Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/29

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dell'impero romano cap. lxvii. 23

prudentemente equivoci la voce di un soccorso invisibile del figliuol di Dio e della sua Santa Madre.

La guerra santa essendo già il grido unanime delle Diete di Polonia e d’Ungheria, Ladislao, dopo avere varcato il Danubio, condusse l’esercito de’ suoi sudditi e confederati fino a Sofia capitale de’ Bulgari; nella quale spedizione riportarono due segnalate vittorie che vennero giustamente attribuite al valore e alla condotta di Uniade. Nel primo fatto d’armi, questi comandava un antiguardo di diecimila uomini, coi quali il campo turco sorprese; nel secondo, a malgrado del doppio svantaggio e di terreno, e di numero, sconfisse e fe’ prigioniero il più famoso fra i Generali ottomani. La vicinanza del verno e gli ostacoli naturali e artificiali opposti dal monte Emo, fermarono questo Eroe, che sei giorni di cammino avrebbero potuto condurre dalle falde delle montagne alle nemiche torri di Andrinopoli, ovvero alla capitale amica del greco Impero. Si ritirò in buon ordine; e l’ingresso del suo esercito entro le mura di Buda presentò ad un tempo l’aspetto di un trionfo militare e di una procession religiosa, nella quale il Re accompagnato da’ suoi guerrieri seguiva a piedi una doppia schiera di Ecclesiastici. Ivi librati in giusta lance i meriti e i riguardi che alle due nazioni belligeranti eran dovuti, l’umiltà cristiana temperò l’orgoglio della conquista. Tredici Pascià, nove stendardi, e quattromila prigionieri attestavano incontrastabilmente la vittoria degli Ungaresi, e i Crociati, nella cui parola tutti credeano, niuno essendovi presente per contraddirla, moltiplicarono senza scrupolo le miriadi di Ottomani lasciati morti sul