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60 del rinnovamento civile d'italia


de’ miei colleghi quelli del principe. Mi tenni adunque sui generali, contentandomi di dire che l’intervento disegnato non era come quelli che meritavano giustamente la ripulsion della Camera, che non offendeva la sovranitá del popolo anzi mirava all’indipendenza della nazione, e che in fine, se per allora «gli obblighi dell’uomo di Stato mi vietavano maggiori dichiarazioni, sarebbe venuto il giorno in cui le farei in tal modo che ridurrebbero non solo al silenzio ma al rossore gli opponenti»1. Il Rattazzi in vece di sapermi grado della riserva me ne fece una colpa: abusò del silenzio impostomi dai riguardi dovuti al re Carlo Alberto, mi provocò ripetutamente e con singolare insistenza a dir come fossero passate le cose, parlò e si diede vanto del suo proprio congedo come se fosse nato dall’odio dell’intervento, laddove egli lo aveva porto per accompagnarmi, benché io lasciassi la carica per amor del partito da lui dissuaso. Vedendomi ridotto a tali strette e risoluto a ogni costo di salvare l’onor del principe senza danno del mio, pronunziai le seguenti parole, che niuno potrá mai cancellare. «Io affermo che la misura da me proposta fu approvata dalla maggioritá de’ miei colleghi. Io l’attesto sull’onor mio e dichiaro (non crediate, o signori, che io voglia fare un’applicazione personale della parola di cui mi servo), e dichiaro che chiunque asserisca il contrario è un mentitore»2. La clausula ch’io apposi alla sentenza mi era ingiunta dalla decenza parlamentare e da un ultimo riguardo alla persona dei ministri. Il Rattazzi dovette intenderlo, poiché senza insistere (come avrebbe dovuto fare se la mentita era falsa) chiese incontanente che si chiudesse la discussione. Ma Riccardo Sineo (che fra le sue virtú non ha quella di parlar sempre a proposito), scordandosi la prudenza usata al principio della disputa, dichiarò formalmente che «nessuno dei ministri avea acconsentito all’intervento in Toscana»3. Cosi egli



  1. Documenti e schiarimenti, xiii.
  2. Ibid.
  3. Io ripetei l’asserzione pochi giorni dopo nel proemio del Saggiatore, scrivendo che «i ministri consentirono all’impresa di Toscana prima che la Camera.