Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/204

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Verso sera, dopo che Pietro e Bardo erano usciti per riaccompagnare a casa sua Bellina, arrivò Urbano Giannini. Aveva incontrato i giovani per la strada e disse che ridevano e cantavano.

— Pietro s’è fatto un omone, e mi annunziò che da domani si propone di lavorare per tre. Bene, bene: tu sei benedetta da Dio, Annalena.

Ella gli domandò di Lia e perchè, mancando alla promessa, egli non l’aveva condotta con sè. Ma egli non rispose: sedette davanti alla porta, e si appoggiò alla testa di cane del suo bastone, con aria stanca e sofferente. Anche i suoi occhi erano smorti, indifferenti alle cose esterne: neppure la presenza di Annalena, che gli si era seduta accanto sullo scalino della porta, riusciva a confortarlo; neppure quella fastosa luminosità dell’aia, ravvivata dal riflesso del cielo d’oro, dove la luna nuova brillava come uno smeraldo; neppure gli stridi d’amore delle rondini e quelli di gioia dei bambini, lo distraevano.

Solo dopo qualche momento parve riscuotersi e si guardò attorno.