Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/184

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L’indomani mattina il nonno e i due fidanzati salirono al Municipio per le pubblicazioni. I due uomini camminavano avanti; i passi del vecchio risuonavano forte nel silenzio della strada in pendìo: Columba seguiva, a testa alta, con quell’atteggiamento fiero quasi selvaggio ch’ella prendeva davanti alla gente. Banna dalla sua finestruola e tutte le vicine di casa dalle loro porticine seguivano con uno sguardo di curiosità quei tre che se ne andavano tranquilli come se i passi che facevano fossero eguali a quelli degli altri giorni....

Era un mattino luminoso, senza vento, senza nuvole; i gridi degli uccelli vibravano nell’aria pura e in lontananza s’udivano passi di cavalli, belati di capre, l’abbaiare dei cani: tutto era chiaro e tranquillo e anche Columba si sentiva quasi felice. No, non erano passi eguali a quelli degli altri giorni quelli che faceva! Le sembrava di allontanarsi dal passato e di andare verso giorni migliori; solo le dispiaceva di passare sotto le finestre di zia Giuseppa Fiore. Ma le finestre e la porta di zia Giuseppa eran chiuse, ed ella passò oltre rispondendo con un cenno di testa al saluto dei vecchioni seduti sulle panchine.

Davanti al Municipio s’aggruppavano molti paesani, decifrando un avviso applicato alla porta; uno di essi, un pastore che aveva un tempo fatto la corte a Columba, raccolse alcuni granelli di sabbione e li buttò in aria come si usa coi grani del frumento quando passa una sposa per augurarle abbondanza.