Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/162

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     Di diciott’anni o diciannove. Il bacio
     Non pugne ancor su le sue bionde labbra
     Or col suo sposo in festa ella rimanga,
     E noi doman con la rugiada in terra
     Il recheremo a procession sul mare,
     Che il lido spruzza; e scarmigliate il crine,
     Col seno discoperto, e con la gonņa
     Fino al tallone intonerem quest’inno.
Ben tu, diletto Adon (siccome è fama),
     Solissimo fra tutti i Semidei,
     E qua tragitto, e in Acheronte fai;
     No, tal ventura Agamennon non ebbe,
     Nè il grand’Ajace furibondo Eroe,
     Nè tra i venti d’Ecùba il maggior figlio
     Ettore, nè il buon Patroclo, nè Pirro,
     Che da Troja campò, nè quegli antichi
     Lapiti e Deucalion, nè i Pelopìdi,
     Nè i Pelasgi fior d’Argo. Or sii propizio,
     Diletto Adone, e con la gioja in volto
     Riedi al nuov’anno. Or qua venato sei,
     Caro, e qua sempre caro, Adon, verrai.
gorgo
O che senno mirabile! O beata
     Donna, che gran sapere! O sii pur sempre
     Fra tutte fortunata. O cari accenti!
     Ma tempo è d’avviarsi. Il mio marito
     Non ha pranzato ancora. Oltre ogni segno
     È dispettoso. Non andargli incontro,
     Quand’egli ha fame. Addio, diletto Adone.
     Fra que’, che sono allegri, allegro torna.