Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/53

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N O V E L L E 51


La giovinetta diè in un riso giocondo, e le annegate trascinaron via colei che rappresentava il corvo.

— Come compensarti, giovine? So che l’oro non ti occorre. Tu ami Anna; ma il barbaro tuo padre ti vieta di sposarla. Oramai egli non potrà più impedirtelo. Prendi questo biglietto e consegnaglielo.

La manina bianca si sporse; il viso le si rassereno, s’irradiò di luce meravigliosa. Con indicibile fremito e con ansioso battito del cuore, Levko afferrò il biglietto e... si destò.


VI.

IL RISVEGLIO.


«Ma, dormivo?» disse fra sè Levko, alzandosi. — Eppure, tutto era così vero, così vivo!... Strano, strano! — ripeteva guardandosi attorno.

La luna, che gli splendeva proprio sul capo, indicava mezzanotte. Silenzio ovunque. Saliva freddo dallo stagno, sulla cui sponda alzavasi tristemente la vecchia casa dalle imposte chiuse. Il musco, le erbe selvatiche attestavano il lungo abbandono. Distese allora la mano, che nel sonno gli si era aggranchita, e gettò un grido di stupore nello scorgervi il biglietto.

— Oh, se sapessi leggere! — pensò rivolgendolo per ogni verso. In quel momento intese dietro uno strepito.

— Coraggio, acchiappatelo! Perchè aver paura? Noi siamo in dieci, e lui, in fin delle fini, è un uomo, non un diavolo! — Così gridava il Capo ai suoi compagni. E Levko si sentì afferrare da parecchie mani, alcune delle quali tremavan dalla paura.

— Su, togli amico, codesta maschera paurosa; basta oramai il prendere in giro la gente! — disse il Capo, prendendolo invece pel collo, e fermandosi stupito dopo aver sbarrato su di lui l’unico occhio. — Levko? Mio figlio? — soggiunse, dando all’indietro per l’attonitaggine e lasciandosi cadere le braccia. — Sei tu, figlio di cane! Or ve’ che bell’arnese! E io che pensava: «Chi sarà quel birbante, quel demonio in pelliccia arrovesciata che gioca simili tiri?» Ed ecco, si scopre che sei tu (che possa