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prassinoe
Quest’è poi ver. Recami il manto, e ponmi
Il cappellin con garbo. Io non ti meno,
O figliuol mio. Bau bau, caval che morde.
Piangi quanto ti par: non mette conto,
Che tu diventi zoppo. Frigia, prendi,
Trastulla il fantolin. Chiama la cagna
Dentro, e serra la porta del cortile.
O Dei! che turba immensa! E come e quando
Tanta tempesta passerem? che stormo
Infinito è mai questo di formiche!
Ben hai tu fatto, o Tolomeo, gran bene,
Da che il tuo genitor passò fra i Numi.
Non più all’Egizia foggia i malviventi
Fanno in agguato a’ viandanti oltraggio,
Qual prima a stuolo a stuol tutti rissosi,
Scaltriti nel gabbar, fean brutti scherzi.
Come faremo, o cara? Ecco del Re
I cavalli da guerra. Amico, guarda
Di non pestarmi. Il sauro in piè s’è ritto.
Ve’ com’è fiero ed accanito. Eunoe,
Non fuggi? Affè che il barbaresco accoppa.
Buon per me, che ho lasciato il putto a casa.
gorgo
Coraggio, amica. Or siam rimase addietro.
E quegli entrano in lizza.
prassinoe
Or prendo fiato.
Fin da fanciulla ho gran paura avuto
Del freddo serpe, e del cavallo. Andiamo.
Una gran turba ci s’affolla addosso.
gorgo
Madonna, da palazzo?
vecchia
Io sì, figliuole.