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Pietro Bembo - Rime

VIII.

– Ch’io scriva di costei, ben m’hai tu detto
più volte, Amor; ma ciò, lasso, che vale?
Non ho né spero aver da salir ale,
terreno incarco a sì celeste obietto –.4

– Ella ti scorgerà, ch’ogni imperfetto
desta a virtute, e di stil fosco e frale
potrà per grazia far chiaro immortale,
dandogli forma da sì bel suggetto –.8

– Forse non degna me di tanto onore –.
– Anzi nessun; pur se ti fidi in noi,
esser pò, ch’arco in van sempre non scocchi –.11

– Ma che dirò, Signor, prima? che poi?
– Quel, ch’io t’ho già di lei scritto nel core,
e quel, che leggerai ne’ suoi begli occhi –.14

IX.

Di que’ bei crin, che tanto più sempre amo,
quanto maggior mio mal nasce da loro,
sciolto era il nodo, che del bel tesoro
m’asconde quel, ch’io più di mirar bramo;4

e ‘l cor, che ‘ndarno or, lasso, a me richiamo,
volò subitamente in quel dolce oro,
e fe’ come augellin tra verde alloro,
ch’a suo diletto va di ramo in ramo.8

Quando ecco due man belle oltra misura,
raccogliendo le treccie al collo sparse,
strinservi dentro lui, che v’era involto.11


Letteratura italiana Einaudi 5