Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/236

Da Wikisource.
230 saggi critici


vivo. Quanto al genere degli studii che io fo, come io sono mutato da quel che io fui, cosí gli studii sono mutati. Ogni cosa che tenga di affettuoso e di eloquente mi annoia, mi sa di scherzo e di fanciullaggine ridicola. Non cerco altro piú fuorché il vero, che ho giá tanto odiato e detestato. Mi compiaccio di sempre meglio scoprire e toccar con mano la miseria degli uomini e delle cose, e d’inorridire freddamente, speculando questo arcano infelice e terribile della vita dell’universo. Mi avveggo or bene che spente che sieno le passioni, non resta negli studii altra fonte e fondamento di piacere che una vana curiositá, la soddisfazione della quale ha pur molta forza di dilettare: cosa che per l’addietro, finché mi è rimasa nel cuore l’ultima scintilla, io non poteva comprendere.

Morto è il cuore. Le passioni sono spente. Cessata è fino a quella preoccupazione ansiosa di sé, che gli teneva l’anima in tumulto. Non palpita, ma specula. E lo speculare nasce non da amore del vero, ma da vana curiositá. Questa notomia della sua anima è descritta con una semplicitá, con un’aria tranquilla che ti fa male. Sotto a quella vita di cosí placida apparenza indovini un fondo persistente di mala soddisfazione, che gli tiene il volto dimesso. Anche il suo stile epistolare è mutato, e non ha sfoghi né abbandoni; ha preso il colore della vita ordinaria. La sua indifferenza ha una ostentazione che ti mette in sospetto. E pensi che il malato non è poi cosí perfettamente guarito, come vuol dare ad intendere.

Questa è la crisi, o per dir meglio uno stato nuovo nell’anima preparato da un pezzo e che ora si fissa. Ed è uno stato favorevole alle invenzioni e ai colori della fantasia, perché tutto si rinnova nella mente, quando ti pare di avere acquistata una maniera tua propria di vedere il mondo, e ti senti crollare innanzi tutte le credenze comuni, infuse dal sangue e dall’abitudine e dall’ambiente morale, in cui sei vissuto.

Io mi immagino Leopardi, quando passeggiava per la camera, speculando o almanaccando. Chi si tiene in possesso di una dottrina, a suo credere nuova e vera, gli è come avere il capogiro, vede rivoltategli innanzi la storia del mondo. Nessuna cosa piú è a posto; persone e cose secondarie salgono su;