Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/161

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     Festeggiante Ciprigna, e qual mai l’Ore
     Coi molli piè ti rimenaro Adone
     Dal perenne Acheronte, il dodicesmo
     Mese, le amabil’Ore, e le più lente
     Fra tutti i Numi, ma che ognor bramate
     Recan nuovi diletti a noi mortali?
     0 Dionea, tu di mortal già festi
     Immortal, com’è fama, Berenice,
     Stillando ambrosia a lei nel petto, e Arsinoe
     Di Berenice figlia a Eléna pari
     Per render grazie a te ricca di nomi,
     E templi, d’alti fregi Adon corona.
     A lui dinanzi stan quanti le piante
     Mettono in cima stagionati frutti,
     Stanno orticelli teneri guardati
     In canestrin d’argento, e vasi d’oro
     Pieni d’unguento Assiro, e quanti sanno
     Le donne lavorar pasticci in madia,
     Fior di tutte le sorte mescolando
     Con candida farina, e quanto fassi
     Di liquid’olio e saporito mele.
     Stanvi i rettili tutti ed i volanti,
     E verdi padiglion di molle aneto
     Carchi sovra gli pendono, e su quelli
     Vanno aleggiando i pargoletti Amori,
     Come gli usignoletti su per gli arbori
     Volan facendo di lor ali prova
     Di ramo in ramo. O che ebano! o che oro!
     O quali aguglie ancor di bianco avorio,
     Recanti il garzoncel coppiero a Giove!
     In alto stan purpurei tappeti;
     Più morbidi del sonno gli direbbe
     Tutto Mileto, o un abitante in Samo.
     Disteso al vago Adone è un altro letto;
     Tien l’una sponda Citerea, e l’altra
     Quel dalle rosee braccia Adon suo sposo