Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/86

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casa e busso alla finestra della cucina. Nulla. Finalmente una finestra in alto si illumina, e la voce di questa birbona qui presente risponde. Ma pare venire dal mondo della luna, sebbene la luna questa notte sia andata a far Natale in casa dell’orco. Chi è? Sono io. Chi, tu? Amici. Che amici? Ma va a farti fotografare, sono io, Pietro Bilsini del fu Luigi Bilsini, fratello di Osca tuo cognato. Lei si mise a ridere; poi parlamentò con qualcuno, dentro, finalmente scese di corsa, in ciabatte, ed aprì tutti e due i battenti della porta come dovesse entrare il prete con l’olio santo, l’ombrello ed il chierico. Mia madre sta male, dice, ma il suo viso smentisce la cattiva notizia. Io faccio: fingerà di star male per non spendere nella cena del Santo Natale. E lei ride, ride, fino a piegarsi e battersi le ginocchia con le mani aperte. — Senti, mi dice poi, facciamo una cosa: diciamo alla mamma che tu vieni da casa tua per invitarmi a passare la notte con voi. Lo facciamo davvero? — Io salgo dunque nella camera dove la mamma Mantovani se ne sta tutta accucciata davanti al camino, e mi accorgo ch’ella si allarma subito per la mia presenza.

— Ho l’influenza, — mi annunzia subito,