Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/132

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122 idilli

     Questo vincastro a te vo’ dar, che sei
     Tutto in ver del gran Giove opra e germoglio.
     Troppo m’è in odio artefice, che tenti
     Alla cima uguagliar d’Oromedonte
     Un abituro, e sonmi in odio ancora
     Quegli augei delle Muse, che gracchiando
     Emuli a fronte del Cantor di Scio,
     Spendon in van lor opra. Or diam principio,
     O Simichida, ai pastorecci carmi.
     E vedi, amico, se ti piace un brieve
     Canto, ch’io dianzi meditai sul monte.
Ageanatte un navigar felice
     In Mitilene avrà; quand’Austro ancora
     De’ Capretti al cader le lubric’onde
     Incalza, e i piè ferma Orion sul mare,
     Sol che Licida salvi arso d’amore,
     Amor, che per lui stemprami in faville.
     E gli Alcioni appianeranno i flutti,
     Il mare, e Noto, ed Euro, che l’estreme
     Alighe move; gli Alcioni grati
     Alle azzurre Nereidi su quanti
     Campan augelli di marine prede.
     Tutto ad Ageanatte disìoso
     In Mitilene andar comodo sia
     Per approdar in salvo. Ed io quel giorno
     O d’aneti, o di rose, o di viole
     Bianche tenendo una ghirlanda in capo,
     Sdrajato al focolare, il vin di Ptelea
     Sorbirò a una giara; alcun sul foco
     Arrostirà la fava, e un letticello
     Alto un cubito avrem tutto contesto
     Di gnizza ed asfodillo, e flessile appio.
     Berò soavemente alla salute
     D’Ageanatte, e terrò sempre il labbro
     Attaccato ai bicchier fino alla feccia.
     Due Pastori, un d’Arcania, un di Licopi