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zola e l’«assommoir» 299


il «rêve» e sostituirvi l’azione, se vogliamo ritornar giovani, formare la volontá, ritemprare la fibra. Il realismo che somigli a un’orgia, è poesia di vecchi impotenti e viziosi, non è restaurazione di gioventú. Veggasi la mia Scienza e vita. E la forma del realismo è questa, ch’ella sia corpulenta, chiara, concreta, ma tale che ivi dentro traspaiano tutti i fenomeni della coscienza. L’uomo deve fare, non dire, quello che pensa. Ma nell’azione dee trasparire il suo pensiero, come nei moti dell’animale traspare il suo istinto. Questa è la forma obbiettiva, la vita delle cose. L’artista è come il grande attore che obblia sé e riproduce il personaggio tal quale natura lo ha formato. Galileo, precursore del realismo anche in arte, chiamava questa naturalezza e semplicitá. Perciò diceva divino l’Ariosto; perciò gli era antipatico il sentimentale e rettorico Tasso.

Per una razza fantastica, amica delle frasi e della pompa, educata nell’arcadia e nella rettorica, come generalmente è la nostra, il realismo è un eccellente antidoto.

[Conferenza tenuta al Circolo Filologico di Napoli, il i5 giugno i879, pubblicata nel giornale «Roma» di sulla stenografia, e, riveduta dall’Autore e con aggiunte, in opuscolo, Milano, Treves, i879.]