Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/112

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siglio alla madre se doveva o no ricondurre a casa Bellina.

La chiamava così “Bellina„ con un tremito nella voce tra finto e sincero; poichè era lei che doveva salvarlo agli occhi della madre e fargli perdere la sua libertà avvenire. C’era tempo davanti, però, ed in fondo egli non era convinto che la faccenda finisse con un matrimonio.

— Isabella resterà qui fino a domani; la ricondurrà Osca, — disse la madre; e nulla d’insolito pareva ci fosse nelle suo parole e nel loro accento: eppure Pietro si sentì ferito.

— Avete paura che la seduca? — cominciò impetuoso: poi riprese la sua maschera: — avrei potuto farlo, se mai, nel venir qui. Altra però è la mia intenzione: voglio sposare Bellina, se lei mi vuole.

— E va bene, va bene, — approvò la madre; ma le sue parole erano pallide, disinteressate; e sotto, Pietro v’intese un significato diverso dall’apparente.

— Va bene, Pietro, — era quel significato; — fa tutto quello che vuoi, purchè tu non porti più dispiaceri in famiglia.

Accigliato, egli si stringeva forte intorno alle gambe le fasce militari come dovesse fare una lunga marcia.