Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/270

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fessi meglio, che si confessi a voce alta, e che restituisca il mal tolto.

Il vecchio capì bene che ella alludeva alla fama tolta al disgraziato Jorgeddu, ma colse l’occasione per rivelare tutto il suo pensiero.

— Senti, — disse accostando la bocca all’orecchio di Columba, ma in modo che anche gli altri potessero sentire, — va alla chiesa di San Francesco: il pezzente ha sepolto la vostra pecunia sotto il muro accanto al pozzo....

Il viso di lei si fece azzurrognolo: i suoi occhi spalancati fissarono quelli del nonno.

— Avete sentito, babbu Corbu?

Il nonno riafferrò le braccia del suo antico nemico e lo scosse digrignando i denti.

— Ti succhi il cuore il vampiro, ti abbracci la forca, Innassiu Arras! E vieni a raccontarmele così, queste storie? In mezzo alla strada, in un momento come questo?

— Tutti i momenti son buoni, per la verità!

— Ma è la verità, questa?

— A queste parole non rispondo, no, perdio, Remundu Corbu! Del resto, ecco, guarda il viso di tua nipote e vi leggerai la verità!

Columba si sentiva tremar le ginocchia, ma faceva uno sforzo supremo per non cadere svenuta. Zuampredu la guardava e le si accostò come per sostenerla; ma che le importava di lui e di ciò che egli poteva pensare? Le cose di cui parlavano i due vecchi non lo riguardavano: riguardavano lei sola ed ella doveva aggiustarle.

— Avete sentito, babbu Corbu? — ripetè. — Andate.... cercate.... restituite il mal tolto....

E d’un tratto, mentre la voce del nonno risuonava furibonda fra il nitrir dei cavalli impazienti di ripartire, ella si piegò come per sedersi, tese le braccia in avanti e cadde distesa a bocca a terra ai piedi del suo sposo.