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un po’. Tu hai sorpassata la quarantina; è tempo di mettere senno. Che credi? Credi che io non sappia le tue scappatelle? E ora fai la corte alla figlia del Direttore. Orvia; rimirati un momento, e pensa a quel che sei!... Tu non sei che uno zero e nulla più. Tu non possiedi un gros1, il becco di un quattrino. Guardati un po’ nello specchio.... Come ti è potuto passare in testa una cosa simile?».

Il diavolo mi porti, se poi la faccia sua non somiglia a una ampolla da speziale! Ha in testa un ciuffo di capelli acconciati a cresta, che tira su, in aria, e poichè se li unge con pomata alla rosa, crede che lui solo possa quel che vuole. Capisco, capisco, ciò non lo cruccia contro di me, Lui mi invidia, ha forse veduto i segni di preferenza accordatimi. Ma io gli sputo addosso! Gran che, un consigliere di corte!2. Lui porta una catena d’oro, si ordina stivali da trenta rubli; ma che il diavolo lo porti, forse io appartengo alla plebaglia, ai figli dei sottufficiali? Io sono nobile. E poi, in fin delle fini, posso anche io avanzar nella carriera. Aspetta, caro! Diventeremo anche noi colonnello! e poi, coll’aiuto di Dio, qualcosa di meglio ancora. Anche noi acquisteremo un appartamento, e più bello del tuo! Che ti sei fitto in capo? Che tu solo sei al mondo un uomo per bene? Dammi, non dico altro, una marsina di gala, di nova foggia, annodami una cravatta come la tua, e tu, tu non sarai degno di levarmi le scarpe... Io non ho quattrini... ecco la mia sventura!

8 novembre

Io sono stato a teatro: si dava il Buffone russo Filalka.

Ho riso molto. C’era anche una canzonetta in versi giocondi, sugli avvocati, massime sopra un registratore di collegio3; versi audacemente scritti, tanto audaci, ch’io mi meravigliai come la questura li avesse lasciati correre; è pei mercanti, si diceva, senza tanti preamboli, che truffano la gente, mentre i figli si danno bel tempo e scimiottano i nobili. V’era anche un’arietta contro i giornalisti; che essi aman dir male di tutto, e che l’autore si metteva sotto la

  1. Moneta che vale due copeki, cioè otto centesimi.
  2. Settimo grado del cin, che ne ha quattordici.
  3. Ultimo grado del cin.