Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/275

Da Wikisource.

— 265 —

le rose, e pareva si prestasse graziosamente al gioco. Ed anche la piccola madrina, col suo vestito corto di lana arancione, le guancie rotonde rivestite di buccie di pesca, gli immancabili orecchini d’oro, che questa volta parevano due riccioli alquanto più lucenti di quelli dei suoi capelli, sembrava una grande bambola che si divertisse con una più piccola.

— Questa volta è bella, è proprio bella, — esclamò Bardo: e non si sapeva per chi parlasse così.

— Questa volta me la rubo proprio, questa signorina piccinina piccinina; state attenti, signori, — gridò Isabella, e volta la bimba verso di sè cominciò a stringerla e baciarla.

Annalena protestò.

— Così tu me la rompi, senti.

Ma Isabella fuggì via nella camera attigua ripetendo: — la rubo, la rubo.

Bardo la seguì, a passi di lupo.

— Oh, per questo, — le disse sottovoce, — te la puoi mettere in tasca; oppure la madre te la regala volentieri. Oppure ce ne fabbricheremo una noi, così.

Isabella però non era più disposta ad assecondarlo; anzi lo guardò sdegnata e nonostante tutto il suo entusiasmo per