Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/143

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gendo la mamma e cerca di calmarla: viene respinta con cattive parole. «Va da tuo padre, va, va: solo fra voi due vi volete bene, mentre di me non aspettate che la morte!» dice, e si strappa i capelli, si graffia il petto, si morde le mani. La bambina si consuma di dolore; tanto che ho deciso di mandarla fuori di casa.

Annalena non trovava parole per confortarlo: ed egli riprese, battendosi i pugni sulle ginocchia:

— Ben ti sta, Urbano Giannini, ben ti sta! Tu hai sposato una donna che non amavi, ma che aveva quattrini. E con quel seme maledetto hai seminato e raccolto quattrini ed angustie. E adesso crepa.

— Così è, Annalena, — disse poi, sollevando di nuovo gli occhi sul viso atterrito della donna: — se invece Dio mi avesse permesso di incontrarti e di sposarti, insieme noi due si edificava una parrocchia.

Il viso di lei si ricompose.

— Se ci si incontrava e ci si sposava, erano invece questioni, miseria e bastonate, — rispose, e pareva tentasse di scherzare; ma anche la sua voce era rauca; ed il sorriso tremante, che scopriva i bei denti e dava agli occhi una luce nuova, rispondeva in altro modo alle parole dell’uomo.