Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/186

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Questa era l’ombra che la turbava, e che per la prima volta in vita sua le faceva sentire il peso della fatalità, del quale, se ci si libera per le cose grandi, non altrettanto è facile per le piccole.

— Basta, il Signore vede le intenzioni ed il Signore ci aiuterà, — mormorò riponendo il vestito di Pietro nell’armadio.

Ed ecco il Signore, quasi a dissipare l’ombra intorno, le fece subito sentire la risata canora d’Isabella Mantovani. Risata di freschezza e di splendore che pareva sgorgasse da tutta la persona di lei, dal vestito di velo rosa e giallo, dai capelli canarini, dal cestino ch’ella reggeva, colmo di grosse pesche i cui colori si intonavano meravigliosamente con quelli di lei.

Annalena le andò incontro con gioia, accogliendo il dono fra il brusco ed il lieto.

— Che hai fatto? Al solito, le avrai prese di nascosto di tua madre.

— Vi giuro, questa volta no. Ce ne sono tante, nel nostro campo, che cadono e marciscono. A scuotere le piante, poi, vengono giù come pugni. Mi piacerebbe far venire Baldo e mettercelo sotto.

— Te li do io i pugni veri, se continui, — disse Baldo dall’ingresso.

Ella giunse le mani, reclinò la testa da