (Io ti medicherò).
Lindor.   (Sì, così spero). (parte

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SCENA II.

Belfiore, Drusilla, Leonora e le Ragazze.

Belfiore. Cara Drusilla mia,

Potreste mandar via quelle figliole;
V’ho da dir a quattro occhi due parole.
Drusilla. Volentieri vi servo. Oh via, ragazze,
Basta così per ora,
Sempre non si lavora;
Care, andate frattanto (le Ragazze partono
Qualche ristoro a prendere col canto13.
Ah Leonora, che fate?
Così via ve ne andate
Senza baciar la mano al signor padre?
Che bella educazion! causa la madre.
Meglio, meglio per voi, ch’ella sia morta.
Io ben vi educherò. (Se vien l’amico,
Tenetelo celato).
Belfiore. (Oh che donna da ben! son incantato!)
Leonora. Signor padre, temevo
D’esser troppo importuna, e a tal motivo
Io venir non ardivo... (gli bacia la mano
Ma per altro v’accerto
Che ormai son fatta destra
Sotto l’abilità di tal maestra.
Belfiore. Così credo ancor io. Figlia, obbedisci
Ogni di lei precetto.
Ti giuro e ti prometto
Che facendo così, t’acquisterai
La mia predilezione.
Leonora. Vado dunque a eseguir la sua lezione. (parte

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SCENA III.

Belfiore e Drusilla.

Belfiore. Or dunque che siam soli,

Bella maestra mia, voglio spiegarmi:
Vi dirò cosa avete ad insegnarmi.
Drusilla. Dica pur, mio signore.
Belfiore. Vuò che voi m’insegnate a far l’amore.
Drusilla. Eh, che voi ne saprete14
Forse assai più di me. Foste ammogliato.
Belfiore. Ho già disimparato.
Dieci anni son che vedovo son io,
E bench’io senta15 incanutir le chiome,
Vorrei ricominciar, ma non so come.
Drusilla. (Se incanutito è il crin, verde è la borsa).
Buon per me, buon per me! Ma piano un poco.
Impegnato non siete con Rosmira,
Di Dorisbe nipote?
Belfiore.   Io non la voglio.
Giovine? capricciosa? oibò, che imbroglio!
Drusilla. Caro signor Belfiore,
Voi siete appunto un fior. Siete alla ciera
Un fior di primavera,
E con un buon governo
Goderete l’estate in mezzo al verno.
Se volete imparar a far l’amore,
Siete a tempo, signore;
Il punto sta, che per un tal bisogno
So ch’io buona non sono, e mi vergogno.
Belfiore. Vergognarvi di che? Cara, non voglio,
Intendiamoci ben...
Drusilla.   Come?...
Belfiore.   Vuò dire...

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Drusilla. Che cosa?...

Belfiore.   Il desir mio...
Drusilla. Sarebbe...
Belfiore.   Sì... ma mi vergogno anch’io.
Drusilla. Eh v’intendo, v’intendo.
So che volete dire, ah furbaciotto16!
Parete un giovinotto,
Siete robusto e saldo;
Mi fate venir caldo.
Perchè siete vecchietto,
Voi mi piacete più:
Io non posso veder la gioventù.
Belfiore. Da vero? mi burlate?
Drusilla. Da vero, da verone.
Che vale un chiacchiarone17?
Un uom senza giudizio?
Passato quel capriccio,
Vi resta il pentimento.
Per me così la sento.
Solo è il mio cor della vecchiezza amico,
E i giovinotti non li stimo un fico.
  Io li vedo a tutte l’ore
  Tutti ricci e incipriati,
  Far la ronda18 alle signore,
  Far con esse i spasimati,
  Ma che cavino un quattrino
  Dall’afflitto borsellino
  Lo credete? oh questo no.
  Se vogliamo19 de’ sospiri,
  Gran promesse e gran parole,
  Lor ne danno a chi ne vuole,
  Ma regali non si può.

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SCENA IV.

Belfiore solo.

Cantando se n’è andata.

Si mostra20 innamorata;
Sprezza la gioventù, ma intanto io sento
Che il borsellin può farle il cuor contento.
£ di ragion; la donna21
Si deve regalar. Presto, Belfiore,
Si dia mano alla borsa,
Lo scrigno si fracassi...
Ma pian, che li denari non son sassi.
S’io spendo, se io profondo,
Chi fa la sicurtà,
Che Drusilla abbia a dir la verità?
È donna, e tanto basta...
Ah sento che contrasta
L’interesse e l’amor dentro il mio petto.
Mi punge quel sospetto
Che non dica colei la verità.
V’è nessun che mi faccia sicurtà?
  Sent’un che mi dice:
  La donna è mendace.
  Ma l’altro risponde:
  S’è bella. se piace,
  Comprarla convien.
  Ma adagio, adagio un poco;
  Se deggio comprarla,
  Io voglio provarla
  S’è fida con me.

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  V’è un altro che aggiunge:

  Se fida la vuoi,
  Trovarla non puoi,
  Che donna fedele
  Al mondo non v’è. (parte

SCENA V22.

Piazza 23.

Rosmira, Ergasto e Doralba.

Doralba. Che ne dite, o signori?

Si può veder giammai
Spettacolo più bello?
Ergasto.   Io, benché nato
Sotto cielo sì chiaro,
Nondimen, perchè vissi
Lunga stagion fuori di patria, ammiro
La pompa misteriosa
In cui dal Venezian l’Adria si sposa.
Rosmira. Tal festa si rinnova
Ogn’anno in questo dì, ma più serena
Nè tranquilla così mai la vid’io,
Perchè vicina a te, bell’idol mio. (piano
Doralba. Signora nipotina,
Parlate forte. Ergasto,
Non badate a costei. Non apre bocca,
Che non dica freddure e scioccherie.
Rosmira. (L’usate gelosie).
Ergasto. Anzi mi par che molto ben ragioni.
Doralba. Ah di grazia, signor, non la lodate.
Ergasto, e voi che dite

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Dell’aureo Bucintoro?

Allor che grave preme il dorso al mare,
Agli occhi miei sempre più bello appare.
Ergasto. Tutto è bello: ma senza un amoretto
Che qui mi tien legato,
Alla mia patria ormai sarei tornato.
Rosmira. Segno che quivi ancora
Amor impera. Egli il suo trono inalza
Dov’è bellezza e gioventù.
Doralba.   Che sciocca!
Spirito, e non bellezza.
Senno, non gioventù richiede amore.
Rosmira. Ma so ben...
Doralba.   Che sapete?
Pria di parlar d’amor, trent’anni almeno
Studiarlo è d’uopo.
Rosmira.   Adunque
Crederete voi sola...
Doralba. Silenzio, nipotina, e più rispetto;
Intanto vi ringrazio
Della vostra gentil conversazione.
Già voi sapete, Ergasto,
Che m’è caro il vedervi a me dappresso.
Non sia quell’alma vostra
Tanto verso di noi di grazie avara.
Ergasto. Verrò (ma sol per voi, Rosmira cara).
Rosmira. (Ah che giova, o mio ben? Voi ben sapete
Che vuol lato tiranno
Ch’io v’adori, e non speri un dì sereno,
Ma viva ognor alle procelle in seno).
Doralba. Già m’intendeste, Ergasto;
Qualor mi degnerete
Delle visite vostre,
Ben veduto sarete: al vostro merto
Tutto si deve, ed io

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Che lo conosco appieno,

Con rispetto e con stima
Vi consacro quel cuor che chiudo in seno.
  Vedrai che son fedele,
  Vedrai che non t’inganno;
  Non posso, oh dio! l’affanno
  Nel seno più celar.
  Amante, è ver, son io,
  Ma fido l’amor mio
  Pace non sa trovar. (parte

SCENA VI.

Ergasto solo.

La vedova Doralba, che pretende

D’avere un grande spirito, in mancanza
Di giovinezza e di beltà, vorrebbe
Un marito novello;
Avvilisce perciò della nipote
Ogni pregio più bello.
Io che Rosmira adoro,
Doralba adulo, e questo
Per vagheggiar l’amata è il mio pretesto;
Ma lieto esser non posso. Ha già Doralba
Promessa la nipote
Ad un certo Belfiore,
E contrari mi son la sorte e amore.
  L’alma gelar mi sento,
  Sento mancarmi il cor:
  Oh che crudel momento!
  Che sfortunato amor!
  Questo è un morir d’affanno
  In sì penoso stato;
  Quelli infelici il sanno,
  Che van penando ognor. (parte

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SCENA VII.24

Galleria25.

Lindoro e Drusilla.

Lindoro. Oh, cospetto di Bacco!

Farmi dir l’alfabeto?
Farmi star in ginocchio, e bacchettarmi?
Ed ancora non viene a medicarmi?
Ma eccola che giunge.
Drusilla.   Lindorino,
Dimmi, che fai, mia vita?
Lindoro. Mi duol le man, mi bruciano le dita.
Drusilla. Soffri in pace, mio ben, che nel mio core
Sento per causa tua brucior maggiore.
Lindoro. E poi soffrir non posso,
Che quel brutto vecchione
Mi dica ogni parola bernardone.
Drusilla. È tuo zio; non importa.
Fingi semplicità,
Se vuoi la libertà di vagheggiarmi;
Procura d’imitarmi,
Anch’io nella finzion solo confido;
Tutto il mondo mi crede, io godo, e rido.
Lindoro. Ma finger sempre, non mi par che sia
Cosa troppo onorata.
Drusilla.   Uh che pazzia!
Tutti fingono, tutti. I mercadanti,
Per mantener vizi e le gran spese,
Fingon la roba di lontan paese;
Gli orefici, vendendo
La tombacca26 per oro,

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Guadagnano un tesoro. Gli avvocati

Fingono che il cliente abbia ragione,
Sol per mangiargli il fegato e il polmone;
E i medici, fingendo
La malattia mortale
Traggon il proprio ben dall’altrui male;
Fingon gli uomini affetto, ed è interesse;
Fingon le donne anch’esse:
Vedrai un bel visin, ma quello è finto,
Con la biacca e il carmin coperto e tinto.
Lindoro. Mi piace la lezion; ma col mio zio
Perchè finger degg’io?
Drusilla.   Perchè egli mi ama,
E sua sposa mi brama.
Lindoro.   E soffrir deggio
Per lui la gelosia27?
Drusilla. Che! geloso? geloso? Uh che pazzia!
Nel mondo più non s’usa;
Fu dal buon gusto esclusa.
Vuol l’odierna moda
Che l’uomo di giudizio e taccia e goda.
Lindoro. Queste usanze non so.
Drusilla. La maestra son io, t’insegnerò.

SCENA VIII.

Leonora e detti.

Leonora. Drusilla, ahimè! son morta;

Oggi l’amante mio non ho veduto.
Oh Dei! son disperata;
Temo d’esser dall’empio abbandonata.
Drusilla. E perciò disperarvi!
Vuò il rimedio insegnarvi:

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Amatene più d’uno;

Con tal costume scaltro,
S’uno vi mancherà, vedrete l’altro.
Leonora. Ma la costanza poi?
Drusilla.   Non è all’usanza,
Figlia mia, la costanza. Io vedo e sento
Che ognun suol navigar secondo il vento.
Leonora. E la fede?...
Drusilla.   Che fede? Io vi rispondo,
La mia Leonoretta,
Come dice il poeta in un’arietta:
  È la fede degli amanti
  Come l’araba fenice;
  Che vi sia, ciascun lo dice,
  Dove sia, nessun lo sa28.(parte

SCENA IX.

Leonora e Lindoro.

Lindoro. Cara cugina mia, via non piangete.

Piuttosto, se volete,
M’impiegherò per voi.
Leonora.   Deh per pietade,
Mio cugin, mio Lindoro,
Cercate il mio tesoro,
Ditegli il mio tormento.
Ditegli che per lui morir mi sento.
Lindoro. Lo farò volentieri, e non fia strano
Ch’io vi faccia il mezzano;
Con la ragion mi scuso,
Che fra parenti un tal mestiere è in uso. (parte

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SCENA X.

Leonora sola.

Troppo è crudel tormento

Questo che in cor mi sento. Un giorno intero
Senza veder l’amante,
È pena da morir. Ditelo voi,
Anime innamorate,
Se fia tormento e duolo
Star lontan dal suo bene un giorno solo.
  Fanciulle semplici,
  Che molle e tenero
  Avete il cor,
  Quel duolo barbaro
  Che il sen mi lacera,
  Potrete dir,
  Se il fier tormento
  Che in sen mi sento
  Può far morir29.

SCENA XI.

Rosmira, Doralba, e poi Ergasto in disparte.

Doralba. Ve l’ho detto, Rosmira; io più non voglio

Vedervi in casa.
Rosmira.   Ed io
Fuori n’andrò. Mia madre
Mi lasciò tal ricchezza
Da viver sola ancor.
Doralba.   Non partirete
Da qui senza marito.

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Rosmira. Ma s’io l’abborro. Oh quanto

Bella è la libertà! Dono del Cielo
È questa, e chi la perde
Per stringersi in catene,
Perder merita ancor ogn’altro bene.
Di più, degli anni miei
Troppo tenero è il fior. Quando alle nozze
Così presto si va, presto svanisce
Nostra bellezza ancor, e senza questa
Ci abbandona ciascun, e ci detesta.
Doralba. Ma lo spirito è un pregio
Che non si perde mai. Questo supplisce
Alla beltà che manca.
Or basta, un tal pretesto
È inutile, Rosmira,
Per ricusar Belfior per vostro sposo.
Ergasto. (Oh decreto inumano!)
Rosmira. Un tal passo però...
Doralba.   Questo contrasto
Si termini fra noi... Venite, Ergasto.
Ma mesto mi sembrate.
Ergasto. (Spieghiam l’occulto ardore).
Voi togliete la pace a questo cuore.
Doralba. Io?
Ergasto.   Sì.
Doralba.   (Me fortunata!) E come?
Ergasto.   Oh Dio!
Siete troppo crudele all’amor mio.
Rosmira. (Ed in Ergasto amor per me si smorza).
Doralba. (Lo spirto finalmente ha una gran forza).
Ergasto. Di me pietade abbiate, e non prendete
Di vedermi morire il fier diletto.
Doralba. (Mi muove a compassione).
Tutto da me sperate.
Ergasto. Dunque otterrò colei che m’innamora?

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Doralba. Chi?

Ergasto.   Rosmira.
Doralba.   Rosmira?
Ergasto.   Ella è il mio nume.
Rosmira. (Anima mia, respira).
Doralba. (Oh me ingannata!) Ergasto, altrui promessa
Di Rosmira è la mano,
E lo sperarla è uno sperarla invano.
  Ah se la dolce fiamma
  Abbandonar degg’io,
  Lasciami almen, ben mio,
  Lasciami sospirar.
  Questo ti chiedo solo,
  E lascierò d’amarti,
  Se non m’uccide il duolo
  Che sento il cor piagar. (parte

SCENA XII.

Rosmira, Ergasto.

Ergasto. Come? vorrà Doralba

Forzarvi di Belfiore
Alle nozze abborrite?
Rosmira. A momenti si attende;
Stringere il sacro nodo ella pretende.
Ergasto. Ahimè! che ascolto!
Rosmira.   Io non vi posso, Ergasto,
Esprimere il dolor che mi tormenta.
Belfiore è ricco, e questo
Abbaglia le pupille
D’una tiranna zia.
Ergasto. Dunque disposta siete
Ad accettar la destra
D’un vecchio scimunito? di Belfiore?
Rosmira. Ah forse pria m’ucciderà il dolore!

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  Allo splendor di quelle

  Care pupille e belle,
  Resistere non sa
  L’anima amante.
  Arde sì sì il mio core
  Tutto per te d’amore,
  E sempre l’alma mia
  Sarà costante. (partono

SCENA XIII.

Camera30.

Drusilla e Lindoro.

Drusilla. Su via, con queste smorfie,

Con questo farmi il grugno,
Se non mi parli, io ti regalo un pugno.
Lindoro. Su, datemi, ammazzatemi,
Battetemi, scannatemi,
Ma non sperate già ch’io soffra e taccia.
Come! su la mia faccia
Ho da vedervi accarezzar mio zio?
No, non lo soffrirò, cor31...
Drusilla. Eh via, che tu sei matto.
Sai che ti voglio bene,
Sei caro, sei bellino,
Ma non hai un quattrino.
Se fingo con Belfiore,
Sol lo fo per tuo amore; e se mi crede,
E se spende l’avaro,
Su la tua vita investirà il denaro.
Lindoro. Questa ragion m’appaga;
Cara, di voi mi fido;
Accarezzate! pur, vi do licenza,
Ma non lo fate almeno in mia presenza.

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Drusilla. Ritirati, ch’ei viene.

A chi vuole goder, soffrir conviene.
Lindoro. Legge crudel dei poveri meschini!
Gran brutta cosa è il non aver quattrini32! (si ritira

SCENA XIV.

Drusilla, Belfiore e Lindoro in disparte.

Drusilla. Venga, venga, signore;

Ben venga il più bel fiore
Degli uomini di garbo e di virtù,
Scorno della più fresca gioventù.
Belfiore. Cara Drusilla, voi mi consolate,
Ma temo che adulate
Per troppa cortesia...
Drusilla. Vi dico il ver, su l’innocenza mia;
Ma voi di me piuttosto
Vi prenderete spasso; (fingendo tenerezza
Vorrete innamorarmi
Col pensiero crudel d’abbandonarmi.
Lindoro. (Troppo, troppo)33.
Belfiore.   Drusilla,
Mi fate intenerire...
Io mi sento morire...
Vi giuro fedeltà.
Drusilla. Di questa verità
Qual segno a me darete 34?
Belfiore.   Ecco la mano.
Drusilla. L’accetterei, signore;
Ma se vuota è la man, non credo al core.
Lindoro. (Brava, brava!)
Belfiore.   (Caduta è sul proposito.

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Farei... Ma non vorrei far un sproposito).

Drusilla. (L’interesse e l’amor sono in duello).
Belfiore. (Belfior, stiamo in cervello.
Ma sono innamorato,
Ragion non sento, ed il cervello è andato).
Drusilla. (Che mai risolverà?)
Belfiore.   Maestrina cara,
Son nelle vostre mani;
Tutto farò per voi; d’amore in segno,
Eccovi in questo anello il primo pegno.
Lindoro. (Bene, bene).
Drusilla. Signore, io son confusa;
A prender non son usa;
Mi son tutta commossa,
Vengo dalla vergogna rossa, rossa.
Belfiore. Ma voi, voi, se mi amate,
Qual prova a me ne date?
Lindoro. (Or viene il buono!)
Drusilla. Io tutta vostra sono,
Caro il mio bel vecchietto.
Con questo bel visin, che par di cera,
Tutta vostra sarò mattina e sera.
Lindoro. (Troppo, troppo).
Belfiore.   (Mi sento intenerire).
Lindoro. (Più non posso soffrire).
Drusilla.   Quegli occhietti
Sono così furbetti! Questa mano
Io bacio per rispetto.
Lindoro. (Più soffrire non posso).
Belfiore.   Oh che diletto!
Cara, fra queste braccia...
Lindoro. Signor, buon pro vi faccia.
Vi rendo soggezione?
Belfiore. Via di qua, bernardone.
Drusilla.   (Sta in cervello).

[p. 186 modifica]
Signor, mirate in quello,

Che franco a noi sen viene,
Un nipote fedel che vi vuol bene.
S’è accorto che mi amate,
Che per me sospirate, e tutto il giorno
Di voi mi parla, e con ragioni accorte
Mi persuade ad esservi consorte.
(Seconda, abbi giudizio).
Belfiore. Tu sei ancor novizio.
Ma spero ti farai. Bravo! ne godo,
Bernardoncin, ti lodo;
E perchè grato io sono,
Prendi tu questa borsa: io te la dono.
Lindoro. (Una borsa? Drusilla, io mi contento).
Drusilla. (Gran virtude dell’oro e dell’argento!)
Belfiore. Dunque sarete mia?
Drusilla.   Con mio diletto
Sarò di quel visetto. (mirando Lindoro
Belfiore.   E sperar posso
Al mio sincero amor premio e mercede?
Drusilla. Con questa man vi giuro la mia fede.
(stringe la mano a Lindoro dietro a Belfiore
Lindoro. Quanto ne godo anch’io!
Viva il mio caro zio!
Drusilla.   Per voi mi moro.
Belfiore. Cara Drusilla mia, caro Lindoro.
  Dolce e caro il mio 35 tesoro,
  Per te peno, per te moro.
Drusilla.   Ah pur troppo peno anch’io,
  E perchè 36 lo sa il cor mio.
Belfiore.   Cara, cara.
Drusilla.   Caro, caro.
Lindoro.   Senta, senta, mio padrone. (a Belfiore

[p. 187 modifica]
Belfiore. Bernardone, bernardone. (a Lindoro

Mia sarete? (a Drusilla
Drusilla.   Se vorrete.
Lindoro. Domandato è in verità. (a Belfiore
Belfiore. Va in malora, via di qua.
Drusilla. Zitto, zitto, taci là.
Belfiore. Per te, cara, io vivo in pene.
Drusilla. Io vi voglio tanto bene.
Lindoro. Sì signore, viene, viene. (la scena
Belfiore. Con chi parli?
Drusilla.   È domandato37.
Lindoro. Traditora! (a Drusilla
Drusilla. Sconsigliato! (a Lindoro
Belfiore. Bernardone, m’hai beffato.
Lindoro. No, davvero, ve lo giuro.
Drusilla. È innocente, v’assicuro.
Lindoro. La mia fede a voi prometto.
Drusilla. Io vi stringo stretto stretto.
Belfiore. Oh che gioia, ho che diletto!
(a tre Che piacere amor38 mi dà!
Viva, viva la bontà!


Fine dell’Atto Primo.


Note

  1. Questi primi versi sono quelli stessi con cui ha principio la Maestra di Antonio Palomba, Napoli, 1747.
  2. Nella Maestra di scola, Verona, 1749, è stampato: l’amorosette.
  3. Ed. di Verona: Vi conosco.
  4. Ed. di Verona: (Guardami, vita mia, morir mi sento).
  5. Ed. di Verona: Mi trema il cor, mi ballano i ginocchi.
  6. Ed. Verona: Zitto, quel ecc.
  7. Ed. Verona: Che sì, che sì, tu ridi, maledetta.
  8. Nell’ed. di Verona segue: "Lind. Che diavolo!
  9. La scenetta che qui segue corrisponde a quella di Pistone nella Maestra del Palomba; e i versi sono tradotti dal dialetto napoletano.
  10. Nella Maestra del Palomba, Drusilla da "un colpo di stecco su la mano" a Pistone.
  11. Ed. Verona: Drusi, m’hai stroppiato.
  12. Ed. Verona: O. o. (o che bestiale).
  13. Ed. Verona: Care, andate un pochino - Varia più fresca a prender in giardino.
  14. Ed. Verona: sapete.
  15. Ed. Verona: E benchè io miri.
  16. Ed. Verona: furbacchiotto.
  17. Ed. Verona: chiacchierone.
  18. Ed. Verona: Tutti i ricci incipriati - Far Inchini ecc.
  19. Ed. Verona: volete.
  20. Ed. Zatta: Cantando se n‘è andata - La nostra ecc.
  21. Ed. Verona: E di ragion la donna ecc.
  22. Nella Maestra di scola edita a Verona le scene V - VI si trovano sostituite da cinque brevi scene molto diverse e alquanto romanzesche.
  23. Nella Maestra di scola la scena si svolge a Livorno, e qui vediamo il "Porto di Livorno con navi".
  24. Ed. di Verona: Giardino.
  25. In questa, e nelle scene che poi seguono, la Maestra di scola, edita a Verona (1749), corrisponde di nuovo alla Scuola moderna.
  26. Ed. Verona: ottombacca. Mistura d’oro e di rame, molto stimata nel Siam: v. Savary, Dizionario di commercio ecc., Venezia, 1771, t. IV, p. 264.
  27. Ed. Verona: Soffrir deggio per lui la gelosia?
  28. È l’arietta famosa del Demetrio di P. Metastasio, A. II, sc. 3.
  29. Nella Maestra di scola, edita a Verona (1749), si salta alla sc. XIII.
  30. Ed. di Verona: Sala vagamente adornata.
  31. Ed. di Verona: corpo di sbrio.
  32. Ed. Verona: Gran brutta cosa è non aver quattrini.
  33. Ed. Verona: “Lind. (troppo troppo, Drusilla). - Belf. Drusilla, voi mi fate intenerir, - Io mi sento a morir ecc.”.
  34. Ed. Verona: Qual segno me ne date?
  35. Ed. Verona: caro mio.
  36. Ed. Verona: per chi.
  37. Ed. Verona: Lind. È domandato. - (Traditora)
  38. Ed. Verona: al cor.