Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/177

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coi suoi occhi verdi dorati dal crepuscolo, e scuoteva la coda approvando. Quando la padrona gli promise le ossa, diede un breve guaito, e la sua gioia non fu turbata neppure dallo strido del pollo preso a tradimento dalla pertica sulla quale già dormiva.

Così il dolore degli altri nutrì la letizia della cena dei Bilsini.

— Vieni ogni sera da noi, — disse ironicamente Bardo a Giannini, poi si piegò sull’orecchio di Baldo e gli susurrò una filza di parole maligne. Il fratello lo respingeva, ma non poteva frenare il riso, ed i bambini ridevano anch’essi, pur non sapendo di che.

Osca versava da bere all’ospite: a metà cena questi cominciò a dondolare in su e in giù, di qua e di là la testa, mentre i suoi occhi correvano dall’uno all’altro, intorno alla tavola, ed agli uni pareva accennasse: «sì, sì, fate bene ad essere allegri», agli altri: «no, no, io non potrò mai più prendere parte alla vostra gioia».

— Bevi, bevi, — insisteva Osca, — tu sai la canzone!

Vuota il bicchier se è pieno.
Empi il bicchier se è vuoto.
Non lasciarlo mai pieno,
Non lasciarlo mai vuoto.