Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/32

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cimitero. Il passato regnava ancora sul luogo; le ossa stesse dei morti sembravano i suoi fiori, le nuvole il suo diadema.

Noemi non s’impressionava per questo; fin da bambina era abituata a veder le ossa che in inverno pareva si scaldassero al sole e in primavera scintillavano di rugiada. Nessuno pensava a toglierle di lì: perchè avrebbe dovuto pensarci lei? Donna Ester, invece, mentre risale a passo lento e calmo la strada su dalla chiesa nuova del villaggio (quando è in casa ha sempre fretta, ma fuori fa le cose con calma perchè una donna nobile dev’essere ferma e tranquilla) giunta davanti all’antico cimitero si fa il segno della croce e prega per le anime dei morti....

Donna Ester non dimentica mai nulla e non trascura di osservar nulla: così, appena nel cortile, s’accorge che qualcuno ha attinto acqua al pozzo e rimette a posto la secchia; toglie una pietruzza da un vaso di violacciocche, ed entrata in cucina saluta Efix domandandogli se gli han già dato il caffè.

— Dato, dato, donna Ester, padrona mia!

Intanto donna Noemi era scesa col telegramma in mano, ma non si decideva a leggerlo, quasi prendesse gusto ad esasperare l’ansia curiosa del servo.

— Ester, — disse, sedendosi sulla panca accanto al camino, — perchè non ti levi lo scialle?