Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/252

Da Wikisource.

— 242 —

voi non mi direte per quale ragione io devo sapere dove quella scimmia s’è andata a nascondere.

Il vecchio si scompose: sollevò il bastone come in atto di minaccia, poi lo depose sulla tavola, sopra le carte.

— Questo è un gioco di parole, Pietro. Basta. E allora ti dirò nettamente di che si tratta. Si tratta che tu vieni sospettato di aver rapito e nascosto la ragazza, per costringere il padre a lasciartela sposare.

— Questo è quell'imbecille, mascalzone, baciapile, figlio d’un prete, di mio fratello Baldo, che è venuto a dirvelo, — gridò Pietro: e rise; ma di un riso digrignante, che lasciava vedere i denti feroci come quelli di un lupo: e lo zio Dionisio ebbe d’un colpo la convinzione della colpa di lui.

Una tristezza infinita lo circondò, col freddo terrore di un’acqua invadente nella quale si deve affogare.

— Pietro, Pietro, — disse, fra la minaccia ed il rimprovero, — c’è poco da ridere, di questa brutta faccenda. Se è vera, c’è sempre tempo a rimediarla; se non è vera, il tuo riso è come quello di Satanasso, che si compiace del dolore altrui.

Pietro si fece serio, anzi accigliato e cupo.