Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/48

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vestito con la lunga sopravveste di pelli del suo paese.

La botteguccia era piccola ma piena zeppa come un uovo: sulle scansie rosseggiavano le pezze dello scarlatto e accanto brillava il verde delle bottiglie di menta; i sacchi di farina sporgevan le loro pancie bianche contro le gobbe nere delle botti d’aringhe, e nella piccola vetrina le donne nude delle cartoline illustrate sorridevano ai vasi di confetti stantii ed ai rotoli di nastri scoloriti.

Mentre il Milese traeva da una scatola le lunghe berrette di panno nero, ed Efix ne misurava con la mano aperta la circonferenza, qualcuno aprì la porticina che dava sul cortile; e nello sfondo inghirlandato di viti apparve, seduta su una larga scranna, una donna imponente che filava placida come una regina antica.

— Ecco mia suocera: domanda a lei se queste berrette non costano a me nove pezzas, — disse il Milese, mentre Efix se ne misurava una tirandone giù sulla fronte il cerchio e ripiegandone la punta alla sommità della testa. — Hai scelta la migliore; non sei semplice come dicono! Non vedi che è una berretta da sposo?

— È stretta.

— Perchè è nuova, figlio di Dio, prendila. Nove pezzas: è come che sia buttata nella strada.