Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/236

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— E questo caffè lo volete o no? Ecco; poi starete meglio.

Versò il caffè nella tazza slabbrata soffiandovi su per farlo raffreddare; Jorgj cercò di sollevarsi; Columba gli mise una mano dietro la testa, prese la tazzina e gliel’accostò alle labbra.... Ma la tazzina sobbalzava per i singhiozzi di lei: egli la tenne ferma, bevette, si sentì racconsolato.

Prendi anche tu un po’ di caffè, Columba, e mettiti a sedere, ma calmati; mi fa male la testa, ho la febbre e non posso vederti a piangere.... Che ora è? — insistè rivolto a Pretu. — Mi pare di veder albeggiare: se tu andassi a prendere il latte?

Il ragazzo capì che bisognava assolutamente andarsene; prese la bottiglia del latte e uscì. Allora anche Columba parve calmarsi: sedette sullo sgabello e tentò di metter la sua mano su quella di Jorgj: ma egli istintivamente la ritirò ed ella capì da questo gesto più che da qualunque parola che nulla più di comune vi era fra loro.

— Io sono contento che tu sii venuta. Devo morire ed è meglio che me ne vada in pace con tutti.... Ma, non voglio che si ricomincino le questioni.... fai male a me ed a te.... — egli le disse con tristezza.

— Io sono padrona di me; posso fare quello che il cuore mi detta....

— Dovevi farlo prima: adesso è tardi!

— Perchè tardi? Perchè sei malato? Ma io starò qui e ti curerò; se tu ti fossi ammalato dopo non sarei stata con te lo stesso?

— No, tu non mi capisci, Columba!

— Ti capisco, invece! Tu non mi vuoi più bene; tu vuoi dire questo. Tu hai ragione: io ti ho rovinato.... Ma tu sei solo, anima mia; chi