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84 | saggi critici |
di popolo, tra quelle care illusioni di una gioventú confidente il «liber’uomo Niccolò Ugo Foscolo» scioglieva un cantico «a Bonaparte Liberatore». E come vi si sente la scuola! Dee parlare di Bonaparte, e comincia dalla Dea Libertá fuggitiva da Roma, felice «all’ombra di sue sacre penne», e seguita nel suo pellegrinaggio dalle ombre risorte dei Bruti. Bonaparte ha le brune chiome cinte di fiorente alloro. I suoi cavalli sono sferzati da Pallade. Innanzi va la Gloria; dietro gli stanno Sorte, Vittoria e Fama. Per una finzione rettorica Foscolo, che a benissimo il perché, domanda alla Dea Libertá:
Or che fia dunque, o diva? Onde tant’ira? e qual destin ti chiama A trar tante armi da straniera riva Su questa un di Reina, or nuda e schiava Italia, ahi! solo all’abbominio viva, Viva all’infamia che piangendo lava? |
Tutto è su questo tuono. Il soglio de’ Papi, de’ «Re Sacerdoti», è fabbricato dall’Inganno, ha a destra l’orgoglio vestito di stola, e per sgabello «cataste d; frementi capi» e di «cadaveri innocenti... pel fulminar di pontificio labbro». Cesare a quel rumor d’armi si sveglia dalla tomba, e alza il brando e cala la vsiera... Ma Foscolo gli grida:
Ombra esecranda! torna Sitibonda di soglio, Ove lo stuol degli empi re soggiorna, Oltre Acheronte a pascerti di orgoglio. Eroe nel campo, di tiran corona In premio avesti: or altro eroe ritorna; Vien, vede e vince, e Libertá ridona. |
Vi senti per entro dell’Alfieri, di Dante, del Petrarca, del Monti e del Cesarotti. La scuola non solo gli falsa l’espressione, ma il concepire. È come un mezzo artificiale posto tra lui e la natura, una lente che ingrandisce gli oggetti annebbiandoli e snaturandoli. Fra tanti epiteti ridondanti, fra tante