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riccardo colangelo


tuttavia origine nella crescente consapevolezza dei rischi che gli studenti (e non solo) possono correre durante la quotidiana attività di navigazione1.

Condensare in poche righe o nei minuti usualmente concessi per un intervento considerazioni giuridiche particolarmente complesse ben può essere considerata un’operazione ardua e che potrà risultare non particolarmente accattivante per l’uditorio.

È, tuttavia, la richiesta e la scelta della tematica, avanzata dagli stessi “animatori digitali”, a fornire all’intervento una singolare valenza: se padroneggiare una visione d’insieme delle condotte on line penalmente rilevanti non renderà gli “animatori digitali” degli esperti di diritto dell’informatica, consentirà comunque loro, anche in forza del particolare ruolo rivestito, di poter riconoscere dei campanelli d’allarme e di fornire alcuni consigli preliminari a studenti e colleghi.

Ciò non può che completare quanto stabilito dall’azione 28 del PNSD, laddove si definisce l’animatore digitale “figura fondamentale per l’accompagnamento del Piano Nazionale Scuola Digitale”, riconoscendogli un “ruolo strategico nella diffusione dell’innovazione a scuola”. Prima di affrontare – senza pretesa di completezza ed avuto riguardo all’assenza di competenze specifiche nell’uditorio – la tematica affidata, è opportuno ripresentare brevemente una tesi che ho già sostenuto e commentato con gli “animatori digitali” nei



  1. Si rimanda in argomento a quanto emerge da due recenti ricerche IPSOS (“Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen” e “Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen”) rese note in occasione del Safer Internet Day 2017 e visionabili all’URL di seguito indicato: http://bit.ly/2letHwn.

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