Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/112

Da Wikisource.
108 storia della decadenza

a dare Spoleto in mano ai nemici. L’avarizia di Antonina, alla quale l’amore altre volte aveva fatto deviamento, regnava allora senza rivale nel cuore di essa. Belisario medesimo aveva sempre pensato che le ricchezze, in un secolo corrotto, sono il sostegno e l’ornamento del merito personale. Nè può presumersi ch’egli macchiasse il suo nome pel servizio pubblico, senza appropriarsi una parte di quelle spoglie. L’Eroe aveva sfuggito la spada dei Barbari1, ma il pugnale della cospirazione lo aspettava nel suo ritorno. In mezzo alle ricchezze ed agli onori, Artabano che aveva punito il Tiranno dell’Affrica, si lamentò dell’ingratitudine delle Corti. Egli aspirò alla mano di Prejecta nipote dell’Imperatore, il quale desiderava di ricompensare il suo liberatore. Ma la pietà di Teodora pose in campo ad ostacolo l’anteriore di lui matrimonio. L’orgoglio della real discendenza venne irritato dalla adulazione, ed il servizio di cui egli andava altero, aveva provato ch’era capace di fatti sanguinosi e superbi. Risoluta fu la morte di Giustiniano, ma i cospiratori ne differirono l’esecuzione, finchè potessero sorprendere Belisario disarmato e senza guardie nel palazzo di Costantinopoli. Non si poteva nutrire alcuna speranza di smuovere la sua fedeltà, da lungo tempo provata; ed essi giustamente paventavano la vendetta o piuttosto la giustizia del veterano Generale, che speditamente poteva adunar l’esercito della Tracia, onde punir gli assassini e forse godere i frutti del loro delitto. La dilazione condusse qualche

  1. Questa cospirazione vien riferita da Procopio (Goth., l. III c. 31, 32) con tal ingenuità e candore, che la libertà degli Aneddoti non gli porge più nulla da aggiungere.